Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso iscritto al n. 247 del 2010, G.I. propone giudizio per l’ottemperanza alla decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, n. 4839 del 31 luglio 2009 con la quale era stato accolto il ricorso proposto contro il Ministero della giustizia ed il Consiglio superiore della Magistratura per l’annullamento della sentenza del Tar Lazio, sezione I, n. 00925/2009, resa tra le parti e concernente la nomina a presidente aggiunto della Corte di cassazione.
Con detta pronuncia la Sezione ha ritenuto fondate le censure dedotte dal ricorrente, sotto il profilo del vizio di eccesso di potere per errore di fatto e travisamento, avverso i giudizi formulati dal Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti delle esperienze professionali maturate, rispettivamente, dai due magistrati controinteressati al giudizio.
Nel disporre l’annullamento delle determinazioni impugnate, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione, la Sezione non procedeva all’esame della domanda di risarcimento del danno, contestualmente presentata dal ricorrente, attesa la possibilità di una sollecita definizione, da parte dell’Organo di autogoverno, della specifica pretesa relativa al conseguimento dell’incarico in questione; escludeva, inoltre, la sussistenza del danno morale lamentato dal medesimo ricorrente.
Con successivo ricorso, iscritto al n. 247/2010, l’attuale ricorrente lamentava l’ulteriore inadempimento del Consiglio superiore della Magistratura in merito all’obbligo di rideterminarsi a seguito della deciusione di questa Sezione. Il ricorso veniva accolto, con la decisione n. 1715/2010, dalla quale emergeva l’obbligo dell’organo di autogoverno di procedere all’esecuzione della sentenza di accoglimento nel merito, evidenziando come le ragioni dedotte a sostegno della propria inadempienza, e soprattutto attinenti all’intervenuto collocamento a riposo del dott. I., non avessero alcuna efficacia esimente della mancata ottemperanza.
In esecuzione della decisione n. 1415/2010, il Consiglio superiore della Magistratura ha adottato, nella seduta del giorno 8 luglio 2010, una ulteriore delibera con la quale veniva sostanzialmente confermato il giudizio espresso nei confronti del dott. I..
Tale decisione veniva gravata, nell’ambito dello stesso procedimento, con atto per motivi aggiunti depositato il 16 luglio 2010, evidenziando come la delibera avesse sostanzialmente eluso il giudicato intervenuto tra le parti.
Con ordinanza n. 397/2010, la Sezione esperiva accertamenti istruttori, al fine di acquisire la delibera gravata.
All’udienza in camera di consiglio del 18 gennaio 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.
Motivi della decisione
1. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
2. – Occorre in via preliminare evidenziare le ragioni che hanno spinto il Consiglio superiore della Magistratura nella seduta del giorno 8 luglio 2010 a confermare il giudizio di prevalenza, nella comparazione con l’attuale ricorrente, espresso in favore del controinteressato dott. G..
Si legge nella delibera gravata:
"Il relatore procede quindi a nuova comparazione, tenendo conto dei rilievi formulati dal giudice amministrativo sotto un duplice profilo: 1) non può ritenersi congruamente comprovato il dato – valorizzato in sede di comparazione con il dottor I.- della "maggiore varietà ed ampiezza di esperienze professionali" in favore del dottor G., risultando al contrario che lo stesso ha svolto le sue funzioni prevalentemente nel settore penale; 2) a fronte di precise indicazioni della normativa secondaria, non può attribuirsi maggiore rilevanza all’esercizio delle funzioni di legittimità, svolte più a lungo dal dottor G., rispetto alla maggiore durata – "di ben 4 anni" – dell’esercizio delle funzioni direttive superiori, che può vantare il dottor I..
Al fine di valutare il corretto apprezzamento dei requisiti di merito ed attitudinali del dottor G., che, in sede di comparazione, e è stato compiuto nella delibera del Consiglio Superiore deltla Magistratura del 30 aprile 2008, va ribadito in premessa che il giudizio di prevalenza del dottor G. sul dottor I. e è stato espresso, e deve essere riaffermato, tenendo conto delle caratteristiche e delle esigenze specifiche dell’ufficio da conferire: rispetto a tali esigenze, il dato della "pluralità di esperienze" maturate dal dottor G. diventa particolarmente significativo in quanto include e privilegia la sua maggiore competenza nel settore penale; tale competenza appare rispondente alla necessità di valorizzare – all’interno della Corte di Cassazione – la specifica conoscenza delle problematiche giuridiche ed organizzative del settore penale, in considerazione della specializzazione civilistica del Primo Presidente e del conseguente affidamento al Presidente Aggiunto delle attività relative al penale e, specificamente, alla Presidenza delle Sezioni Unite Penali.
