Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-03-2011, n. 1362 Comunicazione o notificazione dell’atto Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il signor G.S. ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Veneto ha respinto il ricorso da lui proposto avverso gli atti in epigrafe meglio indicati, relativi a una procedura di esproprio coinvolgente un suolo di sua proprietà sito in territorio del Comune di Agordo e finalizzata alla realizzazione di un tratto di una pista ciclabile nell’ambito di un più vasto progetto approvato dalla Comunità Montana Agordina.

A sostegno dell’appello, egli ha dedotto:

1) erroneità della sentenza di primo grado (ed illegittimità – diretta e/o derivata – dei provvedimenti impugnati) per violazione e falsa applicazione dell’art. 16, in relazione all’art. 11, comma 1, lettera a), del d.P.R. 8 gennaio 2001, nr. 327, nonché degli artt. 7 e segg. della legge 7 agosto 1990, nr. 241; eccesso di potere per violazione del principio del "giusto" contraddittorio; carenza di presupposto e di istruttoria; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà grave e manifesta; sviamento (in relazione alla ritenuta correttezza della comunicazione di avvio del procedimento ai proprietari espropriandi compiuta dalla Comunità Montana Agordina per pubblici proclami);

2) ulteriore erroneità della sentenza di primo grado (ed illegittimità degli impugnati provvedimenti) per travisata applicazione degli artt. 11 e 16 del d.P.R. nr. 327 del 2001, in relazione all’art. 6 del medesimo decreto (in relazione all’erronea ricostruzione da parte del primo giudice dei rapporti tra Amministrazione comunale e Comunità Montana nella procedura di che trattasi);

3) erroneità della sentenza (ed illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado) anche per violazione dei principi in tema di effettività e completezza del contraddittorio volto a provocare anticipatamente le valutazioni dell’autorità espropriante in merito a soluzioni alternative idonee al soddisfacimento dell’interesse collettivo con minor aggravio agli interessi individuali del soggetto espropriato; eccesso di potere per carenza di motivazione del primo giudice (in relazione all’affermazione dello stesso secondo cui in ogni caso l’apporto procedimentale dell’interessato sarebbe stato inidoneo a modificare le scelte dell’Amministrazione).

In via istruttoria, l’appellante ha chiesto disporsi accertamenti istruttori al fine di verificare – appunto – lo stato dei luoghi e la praticabilità di soluzioni alternative.

Resistono il Comune di Agordo e la Comunità Montana Agordina, assumendo l’infondatezza dei motivi d’appello – e, anzi, eccependo in limine l’inammissibilità dei primi due di essi – e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.

Alla camera di consiglio del 22 settembre 2009, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, questo è stato differito sull’accordo delle parti, per essere abbinato alla trattazione del merito.

All’udienza del 25 gennaio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Viene all’attenzione della Sezione il contenzioso relativo alla procedura espropriativa concernente un suolo in proprietà dell’odierno appellante, signor G.S., sito nel Comune di Agordo.

Detto suolo fa parte di quelli interessati dalla realizzazione di un "sistema viario ciclopedonale" destinato ad attraversare la valle del mediobasso Cordevole, il cui progetto preliminare è stato approvato dalla Comunità Montana Agordina nel 2005 e che comprendeva – fra l’altro, e per quanto qui interessa – uno stralcio funzionale relativo alla porzione di percorso attraversante i Comuni di Taibon Agordino, Agordo e La Valle Agordina.

L’odierno appellante ha proposto ricorso dinanzi al T.A.R. del Veneto nel 2008, dopo aver ricevuto notifica dell’approvazione del progetto definitivo da parte del Comune di Agordo nonché – poco dopo – del decreto di occupazione dell’immobile de quo, ed in tale sede ha contestato anche la legittimità degli atti relativi alla variante al P.R.G. che aveva accompagnato l’iter espropriativo.

Il giudice di prime cure ha però respinto il ricorso, ritenendo corretta la comunicazione di avvio del procedimento compiuta ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera a), del d.P.R. 8 gennaio 2001, nr. 327 (e, quindi, mediante pubblicazione nell’albo pretorio dei Comuni interessati e su quotidiani), dal momento che il numero complessivo dei proprietari espropriandi era superiore a 50; inoltre, è stato escluso in ogni caso che la partecipazione procedimentale dell’istante avrebbe potuto modificare le scelte relative alla localizzazione e alla realizzazione della porzione di percorso ciclopedonale interessante la proprietà del ricorrente stesso.

