Cons. Stato Sez. III, Sent., 02-03-2011, n. 1277 Diritti della personalità Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito: Autorità), con deliberazione n. 257/01/CSP del 27 marzo 2001, ha ordinato alla società R.- R.T.I. s.p.a. (di seguito: R.) il pagamento della sanzione amministrativa di lire 50.000.000 (cinquanta milioni) per la violazione dell’articolo 15, comma 10, della legge 6 agosto 1990, n.223, in riferimento a un servizio del Tg3 delle ore 19 del 27 settembre 2000, durante il quale, nel contesto della scoperta di una associazione criminosa nel settore della pedofilia e della pedonecrofilia, sono state trasmesse – in fascia protetta" (722:30)- immagini di contenuto pornografico di bambini tratte da siti internet, ritenute lesive e nocive dello sviluppo psichico o morale dei minori.

L’ingiunzione era stata preceduta dalla deliberazione n. 474/CSP del 5 ottobre 2000, notificata il 20 ottobre 2000, con cui l’Autorità ha contestato alla R. la violazione della normativa citata ammettendo la società, ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ridotta di lire 20 (venti) milioni. Sono seguite l’ audizione dei responsabili della R. presso il Dipartimento garanzie e contenzioso dell’Autorità e la presentazione di memorie e documentazione da parte della R. stessa.

La R. ha quindi proposto ricorso innanzi al T.A.R. del Lazio avverso la citata deliberazione n. 257/01/CSP, deducendo plurime violazioni di legge e di norme regolamentari nonché vari profili di eccesso di potere, ricorso che la II Sezione del T.A.R. ha rigettato con sentenza del 15 settembre 2008 n. 8322, condannando la ricorrente alle spese di giudizio.

La R. ha impugnato detta sentenza con atto notificato il 13 gennaio 2009 e depositato il 28 gennaio 2009, deducendo:

– Difetto di motivazione della sentenza appellata. Violazione e falsa applicazione degli artt. 15, legge 6 agosto 1990, n. 223; 1, comma 6, lett. b), n. 6), della legge 31 luglio 1997, n. 249; della "Carta dei doveri e degli obblighi degli operatori del Servizio pubblico" (in particolare, Parte IX, art. 8).

Si sostiene, dilungandosi sull’interpretazione anche sociologica dei termini normativi, che le immagini trasmesse non potevano qualificarsi "pornografiche" o di "violenza gratuita", soddisfacendo invece, nel contesto del diritto all’informazione e quindi di specifica "funzione di interesse pubblico", all’esigenza di un" efficace opera di prevenzione nel sensibilizzare genitori e pubblica opinione sul tema e quindi a un dovere professionale. Per di più le immagini, fornite da uffici giudiziari e da organi di polizia postale, erano state opportunamente selezionate e sfocate; di qui la buona fede dei giornalisti.

– Difetto di motivazione della sentenza appellata. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 9, legge 31 luglio 1997, n. 249; 29 e 30 del Regolamento concernente l’organizzazione e funzionamento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni; 3, comma 1, 7 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241. Difetto di motivazione del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. Violazione del principio del contraddittorio. Eccesso di potere per disparità di trattamento e irragionevolezza.

La Commissione servizi e prodotti dell’Autorità non ha dato corso alla richiesta della R. di essere formalmente sentita in quella sede, in violazione così del principio del contraddittorio, asseritamente non assicurato con l’audizione presso il Dipartimento garanzie e contenzioso dell’Autorità stessa.

– Difetto e contraddittorietà di motivazione della sentenza appellata. Violazione e falsa applicazione dell’art. 29 del Regolamento concernente l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e dell’art. 3, comma 1, della legge 7 agosto 1990 n. 241. Difetto di istruttoria.

Non sono stati sentiti i giornalisti autori della trasmissione né il direttore di testata.

– Difetto di motivazione della sentenza appellata. Violazione dell’art. 2, commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

La contestazione della violazione è stata disposta il 5 ottobre 2000 e notificata alla R. il 20 ottobre 2000 mentre l’ingiunzione di pagamento è stata adottata il 27 marzo 2001 e notificata il 2 aprile 2001, e cioè dopo i trenta giorni previsti dall’articolo 3 della legge n. 241 del 1990, sul procedimento amministrativo.

