Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-02-2011) 08-03-2011, n. 8986 Misure cautelari

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Torino, con ordinanza emessa il 19/04/010 – provvedendo sulla richiesta di riesame presentata nell’interesse di C.A. avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Aosta, in data 29/03/010, con la quale era stata disposta la misura coercitiva degli arresti domiciliari nei confronti del predetto C., in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 – respingeva il gravame. L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e).

In particolare il ricorrente esponeva:

1. che non ricorrevano i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, trattandosi di modesto quantitativo di hashish, detenuto per uso personale;

2. che non ricorrevano esigenze cautelari, trattandosi di soggetto non pericoloso dedito a lecita attività lavorativa;

3. che, in sede di udienza di convalida dell’arresto, non era stata eseguita la riproduzione fonografica dell’interrogatorio del C. (che era detenuto) ai sensi dell’art. 141 bis c.p.p., con conseguente inutilizzabilità dell’interrogatorio.

Tanto dedotto, il ricorrente chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Il PG della Cassazione, nell’udienza in Camera di Consiglio del 09/02/011, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Il Tribunale di Torino ha congruamente motivato tutti i punti fondamentali della decisione.

Quanto ai gravi indizi di colpevolezza relativi al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, risulta accertato, allo stato degli atti, che C.A. – nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti – è stato trovato in possesso di oltre 500 grammi di hashish destinato prevalentemente allo spaccio.

Quanto alle esigenze cautelari le stesse sono state ravvisate nel pericolo concreto del reiterarsi di altri reati similari. Pericolo desumibile dal fatto che il C. era inserito in modo abituale nell’attività di spaccio di stupefacenti.

La misura degli arresti domiciliari (con autorizzazione a svolgere attività lavorativa) era idonea a garantire dette esigenze cautelari.

Trattasi di valutazioni di merito, immuni da errori di diritto, conformi ai parametri di cui all’art. 273 c.p.p., art. 274 c.p.p., lett. c); non censurabili in sede di legittimità.

Per contro le censure dedotte nel ricorso sia quanto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sia quanto alle esigenze cautelari, sono generiche perchè ripetitive di quanto esposto in sede di riesame, già valutate esaustivamente dal Tribunale.

Sono, altresì, infondate perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dal giudice del merito.

Dette doglianze, peraltro costituiscono nella sostanza ad eccezioni in punto di fatto, non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata, bensì alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura delle risultanze processuali, per pervenire ad una diversa interpretazione delle stesse, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perchè in violazione della disciplina di cui all’art. 606 c.p.p. (Giurisprudenza consolidata e costante: Cass. Sez. Unite Sent. n. 6402 del 02/07/97, rv 207944; Cass. Sez. Unite Sent. n. 930 del 29/01/96, rv 203428; Cass. Sez. 1^ Sent. n. 5285 del 06/05/98, rv 210543; Cass. Sez. 5^ Sent. n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745; Cass. Sez. 5^ Ord. n. 13648 del 14/04/2006, rv 233381).

Quanto all’eccezione processuale, ex art. 141 bis c.p.p., si rileva che detta doglianza – mancata registrazione dell’interrogatorio – è stata solo prospettata come eventuale, non è stata documentata, non risulta eccepita nè in sede di convalida, nè in sede di riesame.

Trattasi di censura generica con conseguente inammissibilità della stessa.

Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da C.A., con conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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