Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-02-2011) 04-03-2011, n. 8788 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con ordinanza in data 27 maggio 2010 il Tribunale di Milano rigettava la richiesta di riesame, proposta nell’interesse di C.G. avverso l’ordinanza emessa dal GIP presso il Tribunale di Varese il 23.3.2010, con la quale era stata applicata la misura cautelare della detenzione carceraria nei confronti del predetto C., indagato per il reato di cui all’art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis per aver, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illecitamente detenuto per vendere, messo in vendita, venduto e ceduto almeno 56 dosi o grammi di sostanza stupefacente di tipo cocaina, più altri quantitativi imprecisati del medesimo stupefacente a numerosi acquirenti.

Riteneva il Tribunale, rinviando per la ricostruzione dei fatti e per le fonti di prova, costituite essenzialmente da intercettazioni telefoniche, all’ordinanza impositiva della misura, che a carico del C. sussistesse un quadro indiziario grave. Le intercettazioni telefoniche, integralmente trascritte nell’ordinanza del GIP, pur nel loro linguaggio criptico, rivelavano che al C. era riferibile una attività di spaccio di sostanze stupefacenti. Peraltro, il quadro indiziario era ulteriormente corroborato dalle dichiarazioni degli acquirenti della droga.

Sussistevano poi le esigenze cautelari, nonostante lo stato di incensuratezza, e l’unica misura adeguata risultava quella di massimo rigore.

2) Ricorre per Cassazione il C., a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione.

L’ordinanza impugnata, sostanzialmente, rinvia alla motivazione del provvedimento del GIP, senza valutare criticamente gli elementi risultanti dalle intercettazioni. Da queste, tutt’al più, emergono rapporti di "scambio" di modesta entità e non certo una fitta attività di spaccio.

Manifestamente illogica è la motivazione anche in relazione alla irrogazione della misura di massimo rigore, nonostante che "il colossale e contestuale arresto" avesse interrotto certamente ogni frequentazione e contatto e, quindi, ogni pericolo di reiterazione del reato.

3) Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1) Va premesso, per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in questa sede dei provvedimenti "de libertate", che, secondo giurisprudenza consolidata, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Cass. sez. 6 n. 2146 del 25.5.1995).

L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p. è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito area l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr. ex multis Cass. sez. 1 n. 1769 del 23.3.1995). Sicchè, ove venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è demandato al giudice di merito "la valutazione del peso probatorio" degli stessi, mentre alla Corte di cassazione spetta solo il compito "…di verificare…. se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie" (Cass. sez. 4 n. 22500 del 3.5.2007).

3.1.1) Tanto premesso, il Tribunale non si è certo limitato a rinviare e a far propria la motivazione dell’ordinanza impugnata. Per evitare inutili ripetizioni ha richiamato per relationem la ricostruzione dei fatti ivi operata e le telefonate intercettate che risultavano integralmente trascritte nel provvedimento del GIP. Ha però, con motivazione puntuale ed immune da vizi logici, analizzato il contenuto delle intercettazioni, evidenziando che dalla lettura coordinata delle stesse emergeva, con assoluta certezza, l’attività di spaccio posta in essere dal C.. Inoltre il quadro indiziario, già di per sè grave risultante dal contenuto delle intercettazioni, era ulteriormente corroborato dalle dichiarazioni rese da S.A. e D.L., i quali avevano riferito di essersi rivolti, su indicazione del loro fornitore abituale, a C.G. per rifornirsi di cocaina.

Anche in ordine alle esigenze cautelari la motivazione è assolutamente incensurabile in questa sede di legittimità, avendo il Tribunale evidenziato che non risultavano nè interrotti nè individuati tutti i canali di rifornimento della droga, per cui non sussistevano ostacoli effettivi al riavvio dell’attività illecita.

Quanto alla necessità della misura di massimo rigore, ha osservato il Tribunale che quella meno afflittiva degli arresti domiciliari risulta inadeguata, non offrendo essa alcuna garanzia "in merito all’inibizione di una ripresa di contatti da parte dell’indagato con i circuiti del narcotraffico, che invero si articola in numerosi segmenti molti dei quali ampiamente gestibili dal domicilio..".

A fronte di tale articolata motivazione il ricorrente propone generiche censure, soprattutto in ordine al "significato" delle intercettazioni.

L’interpretazione data alle telefonate è, però, argomentata e non certo affetta da palese illogicità. E la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ritenere che "In tema di intercettazioni telefoniche l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione è motivata in conformità dei criteri della e delle massime di esperienza" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 6 n. 15396 dell’11.12.2007; conf, cass. sez. 6 n. 35680 del 10.6.2005).

3.2) Il ricorso deve, conseguentemente, essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.

Dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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