– In subordine. Difetto di motivazione della sentenza appellata. Difetto di motivazione del provvedimento impugnato. Violazione dell’articolo 31, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, sotto il profilo dell’eccessività della sanzione comminata. Eccesso di potere per irragionevolezza.

Parte ricorrente lamenta l’eccessività della sanzione comminata, ritenuta estremamente elevata, irragionevole e immotivata.

Memorie sono state depositate il 19 gennaio 2011 da parte della R., che ha confermato le argomentazioni già dedotte in ricorso, e il 2 febbraio 2011 dall’Avvocatura dello Stato, che ha ribadito la legittimità del provvedimento impugnato.

All’udienza pubblica del 4 gennaio 2011, presenti i legali delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

La questione oggetto del contenzioso all’esame della Sezione verte essenzialmente sull’individuazione del contenuto della "tutela dei minori", materia che si appalesa oggettivamente di particolare complessità e delicatezza per i vari interessi coinvolti e da comparare.

Orbene, il 27 settembre del 2000 l’edizione delle ore 19 del telegiornale di R. 3 ha trasmesso un servizio di circa 5 minuti relativo alla scoperta di un’associazione criminale, operante all’estero e in Italia nel settore della pedofilia, corredato da immagini e fotografie, tratte anche da siti internet, raffiguranti minori adolescenti nudi o in pose e atteggiamenti, esplicitamente e implicitamente, ricollegabili alla consumazione di atti o a comportamenti di carattere sessuale e anche con connotazioni di violenza. Il servizio era accompagnato altresì da informazioni e commenti invero espliciti.

L’Autorità ha ravvisato nel servizio gli estremi della violazione dell’articolo 15, comma 10, della legge 6 agosto 1990, n. 223, secondo cui: " è comunque vietata la trasmissione di programmi che possono nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche", e quindi ha sanzionato la R. con la deliberazione in fatto citata ed impugnata presso il TAR del Lazio, ritenendo prevalente, nella comparazione dei valori, dei diritti e degli interessi coinvolti nel caso di specie, la tutela della dignità della persona umana e quindi dei minori, con specifico riferimento al contenuto, alle modalità e alle circostanze che hanno caratterizzato la trasmissione del servizio in questione.

Le censure dedotte in questa sede ripropongono sostanzialmente i motivi del ricorso in primo grado e la Sezione condivide le argomentazioni svolte dal T.A.R. del Lazio con la sentenza qui impugnata, confermativa della legittimità del provvedimento dell’Autorità, che risulta invero adottato a seguito dell’espletamento della prescritta istruttoria e fornito di adeguata motivazione in fatto e in diritto.

In effetti non si pongono in dubbio il diritto alla cronaca e all’informazione, costituzionalmente garantiti, né la professionalità e la buona fede degli autori del servizio, oggetto di valutazioni in altre sedi, bensì il carattere "pornografico" o "violento" delle scene trasmesse nei riflessi dello "sviluppo psichico o morale dei minori",ed è incontestabile che la "tutela dei minori" si erge a principio e valore assolutamente prevalente rispetto ad altri, altrettanto garantiti ma nella fattispecie recessivi.

La tutela dei minori, come emerge con evidenza, ha assunto infatti nel tempo sempre maggiore rilievo e valenza, con una crescente attenzione e sensibilizzazione da parte e nei confronti della pubblica opinione in tutte le sedi, politiche, istituzionali, culturali, sociali ed anche da parte degli organi di informazione, specie con l’affermazione e la generale e crescente diffusione dei mezzi di comunicazione elettronica e digitale di massa, e quindi della cd. "Rete", fino a essere formalmente sancita e ribadita sul piano normativo.

La stessa Carta Costituzionale, all’articolo 31, comma 2, ha previsto che " la Repubblica…protegge l’infanzia", riconoscendo il rango costituzionale a detta tutela, che ha poi registrato autorevoli conferme, come nella convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176, di poco successiva alla citata legge n. 223 del 1990.