2. Ciò premesso, occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di parziale inammissibilità dell’appello sollevata dal Comune di Agordo e dalla Comunità Montana Agordina, i quali assumono che nei primi due motivi di gravame sarebbe ravvisabile un’evidente (e non consentita) mutatio libelli rispetto al ricorso di primo grado.

In particolare, si assume che del tutto nuove sarebbero le argomentazioni svolte dalla parte appellante circa l’inidoneità della comunicazione di avvio del procedimento laddove questa avvenga in relazione al progetto preliminare dell’opera pubblica, essendo solo col progetto definitivo che si avvia la procedura espropriativa, procedendo a dichiarare la pubblica utilità dell’opera stessa.

L’eccezione è infondata.

Ed invero, va in primo luogo osservato che le predette argomentazioni, sulle quali parte appellata concentra la propria attenzione, costituiscono null’altro che una replica dell’appellante ai rilievi che erano stati svolti in primo grado dall’Amministrazione, la quale si era difesa dalla censura di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento assumendo – fra l’altro – che a tale adempimento si era proceduto anche prima dell’approvazione del progetto preliminare dell’intervento; tale ultima circostanza effettivamente è richiamata nella sentenza impugnata, laddove si fa riferimento alla pubblicazione avvenuta in data 21 aprile 2008 (e, cioè, proprio a quella relativa al progetto preliminare), ma dalla lettura del ricorso di primo grado emerge con chiarezza che il ricorrente si era doluto anche del mancato assolvimento del ridetto onere procedimentale nella fase dell’approvazione del progetto definitivo.

Su tale ultimo profilo la sentenza gravata, invero alquanto scarna e sintetica, non si intrattiene esplicitamente, di modo che quanto meno si è in presenza di omessa pronuncia sul punto.

Per converso, dalla lettura complessiva dell’appello emerge altrettanto chiaramente che in esso la parte attrice, al di là dei rilievi aggiuntivi nei quali l’Amministrazione ritiene di cogliere una violazione del divieto di nova in secondo grado, ha inteso reiterare l’originaria censura di omessa (ovvero inidonea) comunicazione dell’avvio del procedimento di esproprio con riguardo alla fase della progettazione definitiva e della dichiarazione di pubblica utilità.

Al contrario, non risulta che l’appellante abbia riprodotto né riformulato le censure articolate in primo grado avverso gli atti (pur richiamati nell’epigrafe dell’appello) relativi all’adozione e all’approvazione della variante al P.R.G. del Comune di Agordo, che di conseguenza restano estranei al presente giudizio.

3. Così precisato l’oggetto delle doglianze procedimentali articolate dall’appellante, e preso atto che le stesse sono ricavabili congiuntamente dai primi due motivi di impugnazione, questi ultimi sono fondati e pertanto meritevoli di accoglimento.

4.1. Oggetto del contrasto inter partes è dunque la comunicazione dell’avvio del procedimento espropriativo avvenuta nelle forme dell’art. 11 del d.P.R. nr. 327 del 2001: come sopra chiarito, ci si riferisce alla pubblicazione dell’avviso relativo all’approvazione del progetto definitivo, avvenuta in data 5 settembre 2008 giusta determinazione dirigenziale della Comunità Montana Agordina del 1° settembre 2008 (cfr., rispettivamente, i documenti nn. 17 e 15 delle produzioni di primo grado del Comune di Agordo in data 1 dicembre 2008).

Al riguardo, assume parte appellante che illegittimamente si sarebbe fatto ricorso alla procedura "per pubblici proclami", atteso che i proprietari di suoli ricadenti nel territorio del Comune di Agordo interessati dall’esproprio erano 45, dunque meno dei 50 necessari a mente del richiamato art. 11, d.P.R. nr. 327 del 2001 perché l’autorità espropriante possa essere esonerata dall’onere di comunicazione individuale; al contrario, le Amministrazioni assumono che il numero degli espropriandi avrebbe dovuto essere computato facendo riferimento alla totalità dell’intervento progettato dalla Comunità Montana, con la conseguenza che, prendendo in considerazione tutti i Comuni interessati, essi espropriandi erano certamente in numero superiore a 50.

4.2. Ad avviso della Sezione, più che concentrarsi – come fanno entrambe le parti – sull’esegesi del citato art. 11 al fine di accertare se esso testualmente incoraggi l’una o l’altra soluzione, occorre verificare l’esatta modalità procedimentale prescelta dalle Amministrazioni interessate alla realizzazione dell’opera pubblica, perché è da questa che dipende la correttezza delle specifiche soluzioni in concreto adottate.

Sul punto, le Amministrazioni appellate sostengono che la correttezza dell’aver considerato i proprietari espropriandi nella loro totalità, indipendentemente dai Comuni nei quali ricadeva ciascun suolo da espropriare, sarebbe dimostrata dalla delibera nr. 56 del 29 settembre 2005 della Giunta della Comunità Montana Agordina, di approvazione del progetto preliminare dell’opera de qua (cfr. documento nr. 5 delle già richiamate produzioni di primo grado dell’Amministrazione): in tale sede, fra l’altro, si era preso atto della delega espressamente conferita alla Comunità medesima dai Comuni interessati per la "gestione dell’iter tecnico ed amministrativo" necessario per la realizzazione del progetto.

Tuttavia, tale riferimento documentale appare da un lato inconferente e dall’altro tutt’altro che decisivo.

In primis, è chiarissimo che la delega in questione, afferendo alla realizzazione dell’opera, non può essere estesa necessariamente alle procedure espropriative, le quali sono concettualmente diverse e strumentali rispetto al procedimento di realizzazione del percorso ciclopedonale (oltre che eventuali, dipendendo dalla necessità di acquisire coattivamente i suoli privati che risultassero interessati dal progetto): di conseguenza, il richiamo all’iter "tecnico ed amministrativo" funzionale alla realizzazione del progetto può valere solo a dimostrare che alla Comunità Montana erano stati delegati la cura delle ulteriori fasi della progettazione (aspetti tecnici) e la gestione della procedura di individuazione dell’impresa incaricata di eseguire i lavori, oltre all’acquisizione dei necessari finanziamenti regionali (aspetti amministrativi); ciò che, fra l’altro, corrisponde a ciò di cui effettivamente la Comunità Montana si è occupata nel prosieguo.

Ben più significativo appare invece l’argomento documentale addotto da parte appellante a sostegno dell’opposta ricostruzione, che si riferisce a un momento ben successivo alla delibera nr. 56 del 2005, e segnatamente alla delibera consiliare nr. 30 del 30 luglio 2007, con la quale il Comune di Agordo approvò lo schema di convenzione predisposto dalla Comunità Montana e destinato a regolare i rapporti tra la stessa e i Comuni interessati alla realizzazione dell’opera (cfr. documento nr. 7 delle produzioni dell’appellante).

In tale atto, del quale non è contestata ex adverso la corrispondenza alle convenzioni poi effettivamente stipulate, era precisato che, mentre la Comunità Montana si sarebbe occupata degli aspetti inerenti la realizzazione dell’opera (affidamento degli incarichi di progettazione, gare d’appalto, acquisizione dei pareri tecnici necessari etc.), il Comune si impegnava "a rendere disponibili tutte le aree oggetto di intervento e ad effettuare le necessarie procedure espropriative".

Insomma, vi era una precisa ripartizione di compiti fra la Comunità Montana, che quale promotrice della realizzazione dell’intervento era tenuta a farsi carico delle fasi procedurali tecniche e amministrative necessarie allo stesso, e i Comuni interessati (fra cui quello di Agordo), ai quali competeva la gestione delle distinte (ed eventuali) procedure di esproprio per l’acquisizione dei suoli necessari.

4.3. Orbene, l’esame della documentazione relativa alle successive fasi procedimentali conferma da un lato siffatta suddivisione di competenze fra le Amministrazioni coinvolte e, per altro verso, le evidenti anomalie manifestatesi nel momento in cui sarebbe stato necessario assolvere all’onere di comunicazione dell’avvio del procedimento espropriativo.

Iniziando dall’approvazione del progetto definitivo, appare evidente che tale atto, se costituiva un passaggio fondamentale dell’iter realizzativo dell’opera affidato alla Comunità Montana, al tempo stesso rappresentava il momento iniziale delle procedure espropriative, comportando la dichiarazione della pubblica utilità dell’intervento: e difatti tale progetto, predisposto dalla Comunità Montana con l’apporto degli Uffici Tecnici dei Comuni interessati, fu poi trasmesso a questi ultimi perché provvedessero ad approvarlo formalmente e separatamente (per quanto riguarda il Comune di Agordo, l’approvazione si ebbe con la delibera consiliare nr. 94 del 7 ottobre 2008: cfr. documento nr. 2 delle produzioni di parte appellante).

Tuttavia, dall’esame della documentazione in atti è dato evincere che la comunicazione di avvio del procedimento espropriativo, che avrebbe evidentemente dovuto precedere la deliberazione consiliare da ultimo richiamata, fu compiuta non già dal Comune di Agordo ma dalla Comunità Montana, attraverso la già rammentata pubblicazione ex art. 11, d.P.R. nr. 327 del 2001 del 5 settembre 2008.

Tale modus procedendi è manifestamente illegittimo sotto un duplice profilo:

– perché, una volta che la competenza per le espropriazioni era stata attribuita al Comune, era tale Ente a dover curare tutti gli atti del procedimento, ivi compresa la comunicazione di avvio dello stesso;

– perché, conseguentemente, gli unici destinatari che il Comune avrebbe dovuto individuare erano – come è ovvio – i proprietari dei suoli interessati ricadenti nel proprio territorio, col risultato che, non essendo contestato che questi ultimi erano meno di 50, non sussistevano i presupposti per la comunicazione "per pubblici proclami".

5. L’accertata fondatezza delle censure di illegittimità procedimentale comporta la necessità di esaminare il terzo mezzo, col quale parte appellante attacca l’ulteriore argomentazione spesa dal primo giudice secondo la quale, in ogni caso, l’Amministrazione avrebbe dimostrato che le proprie scelte non avrebbero potuto essere diverse da quelle in concreto adottate.

Anche tale motivo è fondato.

Al riguardo, non è fuori luogo richiamare, innanzi tutto, la giurisprudenza relativa alla regola oggi codificata dall’art. 21 octies, comma 2, della legge 7 agosto 1990, nr. 241, secondo cui l’irrilevanza del vizio derivante dall’omissione della comunicazione di avvio del procedimento è subordinata a che l’Amministrazione fornisca in giudizio la prova rigorosa e decisiva dell’inutilità dell’apporto procedimentale dell’interessato, essendo le proprie scelte sostanzialmente e oggettivamente obbligate (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 19 gennaio 2010, nr. 187; Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 2006, nr. 2253).

Orbene, tale prova nella fattispecie non può dirsi fornita dalle Amministrazioni convenute.

In primo luogo, vi è divergenza tra le parti – ciascuna delle quali adduce a sostegno del proprio assunto documenti e relazioni tecniche – quanto alla stessa consistenza dello stato dei luoghi interessati dall’intervento, con riferimento sia all’interclusione di parte della proprietà dell’appellante (affermata da quest’ultimo, e negata dall’Amministrazione) sia soprattutto all’esistenza o meno di altre porzioni del medesimo suolo idonee, per caratteristiche morfologiche e pendenza, a consentire la realizzazione della pista ciclabile per cui è causa.

Inoltre, lo stesso progetto oggetto di impugnazione è "letto" in modo difforme dalle parti del presente giudizio: infatti, mentre l’Amministrazione assume che le scelte qui contestate discendono in modo ineluttabile dalla necessità di sviluppare il percorso ciclopedonale seguendo un preesistente tracciato ferroviario, parte appellante assume che proprio nel suolo di sua proprietà l’opera si discosterebbe immotivatamente da tale tracciato preesistente, seguendo un percorso irragionevole e maggiormente pregiudizievole per il suo diritto dominicale.

Infine, non può sottacersi che buona parte degli argomenti opposti dall’Amministrazione alla parte privata verte soprattutto sull’impossibilità di "stravolgere" un progetto già integralmente approvato e in corso di esecuzione, di modo da ingenerare l’impressione che le addotte ragioni di impossibilità siano più di natura economica che tecnica.

Così stando le cose, non sembra alla Sezione che al conflitto tra le parti in ordine alla praticabilità di soluzioni alternative possa darsi risposta con una consulenza tecnica, come vorrebbe parte appellante: infatti, in una situazione di incertezza come quella sopra descritta, un tale adempimento istruttorio comporterebbe il forte rischio di un’invasione della sfera di valutazioni riservate all’Amministrazione (le quali, come è noto, in materia di localizzazione delle opere pubbliche sono connotate da elevata discrezionalità).

Ne discende che i contrasti inter partes dovranno essere affrontati e composti in sede di rinnovazione del contraddittorio procedimentale, ove ciò sia possibile in relazione all’avanzamento delle opere medio tempore intervenuto.

6. In conclusione, alla luce dei rilievi fin qui svolti s’impone una decisione di accoglimento dell’appello, con la conseguente riforma della sentenza impugnata e l’annullamento, in conformità a quanto richiesto nel giudizio di prime cure, della delibera di approvazione del progetto definitivo e del successivo decreto di occupazione d’urgenza (come in epigrafe indicati).

7. La complessità e la novità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado nei sensi di cui in motivazione.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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