Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-11-2010) 07-03-2011, n. 8892

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- Il Tribunale di Ancona, con sentenza 25/3/2008, dichiarava C.C. colpevole del reato di maltrattamenti (commesso dal (OMISSIS)) e di quello di lesioni volontarie aggravate da futili motivi e dal nesso teleologico (commesso il (OMISSIS)) in danno della convivente B.M. e lo condannava, unificati gli illeciti dal vincolo della continuazione, alla pena di un anno e mesi sei di reclusione.

2- A seguito di gravame dell’imputato, la Corte d’Appello di Ancona, con sentenza 9/10/2008, riformando parzialmente la decisione di primo grado, che confermava nel resto, escludeva, quanto al reato di lesioni, l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 1 e riduceva la pena ad anni uno e mesi cinque di reclusione.

Il Giudice distrettuale, ritenuto corretto il provvedimento col quale era stata disattesa la richiesta di giudizio abbreviato condizionato, evidenziava che le emergenze processuali, nonostante la ritrattazione delle accuse mosse – in sede di denunzia – dalla persona offesa nei confronti dell’imputato, conclamavano la responsabilità di costui:

plurime, infatti, erano state le denunzie sporte, sin dall’anno 2003, dalla donna contro il convivente per i continui maltrattamenti di cui era rimasta vittima; i certificati medici acquisiti attestavano la natura delle lesioni subite dalla donna, eziologicamente riconducibili, senza ombra di dubbio, a condotte di aggressione fisica; il teste Ba.Gi., comandante della Stazione dei Carabinieri, aveva riferito in ordine al comportamento abitualmente violento del C. verso la convivente, tanto che numerosi erano stati gli interventi delle Forze dell’ordine, a seguito di esplicita richiesta, presso l’abitazione dei predetti; la ritrattazione delle accuse fatta dalla donna in dibattimento, in linea – peraltro – con analogo comportamento tenuto in occasione di precedenti denunzie, era chiaro indice del radicato stato di soggezione della B. al proprio convivente e del timore della prima di scongiurare una prevedibile reazione del secondo alla conferma delle accuse.

3 – Ha proposto ricorso per Cassazione, tramite il proprio difensore, l’imputato e ha dedotto: 1) violazione ed erronea interpretazione dell’art. 438 c.p.p., con connesso vizio di motivazione, per non essergli stata accordata la diminuente relativa al richiesto e negato giudizio abbreviato condizionato; 2) inosservanza, erronea applicazione dell’art. 61 c.p., n. 2 e mancanza di motivazione sul punto, per non essere stata esclusa l’aggravante prevista da tale norma, considerato che non era apprezzabile alcun nesso strumentale tra il delitto di lesioni e quello di maltrattamenti; 3) inosservanza, erronea applicazione dell’art. 572 c.p. e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di maltrattamenti; 4) violazione di legge e vizio di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche e sulla misura della pena.

4 – Il ricorso è in parte fondato e va accolto nei limiti di seguito precisati.

Non ha pregio il primo motivo, perchè articolato in modo estremamente generico e, quindi, non idoneo a porre in crisi la valutazione effettuata sul punto dal giudice di merito, che, nel disattendere la richiesta di giudizio abbreviato condizionato, ha ritenuto la sollecitata integrazione probatoria non indispensabile ai fini di un solido e decisivo supporto logico-valutativo per la deliberazione in ordine alla vicenda sottoposta al suo esame e incompatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento speciale. Non hanno pregio neppure le doglianze in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di maltrattamenti, che, secondo il ricorrente, sarebbe rimasto sfornito, a seguito della ritrattazione dibattimentale della denunziante, di qualunque supporto probatorio e non potrebbe essere ravvisato "nell’unico episodio litigioso" del (OMISSIS), oggettivamente accertato, nel corso del quale tanto la donna quanto il suo convivente riportarono lesioni.

Devesi, per contro, rilevare che la Corte territoriale, con motivazione adeguata e immune da vizi logici, ha stigmatizzato l’assoluta inattendibilità delle dichiarazioni dibattimentali della B., sulla base non solo della diversa e articolata versione fornita dalla predetta in sede di denunzia, ma soprattutto sulla base degli accertamenti espletati, nel corso degli anni, dai Carabinieri, che avevano avuto modo di constatare direttamente, in occasione di plurimi interventi effettuati, il comportamento abitualmente violento dell’imputato in danno della convivente, con conseguenze lesive per quest’ultima, oggettivamente certificate dai referti medici in atti;

non ha mancato il Giudice a quo di sottolineare, cogliendo realisticamente l’aspetto più sconcertante della presente vicenda, che la scelta della B. di non confermare in dibattimento, così come aveva fatto in precedenti occasioni (cfr. sentenza 18/7/2007 Gup Ancona), le accuse contro l’imputato era il sintomo inequivoco del condizionamento psicologico avvertito dalla medesima per il timore di ritorsioni da parte dell’uomo, ai cui voleri, nonostante tutto, continuava a sentirsi sottoposta.

Tale apparato argomentativo, evidenziando fatti lesivi dell’integrità fisica e del patrimonio morale del soggetto passivo posti in essere ripetutamente dall’imputato, offre la dimostrazione del regime di vita vessatorio e mortificante imposto alla donna dal proprio convivente. Non si è in presenza, come sostiene il ricorrente, di un unico episodio di violenza, quello verificatosi il giorno (OMISSIS), che indusse la B. a sporgere l’ennesima denunzia, ma tale episodio è l’espressione finale di una lunga serie di sofferenze fisiche e morali patite dalla predetta, nell’ambito della tormentata relazione con il C..

Merita accoglimento, quanto al reato di lesioni, la doglianza sulla ritenuta circostanza aggravante del nesso teleologia).

Trattasi di circostanza soggettiva, la cui previsione intende evidenziare la maggiore capacita a delinquere del reo che, per attuare il suo intento criminoso, si avvale di un ulteriore mezzo illecito. Il fondamento dell’aggravante è di natura puramente psicologica, nel senso che è necessaria la rappresentazione da parte dell’agente della commissione del reato-fine nella sua realtà naturalistica. Ciò posto, il giudice, quindi, ha il dovere di indagare sul processo ideativo-volitivo dell’agente per accertare se sussista l’aggravante e non potrà, invece, presumerla sulla base di meri meccanismi logici, senza tenere conto della concreta posizione soggettiva dell’agente nello specifico contesto preso in considerazione.

Tale indagine è stata completamente omessa in sede di merito e, d’altra parte, nè la sentenza impugnata nè quella di primo grado evidenziano elementi in fatto dai quali possa desumersi che il singolo episodio di lesioni di cui si discute sia stato ispirato, isolatamente considerato, dalla finalità di eseguire quello di maltrattamenti. Detto episodio, in realtà, deve essere inquadrato nell’ambito del complessivo comportamento tenuto dall’imputato nel relazionarsi alla propria compagna ed assume rilievo, con riferimento al reato di maltrattamenti, tipico reato abituale, soltanto se apprezzato e valutato unitamente ai numerosi altri fatti di analoga natura. E’ tale valutazione unitaria che consente di cogliere l’effettivo atteggiamento psicologico dell’agente con riferimento sia ai singoli episodi che al reato di maltrattamenti. I singoli fatti, che di per sè ledono beni giuridici penalmente protetti (incolumità personale), non possono automaticamente ritenersi aggravati dal nesso teleologico, sol perchè funzionali ad integrare, unitamente ad altri fatti comunque lesivi dell’integrità fisica e del patrimonio morale del soggetto passivo, la condotta di maltrattamenti. L’elemento soggettivo del delitto di maltrattamenti è integrato dal dolo generico, vale a dire dalla coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo continuativo e abituale. Trattasi di dolo – per cosi dire – "progressivo", nel senso che l’agente assume coscienza e volontà della propria condotta illecita in modo graduale: una volta cioè che la reiterazione degli atti lesivi assume una certa consistenza, l’autore degli stessi prende coscienza che il persistere in tale condotta determina uno stato di ingiusta sofferenza nel soggetto passivo e, nonostante ciò, non muta la sua maniera di rapportarsi al medesimo, con l’effetto che il dolo finisce con atteggiarsi come elemento unificatore della pluralità dei singoli atti vessatori (dolo unitario). In ciascuno di questi ultimi, quindi, è ben difficile apprezzare, in mancanza di specifici elementi di segno contrario, l’aggravante soggettiva del nesso teleologico con il reato- fine di maltrattamenti.

5- La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio in relazione al reato di lesioni, esclusa la contestata aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 2, perchè estinto per intervenuta remissione di querela, con eliminazione della pena corrispondente di mesi tre di reclusione.

Il ricorso va rigettato nel resto, anche con riferimento al residuo trattamento sanzionatorio che, m quanto espressione di un equilibrato e motivato esercizio del potere discrezionale del giudice di merito, si sottrae a qualunque censura di legittimità.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di lesioni esclusa aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 2, perchè estinto per remissione di querela ed elimina la relativa pena di mesi tre di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *