CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE – 26 aprile 2010, n. 9948. In materia di condizione sospensiva.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

Con il primo motivo si censura l’affermazione della corte territoriale, secondo cui il principio di diritto, per cui non può ritenersi tuttora efficace una condizione sospensiva apposta ad un contratto, al quale le parti abbiano dato completa esecuzione, non pregiudicherebbe la questione della rilevanza della volontà dei contraenti al momento dell’esecuzione del contratto. Il ricorrente denuncia a questo riguardo la violazione dell’art. 1353 c.c. Con il secondo motivo il medesimo fallimento denuncia il vizio di motivazione dell’impugnata sentenza nell’accertamento della volontà delle parti al momento dell’esecuzione del contratto: nel caso in esame la condotta di X costituiva manifestazione inequivocabile della volontà di eseguire l’accordo concluso con la C. indipendentemente dall’avverarsi della condizione. Con il terzo motivo, allegando la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., il fallimento deduce che, nelle circostanze di causa, ricorrevano i requisiti di gravità, precisione e concordanza per attribuire ad essi valenza di presunzione della conoscenza da parte della X della perdurante pendenza della condizione.
I tre motivi, prospettando sotto profili diversi la medesima questione di diritto, possono essere esaminati insieme. Occorre premettere che, secondo quanto accertato dal giudice di merito, con il pagamento a favore dell’odierna resistente del credito falcidiato, le parti avevano dato integrale esecuzione al contratto in precedenza stipulato, il quale contemplava il pagamento – subordinatamente al perfezionamento dell’accordo con tutti i creditori – del credito nella percentuale concordata, a stralcio e transazione delle pretese.
In tale situazione deve trovare applicazione il principio altra volta enunciato da questa corte, per il quale, caratterizzandosi la condizione sospensiva per il fatto di determinare fino al suo avveramento l’inefficacia del contratto cui si riferisce, l’operatività della condizione medesima viene meno quando, prima del suo avveramento, le parti abbiano dato al contratto completa e spontanea esecuzione (Cass. 27 settembre 1991 n. 10148).
Discostandosi da questo principio, la corte territoriale ne ha subordinato l’applicazione ad un’indagine sulla volontà delle parti al momento dell’esecuzione delle prestazioni, diretta ad accertare che esse, conoscendo il mancato avveramento della condizione a quella data, volessero modificare il contratto, sopprimendo la condizione sospensiva; e ciò, nella supposizione che, in difetto di tale volontà, quella clausola continuerebbe a condizionare l’efficacia del contratto. In tal modo il giudice di merito, per un verso, è incorso nell’errore di cercare valenza negoziale in atti, quali il pagamento o l’adempimento della prestazione convenuta, che si qualificano come atti esecutivi di preesistenti obbligazioni, e quindi meri atti giuridici; e per l’altro ha supposto che, al fine di determinare la cessazione dell’efficacia sospensiva della condizione, si richiedesse una volontà negoziale modificatrice del contratto, senza avvedersi che l’adempimento delle obbligazioni prima della verificazione della condizione sospensiva impedirebbe in ogni caso obiettivamente alla condizione del contratto di mantenere la sua valenza sospensiva, giacché la sua verificazione non potrebbe più avere l’effetto di obbligare ad una prestazione già eseguita, laddove, proprio nel caso del suo mancato avveramento, come nella fattispecie giudicata, l’ipotizzato effetto di imporre la restituzione della somma pagata postulerebbe una volontà negoziale diretta a sostituire ad una condizione sospensiva una condizione risolutiva.
L’impugnata statuizione deve pertanto essere cassata in applicazione del principio di diritto, che l’adempimento spontaneo delle obbligazioni contrattuali, prima della verificazione della condizione sospensiva pattuita, priva la condizione medesima dell’efficacia sua propria e, estinguendo le obbligazioni adempiute, esaurisce la forza vincolante del contratto.
All’accoglimento del ricorso segue dunque la cassazione dell’impugnata sentenza, e la causa può essere decisa anche nel merito, non richiedendosi ulteriori indagini di fatto, con il rigetto dell’opposizione proposta dalla s.p.a. X al decreto di esecutività dello stato passivo della C.L. s.a.s. di Y & C.
Le spese dei diversi gradi del giudizio sono a carico della parte soccombente, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’opposizione proposta da Arnoldo X s.p.a. allo stato passivo del fallimento della C.L. s.a.s. di Y & C.; condanna la parte soccombente al pagamento delle spese dei diversi gradi di giudizio, liquidate per il primo grado in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari e euro 1.000,00 per diritti; per l’appello in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 6.400,00 per onorari e euro 1.600,00 per diritti; e per il giudizio di legittimità in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari; oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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