T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 03-03-2011, n. 620 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il primo ricorso, notificato il 02.01.1995 e depositato il 16.01.1995, la Cooperativa D.C.E.A.D.B. (da ora anche solo Coop.) ha impugnato la deliberazione in epigrafe specificata, con cui il Consiglio comunale di Valdidentro ha adottato delle varianti al P.R.G., con cui ha assegnato l’area di proprietà della stessa ricorrente, di cui ai mapp. 252, 254 e 688, alla zona "C" – area di standard a livello comunale per attrezzature di interesse comune.

Su detta area, che sino ad allora era stata, stando alla ricostruzione dell’esponente medesima, assegnata alla zona "B"- aree residenziali già edificate – la Coop., con istanza del 18.4.1994, aveva richiesto il rilascio di una concessione edilizia per lavori di recupero e di ristrutturazione ad uso residenziale del proprio fabbricato.

Con lettera del 12.7.1994 il Sindaco aveva risposto richiedendo integrazioni documentali, cui la stessa Coop. aveva dato seguito il successivo 16 luglio.

Con ulteriore missiva del 04.10.1994 erano stati nuovamente richieste, sempre dall’Autorità comunale, delle integrazioni documentali, cui la ricorrente aveva dato riscontro il successivo 24 ottobre.

Sennonché, con lettera datata 3.11.1994 il Sindaco dell’intimato Comune avrebbe comunicato all’istante l’adozione, da parte del C.C., della deliberazione n. 46 del 30.09.1994, avente efficacia preclusiva degli interventi edilizi richiesti.

Contro di essa è stato, perciò, interposto l’odierno gravame, affidato ai motivi di seguito specificati:

1) eccesso di potere per difetto di motivazione.

Ciò, in quanto l’assegnazione dell’immobile della Coop. alla zona destinata a standard AC sarebbe rimasta operazione isolata, circoscritta soltanto all’area dell’esponente, mentre, altro fabbricato attiguo – recante il n. 251 del fg 39, e che formerebbe un sol corpo edilizio con quello della Coop – sarebbe rimasto, come tutte le restanti aree della medesima zona, classificato in zona B (aree residenziali già edificate).

D’altro canto, all’apposizione del vincolo sull’area dell’esponente avrebbe fatto riscontro l’eliminazione di un vincolo di eguale natura in precedenza gravante sul fondo contraddistinto al n. 240 lett. d), di proprietà del Comune di Valdidentro.

Di tutto ciò nessuna spiegazione sarebbe ricavabile nella motivazione dell’atto impugnato, a riprova del vizio come sopra denunciato.

2) eccesso di potere per difetto di motivazione e per sviamento.

Ciò, in quanto sarebbe stato "liberato" dal vincolo di standard l’immobile di cui al cit. mapp. 240 di proprietà del Comune di Valdidentro, per addossare il medesimo vincolo sull’immobile dell’esponente, senza rendere palese il fine perseguito dall’ente locale con siffatta operazione.

Nessuno si è costituito per la parte intimata.

Con ordinanza n. 329 del 31.01.1995 è stata respinta la formulata domanda incidentale di sospensione.

Con deliberazione n. 29455 del 20.06.1997 la Giunta regionale della Lombardia ha approvato la deliberazione comunale di adozione della cit. variante (pubbl. sul B.U.R.L. 6.08.1997).

Con ricorso notificato il 10.11.1997 al Comune di Valdidentro e il successivo 13.11.1997 alla Regione Lombardia e depositato il successivo 20.11.1997 la Coop ha impugnato anche la citata deliberazione regionale unitamente alla precedente deliberazione di adozione della variante.

I motivi riecheggiano quelli del precedente ricorso, giacché gli stessi fanno tutti leva sul vizio di eccesso di potere, sotto più profili (ovvero: per difetto di motivazione, per disparità di trattamento, manifesta ingiustizia e sviamento).

Nessuno si è costituito per le parti intimate.

Con dichiarazione del 3.12.2008 la ricorrente ha dichiarato di avere ancora interesse alla decisione del ricorso 190/1995.

Con istanza del 16.10.2009 l’esponente ha richiesto la riunione del ricorso n.5372/1997 al ricorso n. 190/1995.

In prossimità della pubblica udienza è stata depositata dal patrocinio ricorrente memoria conclusionale per entrambe le cause.

Alla Pubblica udienza del 21.12.2010 entrambe le cause sono state trattenute dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente, il Collegio deve disporre la riunione del ricorso n. 5372/1997 al ricorso n. 190/1995, per evidenti ragioni di connessione soggettiva e oggettiva.

Passando al merito dei ricorsi, il Collegio ritiene di potere esaminare congiuntamente i due gravami, per comodità espositiva, vertendo gli stessi sui medesimi atti (con l’aggiunta, nel secondo ricorso, della deliberazione regionale di approvazione della deliberazione comunale di adozione della variante impugnata col primo ricorso) sospettati di illegittimità per i medesimi motivi.

Ebbene, quanto all’asserito difetto di motivazione delle deliberazioni di che trattasi, il Collegio non può non rimarcare come le scelte di ordine urbanistico, volte ad imprimere una particolare destinazione urbanistica ad una zona, compiute in un P.R.G. o in una sua variante, siano riservate alla discrezionalità dell’Amministrazione, che, quindi, non è tenuta a dare specifica motivazione delle singole scelte operate, in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano.

Per tale via, ben si comprende come, anche la variante di un piano regolatore che conferisca una nuova destinazione ad aree che risultano già urbanisticamente classificate, necessiti di apposita motivazione soltanto qualora le classificazioni preesistenti siano assistite da specifiche aspettative, in capo ai rispettivi titolari, fondate su atti di contenuto concreto.

In particolare, su tale ultimo aspetto, va ribadito come, per pacifica giurisprudenza (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, IV, 24 aprile 2009, n. 2630; Cons. Stato, IV, 19 giugno 2007, n. 3294; id., 14 maggio 2007, n. 2411; id., 14 ottobre 2005, n. 5713), le situazioni soggettive idonee a suscitare un’aspettativa siffatta siano soltanto quelle qualificate e aventi ad oggetto una specifica destinazione dei suoli dell’interessato, come, ad es., quelle derivanti da accordi intervenuti con l’ente locale, in particolare da convenzioni di lottizzazione divenute operative, oppure, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia o dalla reiterazione di un vincolo scaduto (Cfr., tra le altre, Consiglio Stato, sez. IV, 04 maggio 2010, n. 2545; Cons. St., V, 2 marzo 2009, n. 1149; C.d.S., IV, 5 agosto 2005, n. 4166; senza trascurare che, la giurisprudenza più recente, esclude la sussistenza di situazioni soggettive qualificate in ipotesi di un piano di lottizzazione approvato, ma non ancora sfociato nella stipula della relativa convenzione; così, ad es., Cons. St., IV, n. 2630/2009 cit.; e, ancora più recente, T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 20 aprile 2010, n. 2034, secondo cui: "…meritevoli di questa particolare forma di tutela sono peraltro solo quelle situazioni caratterizzate da un affidamento "qualificato" e tale posizione è stata riconosciuta: a) nel superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree; b) nella lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, dalle aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia (oggi permesso di costruire) o di silenziorifiuto su una domanda di concessione; c) nella modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo").

Nessuna di siffatte situazioni ricorre in concreto nel caso che ne occupa, nel quale si deve rilevare come l’adottata variante non incida su aspettative assistite da particolare tutela o da speciale affidamento, essendosi in presenza di una mera richiesta di concessione edilizia, sulla quale l’Amministrazione si era espressa, prima della pubblicazione della deliberazione di adozione della variante de qua, soltanto con un parere negativo, accompagnato dalla richiesta di integrazioni documentali (cfr. doc. n. 6 di parte ricorrente).

Trattasi, quindi, di una situazione di mero fatto, non idonea, ad avviso del Collegio, a dare luogo ad una posizione tutelata quale aspettativa qualificata o quale affidamento in capo al soggetto la cui posizione sia, per questo, meritevole di specifica considerazione in sede di motivazione delle nuove scelte urbanistiche compiute con la variante di piano regolatore qui contestata.

In base ai ricordati orientamenti, infatti, come riaffermati anche di recente dalla giurisprudenza sopra richiamata, per una più penetrante motivazione di una tale revisione non è sufficiente la semplice, preesistente, possibilità edificatoria, almeno fin quando siffatta "possibilità" non abbia dato luogo ad un affidamento qualificato, riconducibile esclusivamente alle tipizzate situazioni sopra enucleate; ciò, poiché in questo caso, il mutamento di destinazione trova sufficiente giustificazione (in linea con quanto previsto dall’art. 10, comma 7, della legge 17 agosto 1942, n. 1150), nelle "sopravvenute ragioni che determinano la totale o parziale inattualità del piano o la convenienza di migliorarlo" (così Cons. St., IV, 12 marzo 2009, n. 1431).

Incidentalmente, poi, preme al Collegio rilevare come, dalla documentazione versata in atti, risulti la formulazione, da parte ricorrente, di apposite osservazioni alla deliberazione di adozione della variante, delle quali si dà atto nella stessa deliberazione regionale di approvazione, ove pure risulta che il Comune intimato ha contro- dedotto alle predette osservazioni con apposita delibera consiliare n. 5 del 10.03.1995, di cui, tuttavia, parte ricorrente non dà alcun cenno.

Passando, quindi, all’esame delle censure che fanno leva sulla disparità di trattamento, l’ingiustizia manifesta e lo sviamento, il Collegio non può che richiamare, anche qui, l’orientamento ormai costante della giurisprudenza, per cui le scelte urbanistiche possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza ovvero di palese travisamento dei fatti che costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa (Cfr. Consiglio di stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6882).

Ne consegue che, in sede di previsioni di zona di piano regolatore, la valutazione dell’idoneità delle aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, rientra nei limiti dell’esercizio del potere discrezionale, rispetto al quale, ove, come nel caso di specie, non possano ipotizzarsi abnormi illogicità, non è configurabile neppure il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, basato sulla impropria comparazione con la destinazione impressa agli immobili o zone adiacenti (Cfr., ad es., Cons. St., IV Sez., n. 4024 del 2009; nonché, di recente, Consiglio Stato, sez. III, 17 settembre 2010, n. 2536, secondo cui: "Le scelte di pianificazione urbanistica relative ad un determinato terreno od immobile appartengono alla sfera degli apprezzamenti di merito dell’Amministrazione per cui, in ordine alla stessa, non sono ipotizzabili censure di disparità di trattamento basate sulla comparazione con la destinazione impressa ad immobili adiacenti, dovendo tali scelte obbedire solo al superiore criterio di razionalità nella definizione delle linee dell’assetto territoriale, nell’interesse pubblico alla sicurezza delle persone e dell’ambiente e non anche ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli. Ne deriva che la valutazione dell’idoneità delle aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, rientra nei limiti dell’esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione, non sindacabile neppure sotto il profilo di eccesso di potere per disparità di trattamento, a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità").

Applicando le suesposte coordinate ermeneutiche al caso che qui occupa, si deve escludere che la scelta dell’amministrazione in ordine alla classificazione dell’area di proprietà dell’esponente sia affetta dai summenzionati vizi.

Per le considerazioni che precedono, quindi, tutti i motivi di ricorso, come sopra proposti, in relazione ad entrambi i ricorsi, in epigrafe specificati, devono essere disattesi, con conseguente rigetto di entrambi i gravami.

Nulla a provvedere sulle spese di lite, stante la mancata costituzione delle parti intimate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, così decide:

– riunisce il ricorso n. 5372/1997 al n. 190/1995;

– respinge entrambi i riuniti ricorsi.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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