L’Autorità richiama anche il Codice di autoregolamentazione relativo ai rapporti fra TV e minori, stipulato tra vari operatori del settore radiotelevisivo (fra i quali la R.), nonché la Carta R. dell’informazione e della programmazione a garanzia degli utenti e degli operatori del servizio pubblico del dicembre 1995, che impegnano appunto a non trasmettere, anche nei telegiornali o nei programmi di informazione della fascia oraria 722:30, immagini del tenore in discussione.

Pure il contratto di servizio tra il Ministero delle Comunicazioni e la R. per il triennio 19971999 ( D.P.R. 29 ottobre 1997) volto a definire ruoli, contesti e missioni del servizio pubblico radiotelevisivo, contiene disposizioni a favore e a tutela dei bambini e dei giovani, e, in particolare l’articolo 5, comma 1, secondo cui "….la concessionaria dovrà dedicare particolare attenzione critica ai messaggi di violenza veicolati direttamente ed indirettamente dal mezzo radiotelevisivo ed alla loro influenza sulle fasce deboli e sui minori. La concessionaria si impegna, altresì, ad un controllo qualitativo e preventivo sul contenuto, i tempi e le modalità di trasmissione dei messaggi pubblicitari affinché questi rispondano a criteri di responsabilità e rispetto della dignità dei bambini e personalità".

Tale impegno è stato confermato e vieppiù rafforzato nel contratto di servizio per il triennio 20002002 (D.P.R. 8 febbraio 2001, n. 13581), il cui articolo 5 riconosce un diritto prevalente alla tutela dello sviluppo fisico, psichico e morale dei minori, poi nel contratto per il triennio 20032005 (articolo 5) fino al decreto legislativo n. 177 del 31 luglio 2005, recante il "testo unico della radiotelevisione" (artt. 4, 34 e 35).

Ed infatti, nel caso di specie risulta che gli stessi vertici della R., proprio in relazione alla delicatezza dell’argomento, avevano dato puntuali disposizioni circa la diffusione delle notizie e delle immagini, che invece sono state disattese..

Dette notizie ed immagini, d’altronde, anche ad una visione diretta, risultano oggettivamente di carattere pornografico e violento, tale da turbare di certo, anche per l’orario di trasmissione e per l’assenza di specifici e mirati preavvisi del servizio nonché di particolari e dedicate cautele, la sensibilità e l’attenzione di minori, con pregiudizievoli riflessi sul loro sviluppo psichico e morale, e financo di adulti, soggetti a sentimenti anche di disgusto e di disapprovazione.

Il servizio è infatti caratterizzato da un linguaggio particolarmente realistico, crudo ed esplicito nonché da immagini e scene, sia pure per lo più sfocate ma altrettanto chiare e comprensibili per quanto riguarda atteggiamenti, orientamenti e comportamenti sessuali, anche diretti, sia di minori che di adulti, con forti messaggi oggettivamente recepibili pure a livello subliminale e tali da alimentare altresì curiosità, morbosità, emozioni e stimoli di vario genere anche contrastanti che richiedono e richiedevano una preventiva adeguata preparazione in relazione alle diverse fasi dell”evoluzione fisica, psichica e morale dei minori.

Nella fattispecie si è preferito privilegiare il diritto di cronaca e di informazione su un fenomeno e su fatti di certo pubblicamente censurabili, ma, come ha sostenuto l’Autorità e poi lo stesso T.A.R., i contenuti del servizio non potevano non rapportarsi primieramente alla tutela dei minori, di certo quindi prevalente nel bilanciamento dei diritti in questione, con il conseguente impedimento alla sua trasmissione e in ogni caso con le suesposte modalità.

La messa comunque in onda ha comportato la "gratuità" del servizio e della connessa "violenza",in quanto, come si è visto, non giustificata né giustificabile, ben potendo il diritto di cronaca essere soddisfatto all’occasione con modalità incisivamente e sostanzialmente differenti sul piano qualitativo e quantitativo, e conseguendo così gli scopi perseguiti dagli autori. Nè ha pregio la argomentazione che attribuisce carattere meramente "interno" alle direttive dei vertici della R. e che, dedotta in sede giurisdizionale, assume aspetti di contraddittorietà e di perplessità affatto condivisibili..

La asserita opera di sensibilizzazione,condivisibile sul piano generale, non può e non poteva perciò prescindere dalla disamina dei modi con i quali in concreto la stessa si intende o si è intesa manifestare, e il caso di specie richiedeva oggettivamente il massimo rigore nella composizione del servizio e l’adozione di tutte le cautele che l’argomento imponeva a tutela dei destinatari e, ripetesi, della loro delicata fase dell’evoluzione fisicopsichica e morale, ma anche del rispetto del ruolo e della sensibilità dei genitori e degli adulti. Gli autori hanno inteso invece trasmettere il servizio con le immagini, le informazioni e le modalità dianzi indicate e che, ad avviso della Sezione, integrano oggettivamente e di per sé la fattispecie della violazione sanzionata, che non richiedeva quindi alcun ulteriore accertamento, come, con qualche contraddittorietà, prospetta la ricorrente.

Ne consegue l’infondatezza del primo motivo di ricorso, peraltro basato anche su argomentazioni di merito che non rilevano in questa sede.

Vanno poi rigettate le censure attinenti al procedimento, già esaurientemente contrastate dal T.A.R..

In effetti la garanzia del contraddittorio risulta rispettata dall’Autorità, con l’audizione dei responsabili della Rai presso il Dipartimento garanzie e contenzioso, competente per l’istruttoria, e con l’acquisizione di memorie e documenti.

I richiamati articoli 29 e 30 del Regolamento dell’Autorità, che in tal senso ha disciplinato il procedimento, non si prestano all’interpretazione della ricorrente, e quindi risulta legittima la determinazione assunta e motivata sul punto dalla Commissione che, nel contesto dell’articolo 1, comma 6, lettera b), n. 6 della legge n. 249 del 1997, ha valutato proprio quelle risultanze istruttorie.

Né sussisteva in testa all’Autorità l’obbligo di convocazione e audizione anche dei giornalisti autori del servizio e del direttore di testata, peraltro non richiesta dai responsabili della R., che pure, nella qualità di rappresentanti legali, sono stati sentiti ed hanno potuto così esprimere, a nome e per conto della R. stessa, il pensiero e le deduzioni della società.

D’altra parte non era in contestazione la buona fede e la professionalità dei giornalisti, da valutarsi in altre sedi, bensì l’oggettività del servizio, come nella realtà trasmesso in ogni caso consapevolmente da parte degli autori.

Quanto ai termini della contestazione dell’ingiunzione, a prescindere dalla natura ordinaria dei trenta giorni previsti dall’art. 3, comma 2, della legge 241 del 1990, è indubbio che nella fattispecie, relativa a procedimento in tema di sanzioni amministrative, si applica la specifica disciplina, lex specialis, posta con la legge n. 689 del 1981, e in particolare gli articoli 14, comma 2 "secondo cui gli estremi della violazione devono essere notificati agli interessati entro il termine di novanta giorni dall’accertamento", e 18, che prevede, al comma 2, che " l’Autorità competente, sentiti gli interessati, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione". L’Autorità quindi risulta aver ottemperato alla procedura e ai tempi previsti da detta normativa.

Da ultimo, non ha ragion d’essere la lamentela circa l’eccessività, l’irragionevolezza e il difetto di motivazione della somma determinata dall’Autorità, posto che l’ingiunzione risulta, sia pure sinteticamente, aver motivato sul punto, con l’indicazione dei parametri di riferimento riguardo a un gravissimo pregiudizio di un valore assoluto quale la tutela dei minori e con una valutazione che, di natura tecnicodiscrezionale, è insindacabile in quanto immune da oggettivi vizi di illogicità ed irragionevolezza.

Per le considerazioni che precedono, l’appello va quindi respinto. Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l "appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, a favore della costituita Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, complessivamente liquidate in Euro 5.000,00 (cinquemila euro), oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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