Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-05-2011, n. 9676 Esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare Opposizione agli atti esecutivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- R.C. propose appello avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Rovereto emesso in data 12 ottobre 2005, nell’ambito di un procedimento esecutivo instaurato dallo stesso R. ai sensi dell’art. 612 c.p.c., nei confronti della Edibaldo S.p.A. (in esecuzione della sentenza del Tribunale di Rovereto n. 291/02, che aveva condannato quest’ultima società, che gestiva una cava di basalto confinante con terreno di proprietà del R., al ripristino dei luoghi in favore di quest’ultimo), nonchè contro il provvedimento dello stesso giudice dell’esecuzione emesso in data 17 ottobre 2005, che aveva liquidato il compenso al consulente tecnico d’ufficio nominato nel processo esecutivo. Dedusse l’appellante che con atto del 13 luglio 2005 la s.n.c. Bianchi, deducendo e documentando di essere proprietaria delle particene sulle quali insisteva la cava già di proprietà della società Edibaldo S.p.A. e di avere ottenuto la voltura della gestione di tale cava, si era opposta all’esecuzione, affermando che ì titoli esecutivi azionati dal R. non la riguardavano; che egli, quale creditore procedente, aveva fatto presente che si trattava di opposizione di terzo non ammissibile e che comunque i titoli erano opponibili al terzo, società Bianchi s.n.c., ai sensi dell’art. 111 c.p.c.; che la società Edibaldo S.p.A., trasformatasi in s.n.c. in liquidazione si era, a sua volta, costituita in sede esecutiva, ed aveva chiesto l’accoglimento dell’opposizione della Bianchi s.n.c.; che, fissata l’udienza ex art. 612 c.p.c., e sentito il consulente tecnico d’ufficio, la procedura era terminata con il provvedimento impugnato;

che quest’ultimo andava qualificato come sentenza, della quale aveva il contenuto e la natura, e come tale veniva appellato.

2.- La Corte d’Appello di Trento, nella contumacia dell’appellata società Bianchi s.n.c. di Bianchi Roberto & C, costituitasi invece la Costruzioni Edibaldo di Bertoldi Roberto & C. s.n.c. in liquidazione, ha rigettato l’appello, confermando entrambi i provvedimenti del giudice dell’esecuzione oggetto dell’appello, ed ha compensato le spese processuali.

3.- Avverso la sentenza della Corte d’Appello propone ricorso per cassazione R.C., a mezzo di due motivi. Non si difendono le società intimate.
Motivi della decisione

1.- La sentenza impugnata va cassata senza rinvio poichè l’appello era inammissibile e tale inammissibilità questa Corte deve rilevare d’ufficio provvedendo ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3. 1.1.- Le ragioni della ritenuta inammissibilità dell’appello trovano riscontro nelle vicende processuali poste a fondamento del primo motivo di ricorso, pur non potendo questo essere accolto così come proposto (violazione degli artt. 616, 183, 184 e 190 bis c.p.c.).

Sostiene il ricorrente che con il suo appello "aveva chiesto l’annullamento del provvedimento-sentenza del giudice dell’esecuzione del 12.10.2005 (oltre che della successiva ordinanza di liquidazione delle competenze dell’ausiliare a carico di esso appellante) per il motivo che, una volta proposta da parte della società Bianchi l’opposizione di terzo, il giudice dell’esecuzione aveva, fissato udienza, di comparizione parti per il giorno 20 luglio 2005 ai sensi dell’art. 612 c.p.c., anzichè dell’art. 615 c.p.c.; ed in tale udienza non aveva dato corso alla trattazione della causa a norma dell’art. 616 c.p.c., bensì semplicemente fissato nuova udienza al 12 ottobre successivo per sentire l’ausiliario tecnico dell’ufficiale giudiziario. In tale ultima udienza, avendo riferito l’ausiliario che non era possibile procedere nell’esecuzione senza coinvolgere la proprietà della società Bianchi, il giudice dell’esecuzione aveva dichiarato tout court ineseguibile la sentenza di condanna ed improcedibile l’esecuzione forzata".

In effetti, il provvedimento del giudice dell’esecuzione del 12 ottobre 2005, oggetto dell’appello, ha il seguente tenore letterale:

"preso atto, dichiara ineseguibile la sentenza e improcedibile la presente procedura". 1.2. Contrariamente a quanto supposto con il primo motivo di ricorso, ma anche a quanto erroneamente ritenuto dal giudice d’appello, il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento appena riportato, non ha affatto deciso un’opposizione all’esecuzione, ma ha chiuso il procedimento esecutivo iniziato ai sensi dell’art. 612 c.p.c. e segg..

Questa interpretazione del provvedimento del giudice dell’esecuzione discende proprio dalle vicende processuali riassunte dal ricorrente e sopra riportate, in ragione delle quali è da ritenere che il giudice dell’esecuzione abbia svolto l’attività a lui riservata dall’art. 612 c.p.c., comma 2, e, quindi, abbia posto termine al processo esecutivo non, secondo quanto prevede tale ultima norma, determinando le modalità dell’esecuzione, ma ritenendo che l’esecuzione non potesse avere corso e che quindi la procedura esecutiva fosse "improcedibile".

