Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-02-2011) 04-03-2011, n. 8761 Remissione del debito

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 18 marzo 2010, depositata in cancelleria il primo aprile 2010, Magistrato di Sorveglianza di Lecce rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di M.A. volta a ottenere la remissione del debito ai sensi della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 56 relativamente all’importo di Euro 1000 dovute a titolo di Cassa delle Ammende.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per Cassazione M.A. chiedendone l’annullamento per il seguente profilo:

– violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al D.P.R. 30 giugno 2002, n. 115, art. 6, comma 2; il giudice, nel respingere l’istanza, anzichè far riferimento, onde valutare la buona condotta, al periodo di carcerazione sofferto dal richiedente e relativo alle condanne del 1991, 1993, 1997 e 2004 ha preso invece in considerazione il fatto successivo dell’arresto, avvenuto in data 26 gennaio 2009, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Magistrato di Sorveglianza di Lecce.

3.1 – Occorre preliminarmente evidenziare che parte della richiesta di remissione del debito è stata chiesta in relazione a un titolo di spesa che concerne il pagamento di una somma da versarsi alla Cassa delle Ammende. Sul punto è appena il caso di rammentare la giurisprudenza risalente (ma mai contraddetta di questa Corte di legittimità) secondo cui la remissione del debito, prevista dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 56 e D.P.R. 29 aprile 1976, n. 431, art. 96, riguarda solo le spese del procedimento e di mantenimento e non è estensibile quindi alle sanzioni pecuniarie da versare alla Cassa delle Ammende che hanno infatti natura disciplinare (Cass., Sez. 1, Od., 14 giugno 1979, n. 1897, rv. 142750, Dammone). Di tale profilo il giudice di rinvio dovrà tenere in debito conto.

3.2. – Tanto premesso, va invero dapprima rilevato come per le disposizioni in materia ( D.P.R. n. 115 del 2002, art. 6 sulle spese di giustizia) al fine di ottenere il beneficio richiesto, occorre la contemporanea ricorrenza di due requisiti: la buona condotta e le disagiate condizioni economiche, di talchè la mancanza, nel caso concreto, anche di uno solo di tali presupposti già impedisce, di per sè, la concessione della chiesta remissione del debito.

Il Magistrato di Sorveglianza ha nella fattispecie rigettato l’istanza avendo valutato la carenza della buona condotta in dipendenza della constatazione che il condannato, successivamente alla commissione del reato per il quale vi era stata condanna espiata, fosse stato attinto da un’ordinanza di misura cautelare e quindi sottoposto a nuova restrizione della libertà. 3.3. – Ciò precisato, va chiarito, in relazione al requisito specifico della buona condotta, in tema di remissione del debito, che la giurisprudenza di questo Supremo Collegio ha già avuto modo di affermare che il periodo da prendere in considerazione è limitato e circoscritto alla condotta tenuta dal soggetto dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, valutata secondo i parametri di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 30 ter, non potendo essere considerata ostativa al beneficio in parola nè la commissione di fatti anteriori alla medesima condanna, posto che non esiste ancora un debito suscettibile di remissione, nè la perpetrazione di reati relativi al periodo extra moenia (Cass., Sez., 1, 8 maggio 2009, n. 22376, rv. 244825, Capizzi; Sez. 1, 29 settembre 2009, n. 38914, Gallico, non massimata; Sez. 1,16 gennaio 2009, n. 3752, rv. 242444, Bozza; Sez. 1, 16 gennaio 2004 n. 6178, Molinaro) dovendosi infatti ricercare la ratio della norma nella natura premiale dell’istituto e nella finalità di favorire il recupero e la risocializzazione di chi si è accertato, con sentenza definitiva, avere violato la legge penale.

3.3. – Contravvenendo a questi principi il Magistrato di Sorveglianza ha rigettato l’istanza avendo parametrato il proprio giudizio su un episodio specifico di devianza estraneo al periodo temporale di riferimento (vale a dire quello intramurario) atteso peraltro che il lasso di tempo trascorso dall’odierno ricorrente in ambito esterno non era neppure espressione dell’esecuzione di una misura alternativa alla detenzione (Cass., Sez. 1,18 febbraio 2009, n. 10745, Mbaye;

Sez. 1, 5 marzo 2004, n. 15528, Rossetti, rv. 227644; cui adde: Sez. 1, 3 luglio 2001, n. 29860, De Pasquale, rv. 220274; Sez. 1, 25 marzo 2003, n. 27724, Palazzo, rv. 225200; Sez. 1, 15 dicembre 2004, n. 2865/2005, Mirabella, rv. 230728; Sez. 1, 15 dicembre 2004, n. 797/2005, Scremin, rv. 230545; Sez. 1, 2 febbraio 2007, n. 10311, Allevi, rv. 235995) e dunque valido ai fini espiativi sicchè il nuovo episodio di devianza, proprio perchè commesso in stato di libertà, si profila del tutto scollegato a quello cui la rimessione si riferisce e pertanto irrilevante ai fini valutativi della remissione.

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 c.p.p. come da dispositivo.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di Sorveglianza di Lecce.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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