T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sent., 01-03-2011, n. 1260 Carriera inquadramento Questioni di legittimità costituzionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, operatore della formazione professionale transitato ex legge regionale n. 32/1984 nel ruolo speciale ad esaurimento del personale della giunta regionale, avversa il comportamento omissivo della Regione in ordine all’istanza volta all’inquadramento nel ruolo speciale di cui alle leggi regionali n. 32/1984 e n. 14/1991 con decorrenza anteriore all’1.9.1986, con conseguente trattamento economico.

A sostegno del gravame l’interessato deduce profili di violazione di legge ed eccesso di potere.

La Regione intimata si è costituita in giudizio ed ha resistito al ricorso, eccependone l’improcedibilita’.

Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2010 la causa è stata introitata per la decisione.
Motivi della decisione

Il ricorrente, quale docente diplomato proveniente dai Centri di formazione professionale, agisce per la declaratoria dell’illegittimità del silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza volta al riesame dei provvedimenti coi quali è stata inquadrato nel ruolo ordinario della Giunta Regionale della Campania, rivendicando in particolare la retrodatazione dell’anzianità giuridica ed economica ai sensi della legge regionale n. 32/1984.

Il ricorso è improcedibile.

Invero, va osservato che le doglianze di parte risultano superate dall’inquadramento effettuato ai sensi dello jus superveniens costituito dalla L.R. n. 2/2001, che ha riconosciuto al ricorrente – come a tutto il personale proveniente dai centri di F.P. – l’inquadramento nel ruolo regionale dall’1.9.1986.

L’omessa impugnativa del suddetto ultimo inquadramento impedisce di prendere in considerazione le questioni giuridiche ed economiche oggetto dell’odierno gravame, dovendo ritenersi, in mancanza di tempestiva impugnazione mediante motivi aggiunti ovvero altro ricorso,la prestata acquiescenza alle nuove determinazioni.

Peraltro, per mera completezza di esame, il Collegio non ritiene inopportuno soggiungere che, in ogni caso, il ricorso è altresì inammissibile ed infondato.

In primo luogo va rilevato che per pacifica giurisprudenza la natura autoritativa e vincolata della funzione amministrativa di inquadramento dei pubblici dipendenti non rende possibile configurare in capo a questi ultimi alcuna posizione di diritto soggettivo nè esperire una azione di accertamento.

Per converso la P.A., nell’ambito della generale potestà di autotutela, può in ogni momento rivedere discrezionalmente le qualifiche funzionali attribuite ma non ha alcun obbligo di pronunziarsi sulle istanze di più favorevole inquadramento avanzate dai dipendenti che non abbiano tempestivamente impugnato l’atto con cui furono originariamente inquadrati.

Ne consegue che su dette istanze non si forma il silenzio rifiuto impugnabile e quindi che è inammissibile il ricorso proposto avverso il predetto comportamento omissivo (ex plurimis questoTribunale, sez. I, 22 dicembre 2003, n. 15519).

D’altra parte l’interesse che muove alla presente impugnazione è quello che la Regione porti a termine il procedimento di inquadramento nel ruolo speciale ad esaurimento disegnato dalla l. r. n. 32 del 1984, con l’approvazione della graduatoria di merito – alla luce del punteggio raggiunto con le prove concorsuali – e con l’adozione dei conseguenziali decreti presidenziali individuali di inquadramento.

Orbene va osservato che la legge regionale n. 32 del 1984 ha istituito il ruolo speciale ad esaurimento del personale della formazione professionale subordinandone l’immissione al possesso di determinati requisiti ed al superamento di un concorso per titoli ed esami.

La successiva legge regionale n. 14 del 1991 ha peraltro disposto l’inserimento del personale in questione (non più nel ruolo speciale bensì) nel ruolo ordinario del personale della giunta regionale (art. 5) con effetti giuridici ed economici decorrenti dall’1.1.1992 e la Regione vi ha provveduto con la delibera giuntale n. 5331/1991.

In definitiva il ruolo speciale ad esaurimento, che già sotto la vigenza della l. r. n. 32 del 1984 non aveva ricevuto concreta attuazione, è stato abolito dalla successiva l.r. n. 14 del 1991, inserendo il personale proveniente dai centri di formazione professionale nel ruolo ordinario della Giunta regionale con decorrenza giuridica ed economica dal 1° gennaio 1992 e sanando la situazione provvisoria dal 1° settembre 1986 al 31 dicembre 1991 con l’attribuzione del trattamento giuridico ed economico scaturente, ai sensi della legge regionale 16.11.1989 n. 23, dalla corrispondenza tra qualifiche funzionali e livelli funzionali.

Peraltro, la Corte Costituzionale, con la sentenza in data 20 aprile 2000 n. 109, ha dichiarato l’incostituzionalità, per contrasto con gli articoli 3 e 97 Cost., dell’art. 2 commi 1 e 2 della predetta legge regionale n. 14/1991 in quanto irragionevolmente stabilisce un’equiparazione retroattiva "a tutti gli effetti" – sia retributivi sia relativi all’anzianità pregressa – tra il complessivo trattamento giuridico ed economico spettante al personale che era già di ruolo e quello spettante a coloro che, nello stesso periodo di tempo, erano titolari di rapporti di diversa natura.

In conseguenza, come sopra evidenziato, la legge regionale n. 2/2001 ha disposto il nuovo inquadramento, che ha riconosciuto al ricorrente e a tutto il personale proveniente dai Centri di Formazione Professionale la decorrenza dall’1.9.1986.

Da quanto sopra consegue che il suddetto interesse di parte ricorrente non può trovare tutela in quanto la l. r. n. 14 del 1991 ha soppresso, con l’abrogazione disposta dal suo art. 4, il ruolo speciale ad esaurimento a suo tempo previsto dalla legge n. 32 del 1984; ruolo speciale che, peraltro, già sotto la vigenza della l. r. n. 32 del 1984 non aveva ricevuto concreta attuazione.

Anche in considerazione di tale situazione fattuale, quindi, la novella legge regionale n. 14 del 1991 ha definitivamente escluso la possibilità di attivare il citato ruolo speciale, così privando l’odierna pretesa di parte ricorrente del suo necessario titolo normativo.

Ciò non significa, peraltro, che la l. r. n. 14/1991 abbia frustrato le aspettative del personale della formazione professionale al riconoscimento del servizio già reso alla Regione: l’art. 2 riconosce difatti l’esistenza di un rapporto di pubblico impiego regionale a decorrere dall’1.9.1986, con la previsione che "il trattamento giuridico ed economico spettante al personale di cui al precedente art. 1, daIl’1.1.1986, data di effettiva assunzione in servizio, sino al 31.12.1991, è quello previsto dalla l. r. n. 23 del 1989 e successivo accordo……….. in base alla corrispondenza tra le qualifiche funzionali ed i relativi livelli funzionali.

L’anzianità di servizio prestato a far data dall’1.9.1986 è considerata utile a tutti gli effetti".

Nel merito le pretese di parte ricorrente al migliore e retrodatato inquadramento devono essere respinte, così come da giurisprudenza costante di questo Tribunale (per tutte v. sez. III,30 giugno 2005 n. 10527 e n. 727/208, sez. V n. 1667/2008).

Nella specie il ricorrente risulta essere stato a suo tempo inquadrato nel livello e nella qualifica stabiliti dal concorso cui ha partecipato, con conseguente irrilevanza delle eventuali mansioni espletate in via di fatto.

In ogni caso è costante l’indirizzo negativo della sezione in ordine al preteso riconoscimento del servizio prestato presso gli Enti gestori della formazione professionale di provenienza.

Al riguardo va osservato che il trasferimento con d.P.R. n. 10 del 15 gennaio 1972 delle funzioni amministrative degli organi centrali e periferici dello Stato in materia di istruzione professionale alle Regioni a statuto ordinario non ha comportato necessariamente la configurazione degli enti deputati ad erogare il relativo servizio quali organismi dipendenti o strumentali della Regione.

In particolare nella Regione Campania con la legge regionale n. 40/1977 la formazione professionale è stata organizzata mediante lo schema del servizio pubblico oggettivo; i cui organismi – costituiti secondo scelte autonome, individuali o associative – sono programmati e controllati dalla Regione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 88 del 1996).

In particolare l’art. 1 della richiamata legge regionale n. 40/1977 (come sostituito con l.r. n. 62 del 1981) dispone nel senso della libertà di esercizio dell’attività di formazione professionale, sia pure sotto il controllo e direzione della Regione, in piena adesione ai principi posti dalla legge cornice 21 dicembre 1978 n. 845 (cfr. artt. 2, 3, e 5).

A sua volta l’art. 6 della medesima l.r. n. 40/1977 ha individuato quali strutture formative, per il tramite delle quali attuare i programmi regionali di formazione professionale, i centri regionali di formazione professionale e gli organismi di addestramento professionale, costituiti in base a decisioni espressione di autonomia privata o associativa (organismi di origine sindacale, imprenditoriale, consorziale, etc.).

Orbene solamente per i primi la ripetuta l.r. n. 40 del 1977 ha disciplinato l’organizzazione (art. 14), demandando alla G.R. la determinazione dell’organico del personale ed il reinquadramento del personale già posizionato nei livelli funzionali della carriera esecutiva e di quello docente tecnicopratico, in possesso di licenza media o titolo equipollente, inquadrato nel livello esecutivo (art. 25;cfr.anche l’articolo unico della l.r. 4 maggio 1979 n. 20).

Per il personale dipendente dagli organismi privati di formazione professionale, la l.r. n. 40 del 1977 ha, invece, previsto la formazione di un Albo regionale (poi istituito con l.r. 22 aprile 1982 n. 24, art. 1), avente essenzialmente una funzione di garanzia della competenza degli operatori e la cui appartenenza non dimostra assolutamente l’esistenza di un rapporto di impiego con la Regione, ma costituisce tramite necessario, nel rispetto delle leggi sul collocamento, per l’assunzione presso gli Enti gestori della formazione professionale.

Ne discende, pertanto, l’eterogeneità del rapporto d’impiego con i Centri di formazione professionale rispetto a quello instaurato con i centri regionali di formazione professionale.

Il primo rapporto fu costituito con i centri, espressione di autonomia privata o associativa in genere; il secondo concerne invece l’amministrazione Pubblica a livello regionale.

Tutta la normazione regionale sopravvenuta alla legge n. 40 del 1977 non crea alcun processo di omogeneizzazione, ma lascia nettamente distinte le posizioni dei due tipi di personale sopracitato; mentre è solamente con il superamento del concorso previsto dall’art. 2 della l.r. n. 32 del 1984 che i dipendenti dei centri gestiti dagli organismi di cui alle lett. b) e c) della l.r. n. 40 del 1977 (come l’odierna parte ricorrente), conseguono lo status di dipendenti regionali, con applicazione del relativo trattamento giuridico ed economico (art. 3, comma 2, l.r. n. 32 del 1984; art. 2, comma 1, l.r. n. 14 del 1991).

2.5 Parimenti va escluso che nella vicenda in esame possa trovare applicazione la legge n. 1369 del 1960 e che possa quindi riconoscersi decorrenza retroattiva all’inquadramento operato dalla Regione Campania, sin dal tempo in cui fu instaurato, con i centri di formazione professionale, un rapporto di al lavoro a tempo indeterminato.

Si osserva al riguardo che, secondo la costante giurisprudenza, l’art. 1 della legge n. 1369 del 1960, a norma del quale i prestatori di lavoro occupati in violazione dei divieti posti in materia di intermediazione di mano d’opera sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore che abbia utilizzato effettivamente le loro prestazioni, pur applicandosi nei confronti della generalità degli Enti pubblici, deve intendersi riferito alle sole attività che presentino i tipici contenuti sostanziali dell’esercizio d’impresa: e, pertanto, non è invocabile quando, come nel caso di specie, venga in considerazione l’esercizio di funzioni istituzionali (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 968 del 1994).

D’altra parte, la legge quadro in materia di formazione professionale n. 845 del 1978 e la l.r. n. 40 del 1977 hanno previsto l’attuazione della formazione professionale, oltre che direttamente per mezzo di strutture pubbliche, anche mediante convenzioni con Enti privati dotati di particolari requisiti per l’accesso ai finanziamenti regionali. Ora, l’espressa previsione di un sistema misto pubblico e privato esclude che possa configurarsi un rapporto di pubblico impiego simulato: essendo l’interposizione espressamente ammessa dalla legge, come tale non può essere considerata fittizia (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, sent. n. 215 del 1991, confermata dal Consiglio di Stato, sez. IV, con sent. n. 88 del 1992).

In definitiva l’ambito applicativo di tale legge non si estende alle amministrazioni pubbliche, non costituite in forma di azienda e non svolgenti attività di impresa; ciò in forza del puntuale disposto dell’art. 1 comma quarto legge cit., come interpretato dalla costante giurisprudenza (ex plurimis Consiglio di Stato, sez. IV, 6 marzo 1998, n. 377; sez. V, 21 gennaio 1997, n. 60; 11 aprile 1996, n. 386; sez. VI, 5 ottobre 1995, n. 1066; 9 giugno 1994, n. 968; Corte di Cassazione 24 agosto 1991, n. 9107).

Tale opzione ermeneutica è avallata indirettamente dal D.P.R. 22 novembre 1961 n. 1192, che estende espressamente il divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro, alle amministrazioni autonome delle Ferrovie dello Stato, delle Poste e Telecomunicazioni e dei Monopoli di Stato; con ciò evidenziando come la regola generale sia nel senso della inapplicabilità del divieto alle amministrazioni pubbliche, anche non statali.

In termini specifici è stato affermato che "le norme della legge reg. Campania 9 luglio 1984, n. 32, non consentono la configurazione retroattiva dei rapporti di servizio con i Centri di formazione professionale come rapporti d’impiego con la Regione, con conseguente retrodatazione dell’inquadramento" (Consiglio di Stato sez. IV, 29 gennaio 1996).

Tantomeno possono trovare accoglimento le dedotte censure di disparità di trattamento rispetto alle posizioni di dipendenti di altri enti poi assorbiti nei ruoli regionali, in quanto le diverse situazioni risultano regolate da diverse fonti primarie. Inoltre, la mancata applicazione dei contratti precedenti la data di immissione in ruolo costituisce il naturale effetto giuridico di quest’ultimo provvedimento.

D’altra parte il raffronto è operato tra categorie non omogenee di dipendenti destinatarie di specifiche disposizioni e che versano in posizioni sostanzialmente diverse, sia per la natura giuridica del rapporto di lavoro che per la configurazione della personalità giuridica degli Enti datori di lavoro.

Il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., infatti, evolve nel principio di ragionevolezza delle leggi che costituisce un limite al potere discrezionale del legislatore al fine di impedirne un esercizio arbitrario ed esige che le disposizioni normative contenute in atti aventi valore di legge siano adeguate e congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore, sicché si ha violazione della ragionevolezza quando un trattamento discriminatorio, con questo intendendosi anche la parificazione di situazioni diverse, sia in contraddizione con il pubblico interesse perseguito; nel caso di specie, invece, non è dato rilevare né un trattamento discriminatorio, né tantomeno un contrasto con l’interesse pubblico cui è naturalmente preordinata l’attività legislativa.

Inoltre, come già rilevato da questa Sezione (n. 4206 del 2002), non è certamente in contrasto con il dettato costituzionale la previsione legislativa di procedere all’inquadramento in data non antecedente all’eventuale superamento della prova concorsuale, stante il valore preminente dell’accesso all’impiego pubblico mediante concorso (cfr. sul punto Corte costituzionale n. 320 del 30 ottobre 1997).

In conclusione il ricorso, oltre che improcedibile, è infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

a)dichiara improcedibile il ricorso;

b)condanna parte ricorrente al rimborso, in favore dell’Amministrazione resistente, delle spese di giudizio che liquida in complessivi euro 1.000,00# (euro mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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