Si tratta di un provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione ha concluso il processo esecutivo dinanzi a sè pendente, non solo non adottando i provvedimenti richiesti dal ricorrente, ma chiudendo il processo, senza che ricorresse una causa tipica di estinzione, bensì reputando mancanti le condizioni dell’azione esecutiva.

Pertanto, è da escludere che, così come denunciato col primo motivo di ricorso, il giudice dell’esecuzione abbia condotto un giudizio di cognizione, quale è quello di opposizione all’esecuzione, violando le norme di rito che tale processo governano, specificamente le norme degli artt. 616, 183, 184 e 190 bis c.p.c.. Il giudice dell’esecuzione, correttamente, non ha fissato un’udienza ex art. 615 c.p.c., nè ha disposto ai sensi dell’art. 616 c.p.c., ma si è limitato a valutare le circostanze addotte dalla società esecutata, oggi, Costruzioni Edibaldo di Bertoldi Roberto & C. s.n.c. in l.c.a., nonchè della società terza istante Bianchi s.r.l. (già Bianchi s.n.c. di Bianchi Roberto & C), all’interno e nel contesto della procedura esecutiva, concludendo – a torto o a ragione, qui non rileva- nel senso dell’improcedibilità di questa, per le circostanze ed i motivi addotti dall’una e dall’altra società. Pertanto, è corretto che in nessun atto del procedimento di che trattasi il giudice dell’esecuzione abbia fatto riferimento alle norme che regolano l’incidente cognitivo dato dall’opposizione all’esecuzione, così come è corretta, nella prospettazione seguita dallo stesso giudice, la statuizione in termini di improcedibilità della procedura esecutiva, adottata nel contesto appunto di tale procedura.

1.3.- Dato quanto sopra, il provvedimento del 12 ottobre 2005, oggetto dell’appello, non è affatto qualificabile come sentenza conclusiva di un giudizio di opposizione (secondo quanto fatto dal ricorrente e dalla Corte d’Appello di Trento), bensì come provvedimento di chiusura c.d. anticipata (secondo una categoria dottrinale che fa leva anche sulla lettera dell’art. 187 bis disp. att. c.p.c., che contrappone la "chiusura anticipata del processo esecutivo" all’estinzione, pur equiparando gli effetti dei relativi provvedimenti) o comunque atipica del processo esecutivo. Inoltre, è coerente con tale qualificazione l’ulteriore provvedimento adottato dal giudice dell’esecuzione, ed anche questo erroneamente impugnato con l’appello, quale è quello del 17 ottobre 2005, di liquidazione delle spese dell’esecuzione, specificamente delle spese per il compenso dell’ausiliario tecnico del giudice dell’esecuzione, poste a carico del creditore procedente (arg. ex art. 632 c.p.c., e art. 187 bis disp. att. c.p.c.).

2.- Questa Corte ha affermato che il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione dichiari l’estinzione del processo esecutivo per cause diverse da quelle tipiche (e cioè differenti dalla rinuncia agli atti del processo "ex" art. 629 c.p.c., dall’inattività delle parti "ex" art. 630 c.p.c., dalla mancata comparizione delle parti a due udienze successive "ex" art. 631 c.p.c., e dalle cause espressamente previste dalla legge, anche speciale), avendo carattere atipico, contenuto di pronuncia di mera improseguibilità dell’azione esecutiva e natura sostanziale di atto del processo esecutivo, è impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., che è il rimedio proprio previsto per tali atti (così Cass. n. 3276/08, nonchè Cass. ord. n. 30201/08).

A maggior ragione il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi è l’unico configurabile in un’ipotesi, quale quella di specie, in cui non sia stata dichiarata l’estinzione del processo esecutivo, ma sia stata ritenuta e dichiarata espressamente improcedibile l’azione esecutiva, con un provvedimento che è atto del processo esecutivo perchè adottato dal giudice dell’esecuzione nello svolgimento di quel processo, senza aver dato luogo ad alcun incidente a natura cognitiva.

Il principio di diritto sopra richiamato va ribadito e precisato nei seguenti termini: "con riferimento al processo di esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare ai sensi dell’art. 612 c.p.c. e ss., il provvedimento che dichiari improcedibile o improseguibile l’azione esecutiva è impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., essendo questo il rimedio contro i provvedi menti con i quali il giudice dell’esecuzione addivenga ad una chiusura anticipata del processo esecutivo, a ragione o a torto, sul presupposto che non sussistesse ab origine o sia venuta meno una condizione dell’azione esecutiva". 3.- In applicazione del detto principio di diritto, R.C. avrebbe dovuto proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento del 12 ottobre 2005 (da cui dipendeva il provvedimento del 17 ottobre 2005); avendo invece proposto l’appello, tale gravame avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile già dalla Corte d’Appello adita. La sentenza impugnata che, invece, ha deciso nel merito va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3. 4.- Non sussistono i presupposti per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Nulla sulle spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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