Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-02-2011) 08-03-2011, n. 9060

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza in data 25/5/2010, confermava la sentenza del Tribunale di Palmi, in data 7/3/2007, appellata da G.D., ritenuto colpevole di ricettazione di un telefono cellulare, oggetto di furto e condannato, ritenuta l’ipotesi lieve di cui all’art. 648 cpv. c.p., alla pena di mesi sei di reclusione e Euro 200 di multa.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato deducendo violazione di legge e illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento all’elemento soggettivo della ricettazione, ritenuto in re ipsa, avendo il prevenuto fornito una plausibile giustificazione dell’utilizzo della scheda a lui intestata sul telefono oggetto di furto, mancando anche la prova della conoscenza in capo allo stesso del reato presupposto (furto del telefonino), ritenendo potersi configurare, al più, il reato di incauto acquisto ( art. 712 c.p.).
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

1) Per la configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, e la prova dell’elemento soggettivo del reato può trarsi anche da fattori indiretti, qualora la loro coordinazione logica sia tale da consentire l’inequivoca dimostrazione della malafede (Sez. 4, Sentenza n. 4170 del 12/12/2006 Ud. (dep. 02/02/2007) Rv. 235897).

Nella fattispecie la Corte territoriale ha evidenziato le contraddizioni emerse tra le dichiarazioni rese dall’imputato nella fase delle indagini ove ha dichiarato di avere smarrito la scheda nel settembre 2002, senza avere mai sporto denuncia e quelle rese al dibattimento ove ha, invece, dichiarato di non ricordare il periodo in cui aveva avuto la disponibilità della scheda nè l’epoca di smarrimento della stessa, ritenendo, con una valutazione di merito, non illogica e incensurabile in Cassazione, inattendibile la giustificazione fornita dal prevenuto. A tal proposito questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede, (si vedano: Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 27/02/1997 Ud. – dep. 13/03/1997 – Rv. 207313; Sez. 2, Sentenza n. 16949 del 27/02/2003 Ud.

– dep. 10/04/2003 – Rv. 224634). La ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato e la qualificazione della condotta rendono superfluo, da parte della Corte di merito, l’esame delle prospettazioni alternative di reati formulate dalla difesa, avendo correttamente ricondotto la condotta del prevenuto al reato di ricettazione e dovendosi, quindi, escludere, la invocata riqualificazione del fatto a titolo di incauto acquisto.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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