Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-12-2010) 04-03-2011, n. 8773 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma con sentenza del 4 febbraio 2010 ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Roma il 14 luglio 2009, all’esito di giudizio abbreviato, condizionato all’escussione della persona offesa, con la quale C.R. era stato condannato alla pena di anni tre di reclusione, oltre spese processuali e pene accessorie, per i delitti di cui all’art. 628 c.p. (capo 1), art. 610 c.p. (così qualificato il capo 2), art. 605 c.p. (capo 3) art. 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., n. 4 (capo 4) e artt. 582 e 585 c.p., art. 61 c.p., n. 2 (capo 5), commessi in danno di O.B., in (OMISSIS).

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per vizio motivazionale della sentenza, in riferimento alla valutazione di attendibilità della persona offesa, la quale avrebbe reso due differenti versioni, la prima nella immediatezza del fatto, la seconda a dibattimento, nelle forme del giudizio abbreviato condizionato. La questione dell’attendibilità della persona offesa era stata già proposta in appello, ove era stato contestato il fatto che i giudici avessero ritenuto attendibili esclusivamente le dichiarazioni rese nella concitazione del fatto, come trasfuse nel verbale degli ufficiali di pg, e non quelle rese innanzi al giudice, ove la donna aveva ridimensionato tanto l’antefatto (sottrazione della borsa e lesioni) quanto l’entità stessa dei comportamenti incidenti nella di lei sfera sessuali.

Ma in maniera acritica, la Corte di appello avrebbe considerato inattendibile la seconda versione, ritenendo senza alcun riscontro o alcun argomentazione più specifica che la O. era stata "presumibilmente minacciata". Non sarebbero state assunte altre prove e non si sarebbe inoltre tenuto conto della incensuratezza dell’imputato che risiede legalmente in Italia da molti anni seppure in maniera precaria.
Motivi della decisione

Il motivo di ricorso è infondato. In pratica con il ricorso viene proposta una nuova valutazione degli elementi probatori non consentita al giudice di legittimità, il quale deve unicamente stabilire se nel giudizio di merito siano stati esaminati, e correttamente interpretati, tutti gli elementi probatori acquisiti, e se degli stessi sia stata offerta una interpretazione corretta, nel senso rispettosa delle regole della logica ed esaustiva e convincente rispetto alle richieste della difesa. Infatti, come affermato dalla giurisprudenza, (tra le altre, Sez. 5, Sentenza n. 7569 del 11/6/1999, Jovino, Rv. 213638) non costituisce vizio che comporti controllo di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione, più favorevole al ricorrente, delle emergenze processuali. Resta perciò esclusa la possibilità di sindacare le scelte che il giudice ha operato sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le stesse non siano il frutto di affermazioni apodittiche o illogiche. (Cfr. Sez. 3, n. 40542 del 6/11/2007, Marrazzo e altro, Rv. 238016). In particolare il giudizio sull’attendibilità del teste-persona offesa, in quanto attiene il modo di essere della persona escussa, è un giudizio di fatto che può essere effettuato in sede di merito solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria. (In tal senso, Sez. 3, n. 41282 del 18/12/2006, Agnelli e altro, Rv. 235578).

Per quello che riguarda, in particolare, l’attendibilità della persona offesa nei reati sessuali, è stato affermato che la stessa, soprattutto quando si tratta dell’unica fonte di prova, deve essere valutata in senso globale, "tenendo conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli elementi acquisiti al processo" (Cosi, Sez. 3, n. 21640 dell’8/6/2010, P., Rv. 247644).

Nel caso in esame il Collegio di appello ha esaminato le censure proposte nell’atto di impugnazione ed ha espresso le ragioni delle proprie valutazioni, le quali lo hanno condotto a considerare condivisibile le considerazioni svolte dal giudice di primo grado ed ha ritenuto logico e coerente quanto dalla stessa narrato. Nella sentenza, il fatto è stato accuratamente esaminato non solo perchè descritto con richiamo integrale della decisione di primo grado, ma perchè l’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni della parte offesa è stata confermata ritenendo il racconto della donna riscontrato dall’intervento dei carabinieri. Come enunciato nella parte motiva della sentenza impugnata, la B., escussa in udienza, ha confermato di essere stata picchiata e derubata del cellulare dall’uomo, e si è solo limitata a dire che non ricordava se l’imputato si fosse slacciato i pantaloni, nè il motivo per il quale l’avesse picchiata, aggiungendo peraltro di essersi recata il giorno successivo alla Caserma per ritirare la denuncia, essendo preoccupata per i suoi figli; in relazione a ciò, con motivazione logica, i giudici di merito hanno ritenuto che non vi fossero elementi di contraddittorietà in ordine al nucleo essenziale dei fatti, tra quanto dichiarato in udienza e quanto esposto ai carabinieri, e che il fatto nel suo complesso andasse ricostruito anche attraverso le dichiarazioni rese nell’immediatezza, laddove la persona offesa aveva parlato dei toccamenti nelle zone connotate sessualmente ai quali l’imputato l’aveva costretta. Inoltre i giudici di merito hanno ritenuto tranquillizzanti i riscontri forniti dalle forze dell’ordine, le quali, intervenute nell’immediatezza dei fatti a seguito di una segnalazione, sentirono le grida della donna provenire dal casolare ove si era recata con l’imputato, e dopo aver trovato solo il cancello chiuso con una catena munita di lucchetto, la cui chiave risultò poi nel possesso dell’imputato, sorpresero infine l’imputato all’interno del casolare con i pantaloni slacciati e con in mano il cellulare della persona offesa. A questi riscontri diretti della ricostruzione fattuale, secondo i giudici di merito, si deve anche aggiungere l’esito del referto medico in merito all’entità delle lesioni subite dalla persona offesa.

Risulta poi infondata la censura genericamente espressa relativa alla mancata assunzione di altre prove, posto che l’imputato è stato ritenuto responsabile dei fatti avendo optato per il rito abbreviato condizionato.

Del tutto infondata inoltre anche la censura relativa alla mancata considerazione della personalità dell’imputato quanto agli aspetti relativi alla dosimetria della pena, avendo il giudice fornito congrua ragione delle valutazioni operate a livello sanzionatorio il 14 luglio 2009.

Per quanto sopra esposto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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