Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 04-03-2011, n. 8787 sequestro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il decreto di convalida del sequestro probatorio di iniziativa della polizia giudiziaria di un distributore stradale di carburante emesso dal P.M. presso il medesimo Tribunale in data 28.5.2010 nei confronti di G. C., indagato dei reati di cui agli art. 515 e 472 c.p.. Il Tribunale del riesame, previa verifica dell’esistenza di elementi atti a configurare i reati oggetto di indagine, ha rigettato i motivi di gravame con i quali il ricorrente aveva eccepito la nullità del decreto impugnato, per carenza di indicazioni in ordine alle finalità probatorie che avevano reso necessario il sequestro, e dedotto che la polizia giudiziaria aveva già provveduto ad effettuare tutti gli accertamenti necessari.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, che la denuncia per violazione di norme processuali e mancanza di motivazione.

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente, denunciando violazione ed errata applicazione dell’art. 355 c.p.p., comma 2, e art. 125 c.p.p., ripropone la doglianza relativa alla carenza di motivazione del provvedimento di convalida in ordine alla indicazione delle finalità probatorie che giustificano il sequestro.

Si deduce che la indicazione delle finalità probatorie è richiesta a pena di nullità anche nell’ipotesi di sequestro del corpo del reato e che il Tribunale non può integrare il provvedimento di convalida del sequestro probatorio sul punto; che il decreto di convalida, nel caso in esame, è motivato con formulazione del tutto generica in ordine alle esigenze probatorie.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 354 e 355 c.p.p. per assenza delle condizioni in presenza delle quali è consentito il sequestro.

Si osserva che le cose sottoposte a sequestro probatorio devono essere restituite all’avente diritto, allorchè non risulti più necessario mantenere il vincolo a fini di prova.

Si deduce, quindi, in sintesi, che nel caso in esame la polizia giudiziaria ha eseguito tutti gli accertamenti relativi alla acquisizione delle prove necessarie ai fini delle indagini e che un ulteriore verbale di constatazione per violazione del D.Lgs. 27 marzo 2001, n. 153, art. 50 (T.U. sulle accise) è stato eseguito in data 8.6.2010 dagli organi di polizia giudiziaria.

Si censura, poi, l’affermazione dell’ordinanza secondo la quale l’esito degli accertamenti eseguiti in via di urgenza dalla polizia giudiziaria non può ritenersi esaustivo, in quanto nel caso in esame non vi sono altre indagini da eseguire.

Il ricorso non è fondato.

In ordine all’eccezione pregiudiziale formulata dal ricorrente l’ordinanza impugnata ha già correttamente osservato che, in ogni caso, la motivazione del decreto di convalida deve ritenersi integrata dai rilievi contenuti negli atti di polizia giudiziaria da esso richiamati, (cfr. sez. 3, 24.10.2002 n. 41178, Camozza, RV 222973; sez. 6, 27.4.2004 n. 28051, P.M. in proc. Antinolfi, RV 229595; sez. 5, 26.1.2006 n. 7278, Ballandi, RV 233608).

Orbene, nel caso in esame, il decreto di convalida, oltre indicare espressamente la necessità di eseguire ulteriori accertamenti sulle cose in sequestro, contiene anche il riferimento alle risultanze delle indagini eseguite dalla GG.FF. di Palermo, dalle quali emerge in termini ancora più espliciti la necessità di procedere ad accertamenti tecnici sulle apparecchiature sequestrate.

Il secondo motivo di ricorso contiene esclusivamente una contestazione in punto di fatto della attuale esistenza delle esigenze probatorie.

Peraltro, l’eventuale completamento degli accertamenti tecnici successivamente al sequestro giustifica la presentazione di una domanda di restituzione, ai sensi dell’art. 262 c.p.p., ma non rende illegittimo il sequestro probatorio a suo tempo eseguito.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *