Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-12-2010) 04-03-2011, n. 8755

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 12 febbraio 2010 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ritenuta la propria competenza, rigettava l’incidente di esecuzione proposto da S.C. sul presupposto che le sentenze di condanna a suo carico emesse, la prima, dal GUP del Tribunale di Benevento il 7.6.2006, riformata quanto alla pena da quella della Corte di Appello del 26.11.2007 e, la seconda, dal Tribunale di Napoli, in data 29.3.2007, anch’essa riformata, quanto alla pena, dalla Corte di Appello il 6.5.2009, per i reati di cui all’art. 416 c.p. e plurime ipotesi di ricettazione in concorso, abbiano riguardato condotte identiche.

Il tribunale rigettava, altresì, la domanda contestualmente proposta dallo stesso S. volta all’applicazione in suo favore della disciplina di cui all’art. 671 c.p.p..

1.2 Quanto alla prima domanda rilevava il Tribunale che i reati di ricettazione giudicati con le sentenze innanzi citate riguardavano autovetture sempre diverse tra loro (i giudicanti indicano partitamente le autovetture ricettate, distinguendole per capi di imputazione relativi al primo ed al secondo processo) alcune, invero, non precisamente individuate, ma comunque non sovrapponibili, dappoichè riferibili, le relative condotte, ad epoche diverse, novembre 2003 per il primo giudizio, aprile-giugno 2002 per il secondo, ed a sodalizi criminali diversi, facenti capo a tale B. C., l’uno, ed a tale Z.V. l’altro.

1.3 Con riferimento invece alla seconda istanza, proposta, come detto, a mente dell’art. 671 c.p.p., osservava il giudice territoriale che nella fattispecie ricorreva l’ipotesi di cui all’art. 102 c.p., disciplinante, come è noto, l’istituto dell’abitualità nel reato e non già quella riferibile all’art. 81 c.p., comma 2. 2. Ricorre per Cassazione S.C., assistito dal difensore di fiducia, insistendo per l’annullamento dell’ordinanza detta ed a tal fine illustrando tre motivi di doglianza.

2.1 Eccepisce in primo luogo la difesa ricorrente l’incompetenza del Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, perchè funzionalmente competente a conoscere la domanda rigettata la Corte di Appello partenopea, tanto a mente dell’art. 665 c.p.p., comma 2, dappoichè riformata la sentenza di prime cure emessa dal Tribunale di Napoli, secondo opinamento difensivo, in relazione a statuizioni non riguardanti esclusivamente la pena, le misure di sicurezza e le disposizioni civili, statuizioni diverse, peraltro, non indicate.

2.2 Denuncia invece col secondo motivo di impugnazione la difesa ricorrente la violazione del principio del ne bis in idem e difetto di motivazione sul punto.

Deduce al riguardo parte istante che la contestazione della prima sentenza del GUP del Tribunale di Benevento fa riferimento a concetti generici quali "numerosissime autovetture" ricettate perchè ricevute da "altre persone non identificate", di guisa che inevitabilmente, alcune almeno di dette ricettazioni, hanno finito per sovrapporsi ad altre giudicate successivamente dal Tribunale di Napoli.

Irrilevante, poi, per la difesa appare il riferimento alla diversità di sodalizi criminosi impegnati nei reati fine di ricettazione ed erronea l’affermazione dei giudicanti in ordine ad una diversità temporale delle ricettazioni giudicate dalle due autorità giudiziarie di cui in premessa.

2.3 Col terzo ed ultimo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente il carattere apparente della motivazione illustrata dal giudice a quo a sostegno del diniego di applicare alla fattispecie in esame la disciplina di favore di cui all’art. 671 c.p.p., posto che l’unicità del disegno criminoso, nella fattispecie andrebbe desunto dall’attività del ricorrente, gestore di uno "scasso" di autovetture, acquirente e commissionario di furti di autovetture i cui pezzi venivano poi venduti al dettaglio.

3. Il P.G. in sede depositava motivata requisitoria scritta, concludendo per il rigetto dell’impugnazione.

4. Il ricorso è infondato.

4.1 Infondata è, in primo luogo, l’eccezione di Competenza preliminarmente opposta dalla difesa ricorrente. A mente infatti dell’art. 665 c.p.p., comma 2, norma quest’ultima che regola, come è noto, la competenza del giudice dell’esecuzione, quando è proposto appello, se il provvedimento è stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, è competente il giudice di primo grado.

Nel caso in esame l’ultima sentenza passata in giudicato è quella resa dalla Corte di Appello di Napoli all’esito dell’impugnazione proposta avverso la sentenza del tribunale napoletano del 27.3.2007, rispetto alla quale il giudice di secondo grado ha deliberato in riforma della sola pena, nè la difesa ricorrente ha individuato altro profilo di riforma incidente per questo sulla competenza del tribunale, peraltro escluso dall’esame della sentenza in argomento.

Ne consegue che nel caso di specie correttamente il giudice a quo ha dichiarato la propria competenza a conoscere delle istanze in esecutìvis dello S..

4.2 Del pari manifestamente infondata, per palese genericità del suo contenuto, si appalesa la seconda doglianza.

La difesa ricorrente, infatti, a fronte della precisa ed analitica motivazione del tribunale, il quale ha avuto cura di individuare una per una le autovetture ricettate e giudicate dalle due istanze di giustizia, per poi evidenziare logicamente che, anche per quelle non precisamente individuate, la diversità del tempus commissi delicti e delle consorterie malavitose interessate dalle ricettazioni fine escludeva in radice la possibilità che nello specifico si sia violato il principio del ne bis in idem, oppone l’incertezza, comunque, dei tempi di consumazione delle condotte, nonchè la genericità delle contestazioni e, per questo, la certezza che alcune ricettazioni abbiano finito per sovrapporsi ad altre.

Trattasi in parte di giudizi di merito non ammissibili in questa sede di legittimità e, per altro verso, di una congettura non ulteriormente corroborata, dai profili, per questo, ineluttabilmente aspecifici.

4.3.1 Venendo, infine, alle censure indirizzate alla mancata applicazione della invocata disciplina di cui all’art. 671 c.p.p., osserva la Corte che appare utile prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1, 12.05.2006, n. 35797) secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità (cfr., per tutte, Cass., Sez. 2A, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. 1A, 15.11.2000/31.1.2001, Barresi). La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anzicchè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni ed è, infine, rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti.

4.3.2 Tanto premesso sul piano dei principi, osserva il Collegio che la Corte di merito ha fatto di essi puntuale applicazione, con provvedimento correttamente e logicamente motivato, di guisa che oltre lo stesso rimane il giudizio di merito, abbondantemente invocato col ricorso in esame, che anche per tale ragione non può trovare ingresso.

Il giudice a quo, infatti, ha ben distinto la nozione di unità del disegno criminoso, propria della disciplina di cui all’art. 81 c.p., dalla generica inclinazione a commettere reati a ciò indotti da occasionalità ovvero da una vera e propria scelta di vita, così come oggettivamente appare nel caso di specie e come puntualmente accreditato del tutto logicamente dal giudicante.

5. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va quindi rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *