Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-02-2011) 04-03-2011, n. 8734 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 22 febbraio 2010, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame, confermava l’ordinanza del GIP in sede, con la quale era stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di I.M. del delitto di cui all’art. 416 bis c.p. per aver fatto parte di un’associazione di stampo mafioso finalizzata al controllo dei territori di (OMISSIS), con diramazioni in (OMISSIS) e in tutta la fascia ionica reggina, risultante dall’alleanza o federazione delle storiche cosche mafiose denominate cosca Zavatteri e cosca Sangallo-Maesano-Favasulli.

Il Tribunale, ripercorse le vicende delle citate compagini delinquenziali per come giudiziariamente ricostruite e dato conto dei risultati delle indagini svolte attestanti la loro perdurante esistenza per quanto era dato desumere dal contenuto di numerose conversazioni oggetto di intercettazioni, soprattutto ambientali, e dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia M.C., osservava che l’appartenenza di I. alla cosca Maesano-Pangallo- Favasuli risultava dalla sua frequentazione con Ia.Do.

C., Ia.An. e P.F. classe (OMISSIS), frequentazione che, già segnalata in occasione del procedimento c.d.

Zappa 2, si colorava di significatività alla luce del contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione in cui i dialoganti, fra cui l’ I., commentano l’affiliazione di persona che aveva suscitato dissensi e fanno osservazioni sulla difficoltà dei rapporti con la cosca Zavatteri ovvero sulla necessità di allontanare una persona dall’organizzazione ovvero ricordano il rito di iniziazione cui furono sottoposti (conversazioni del 5 marzo, 21 maggio e 7 agosto 2005) ovvero vantano l’impegno speso e i risultati raggiunti in occasione delle elezioni regionali (conversazione del 7 aprile 2004) o di essersi prodigati per sollecitare l’intervento di S.A. per risolvere controversie. Tale compendio probatorio consentiva di ritenere la piena adesione dell’ I. all’associazione mafiosa perchè i rapporti evidenziati trovavano spiegazione non solo negli esistenti rapporti di parentela o affinità ma nella partecipazione attiva finalizzata al raggiungimento degli scopi dell’organizzazione. Le esigenze cautelari scaturivano dal dettato normativo dell’art. 275 c.p., sicchè, in assenza di elementi di segno contrario, unica misura idonea era quella della custodia in carcere.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’indagato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – violazione dell’art. 273 c.p.p. in relazione all’art. 416 bis c.p. per non essersi il Tribunale attenuto ai canoni ermeneutica stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità. L’esame delle conversazioni del 21.5.2005 (pag. 15 della misura cautelare) evidenzia che egli fu eventualmente solo presente allorchè gli altri dialogavano; quella del 5.3.2005 (pag. 14 ord. Caut.) da atto che non è I. a riportare le promesse di un politico locale; la conversazione del 7.4.2004 non depone nel senso indicato dal Tribunale. La conversazione in cui Pa. e Ia. descrivono il rito di affiliazione è valutata in maniera contraddittoria, vero essendo che Pa. è stato ritenuto estraneo al sodalizio criminale. L’intervento di S.A. cl. (OMISSIS) (conv. del nov. 2004) è giustificato dai rapporti di affinità; – violazione dell’art. 274 c.p.p. perchè il Tribunale, dopo aver richiamato l’orientamento della Corte di Cassazione, apoditticamente conclude per la sussistenza e l’attualità delle esigenze cautelari.

Con motivi aggiunti, il difensore del ricorrente ha precisato le sue richieste, con richiamo dei più recenti arresti giurisprudenziali.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il GIP prima e il Tribunale in sede di riesame, in ordine alle conversazioni del 21 maggio 2005, danno atto della presenza di I. (presenza che il ricorrente non contesta) e danno conto del contenuto e del significato delle questioni in discussione per evidenziarne il rilievo sotto il profilo dell’adesione alle logiche del gruppo. Per la conversazione del 5 marzo 2005 il ricorrente non contesta di essere direttamente coinvolto nel dialogo con Ia., ma vuole sminuirne il senso evidenziando un dato (che il Tribunale non trascura di riportare, cioè che i posti di lavoro ad A. erano stati promessi da C.M.) senza criticare in maniera specifica le argomentazioni formulate nell’ordinanza impugnata che ne deduce la manifestazione di appartenenza, per effetto della contrapposizione alla compagine rivale. Quanto alla conversazione del 7.4.2004, la circostanza che Pa.An. sia stato ritenuto estraneo al sodalizio criminoso è dedotta in maniera inammissibile, perchè elemento di natura fattuale che, non risultando dal provvedimento impugnato nè da altro atto del processo specificamente indicato, non può essere oggetto di esame in questa sede. Quanto infine al rapporto di affinità con P.A., si osserva che i giudici di merito non trascurano l’esistenza di tale tipo di legame, ma lo valutano alla luce della complessiva lettura dei dati probatori e quindi come valore indiziante aggiuntivo delle logiche di collegamento interno all’organizzazione criminale, con ragionamento che il ricorrente non critica e che comunque, in quanto non manifestamente illogico, non può essere oggetto di censura in questa sede.

E’ certo condivisibile il principio invocato dal ricorrente con la memoria difensiva, per il quale il dato oggettivo del rapporto parentale non può essere "ritenuto di per sè idoneo a fungere da indizio di colpevolezza". Ma la lettura della sentenza impugnata da conto che in perfetta aderenza ad esso si è proceduto alla valutazione del contesto criminale in cui il ricorrente ha agito e il riferimento ai rapporti di tipo parentale è stato introdotto proprio dalla difesa: per rispondere ad esso il Tribunale ha fatto la considerazione che il legame di parentela o di affinità non poteva valere a giustificare la manifestata condivisione di logiche criminali.

Conclusivamente va ribadito che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostenere il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello della "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric. Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).

E’ questo il limite del controllo. Ne discende l’inammissibilità del motivo.

2. La giustificazione addotta a sostegno del secondo motivo di ricorso è dedotta in maniera incomprensibile e quindi generica, in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dall’indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

3. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere in conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali e della somma, che in ragione dei motivi di inammissibilità, si stima equo liquidare in Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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