Come chiaramente emerso anche dalle argomentazioni e considerazioni svolte nel dibattito di plenum, la maggiore varietà ed ampiezza delle esperienze del dottor G. assume rilevanza nel giudizio di comparazione e nella valutazione di prevalenza del candidato proposto sui dottor I. in quanto il primo assicura una maggiore conoscenza delle esigenze del settore penale della Corte, da tenere in particolare considerazione in vista delle funzioni delegate al Presidente Aggiunto e di fatto svolte dal dottor G. dopo il conferimento dell’incarico in esame. Ed infatti, nominato Presidente Aggiunto, il dottor G. ha ricevuto dal Primo Presidente I" incarico di coadiuvarlo nell’ organizzazione ed esplicazione della attività della Corte, in particolare coordinando l’attività giudiziaria" nel settore penale, e di presiedere le Sezioni Unite Penali.
In una situazione di elevatissima qualificazione che, per merito e attitudini, i due candidati possono vantare in eguale misura, deve dunque riconoscersi un rilievo specifico al diverso percorso professionale del dottor G., con l’acquisizione di una più attuale e maggiore competenza nella giurisdizione penale e in ruoli, come quello di Presidente delle Sezioni Unite Penali, che appare maggiormente rispondente alle esigenze dello specifico settore della Corte di Cassazione nel quale – tenuto conto della organizzazione concreta dell’ufficio- il Presidente Aggiunto e è chiamato ad operare. Tale circostanza ha trovato espresso riconoscimento anche nell’intervento in discussione plenaria del Primo Presidente Carbone che, nel motivare il suo voto favorevole alla proposta per il dottor G., espressamente manifestava il suo apprezzamento per la scelta di un "penalista", rispondente "all’interesse dell’ufficio".
Sulla base di tali considerazioni, va dunque ribadita la prevalenza del dottor G. nel giudizio di comparazione con il dottor I.".
2.1. – Le argomentazioni che fondano la delibera gravata appaiono oltremodo perplesse in quanto, sostanzialmente, danno vita ad un rovesciamento dei criteri di giudizio predisposti che, in rapporto alla situazione di fatto esistente, vengono rielaborati in funzione della conferma della precedente decisione.
Occorre ricordare che questa Sezione, nella decisione n. 4839/2009, aveva espressamente indicato come dagli atti emergesse la maggiore varietà di esperienze professionali in capo al ricorrente I., elemento che, alla stregua della normativa inerente il conferimento degli incarichi direttivi all’interno della magistratura ordinaria, è considerato elemento di distinzione. Si legge nella citata decisione che "non può ritenersi comprovato il dato (definito come "oggettivo" dal primo giudice) riguardante la ritenuta maggiore varietà e ampiezza di esperienze professionali in favore del dott. G., in presenza dei documenti che evidenziano funzioni svolte in assoluta prevalenza nel settore penale, costituendo marginale eccezione soltanto le funzioni esercitate durante il tirocinio e quelle pretorili per alcuni mesi tra il 1966 al 1967 mentre, per quanto riguarda le funzioni presso la Sezione per i minorenni della Corte di appello di Roma, detto magistrato risulta aver svolto servizio in maniera preminente nel settore penale e, per quanto riguarda le funzioni di Presidente della Sezione feriale presso la Corte di Cassazione, da parte dello stesso T.A.R. è stato riconosciuto che tale attività riguarda in modo ampiamente prevalente il settore penale. In proposito deve dunque concludersi che, mentre non è dato riscontrare "significative esperienze anche nel settore civile" del dott. G., non potendosi riconoscere la possibilità di un diverso apprezzamento in via discrezionale dei dati sopra riportati, risulta all’opposto documentalmente smentita l’affermazione della esclusiva esperienza nel settore civile dell’odierno appellante, il quale ha invece svolto funzioni penali per circa sei anni, sommando in particolare i periodi di servizio presso la pretura di Calvello nell’anno 1963 oltreché presso il tribunale di Melfi dal 1964".
Sulla base di tale dato incontestato, la delibera oggi gravata assume invece che la preferenza da attribuirsi al dott. G., rispetto al ricorrente I., è data proprio dall’aver svolto in assoluta prevalenza funzioni nell’ambito del settore penale. Detto in altri termini, quello che secondo il criterio positivo è un dato discriminante, ossia l’aver operato prevalentemente in un unico settore, viene qui valorizzato come dato premiante, giustificando la preferenza per un candidato invece che per l’altro, operando così una palese inversione del criterio di giudizio già utilizzato nelle precedenti determinazioni e ponendo nel nulla le determinazioni passate in giudicato contenute nella decisione di questa Sezione n. 4839/2009.
3. – Così evidenziato il contenuto del nuovo provvedimento consiliare e la sua perplessità motivazionale, al fine di evidenziare i limiti del sindacato di questo Consiglio in sede di ottemperanza, occorre richiamare alcuni principi fondamentali in materia di elusione del giudicato, ragione fondamentale che muove la doglianza di parte ricorrente.
La nullità per violazione o elusione del giudicato è oggi disciplinata dall’art. 21 septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dalla novella del 2005 sulla scorta dell’elaborazione giurisprudenziale. Mentre il vizio di violazione del giudicato, che si attualizza quando il nuovo atto emanato dalla pubblica amministrazione riproduca i medesimi vizi già in tale sede censurati, o comunque si ponga in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla pregressa statuizione del giudice, appare meglio delineabile, diventa più arduo definire i contorni dell’elusione del giudicato.
Questa Sezione, proprio in tema di delibere del Consiglio superiore della Magistratura, ha avuto modo di affermare (decisione n. 8252/2010) che anche sul piano sematicolessicale, l’elusione "configura un fenomeno diverso dall’aperta violazione del decisum, sussistendo in quei casi in cui l’Amministrazione, pur formalmente provvedendo a dare esecuzione ai precetti rivenienti dal giudicato, tenda in realtà a perseguire l’obiettivo di aggirarli sul piano sostanziale, in modo da pervenire surrettiziamente al medesimo esito già ritenuto illegittimo. La non copiosa giurisprudenza che si registra in materia rileva che il vizio de quo sussiste laddove l’amministrazione, piuttosto che riesercitare la propria potestà discrezionale in conclamato contrasto con il contenuto precettivo del giudicato amministrativo, cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l’esercizio di una potestà pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che la giustificano (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2006, nr. 861; Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2003, nr. 5820; id., 15 ottobre 2003, nr. 6334).
Alla Sezione non sfugge la delicatezza della valutazione cui è chiamato il giudice amministrativo in sede di ottemperanza in casi come quello che occupa, laddove si tratta di individuare gli elementi sintomatici di un ipotetico sviamento di potere – nel senso appena precisato – all’interno di un contesto in cui le valutazioni dell’Amministrazione, almeno nell’esercizio ordinario delle proprie attribuzioni, sono connotate da amplissima discrezionalità, anche in connessione con la rilevanza costituzionale dell’organo di autogoverno cui dette attribuzioni sono conferite dal legislatore; per questo, è decisivo il momento dell’individuazione di criteri e parametri certi che possano guidare il sindacato giurisdizionale in subiecta materia.
Fra questi ultimi, ad avviso della Sezione, assumono rilievo primario alcuni principi generali enunciati dalla giurisprudenza in tema di esecuzione del giudicato e doveri dell’amministrazione in sede di riesercizio del proprio potere a seguito di annullamento giurisdizionale: in particolare, si è più volte affermato che in tale sede l’amministrazione è tenuta non solo a uniformarsi alle indicazioni rese dal giudice e a determinarsi secondo i limiti impostile dalla rilevanza sostanziale della posizione soggettiva azionata e consolidata in sentenza, ma anche a prendere diligentemente in esame la situazione controversa nella sua complessiva estensione, valutando non solo i profili oggetto della decisione del giudice, ma pure quelli comunque rilevanti per provvedere definitivamente sull’oggetto della pretesa, all’evidente scopo di evitare ogni possibile elusione del giudicato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 maggio 2010, nr. 3382; Cons. stato, sez. V, 13 marzo 2000, nr. 1328).
Corollario di ciò è il dovere dell’amministrazione, in sede di riesame della vicenda controversa, di essere particolarmente rigorosa nella verifica di tutti i possibili profili rilevanti, esaminando l’affare nella sua interezza e sollevando tutte le questioni che ritenga d’interesse, dopo di ciò non potendo tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili ancora non esaminati; tanto allo scopo di evitare che la realizzazione dell’interesse sostanziale del ricorrente possa essere frustrata dall’artata reiterazione ad libitum di provvedimenti sfavorevoli, basati su sempre nuovi e inediti supporti motivazionali. (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 dicembre 2004, nr. 7858; Cons. Stato, sez. V, 6 febbraio 1999, nr. 134).
Alla luce degli arresti appena richiamati, ritenere che in presenza di tali condizioni sia configurabile il vizio di elusione del giudicato, deducibile dinanzi al giudice dell’ottemperanza ai sensi dell’ormai pacifica interpretazione del citato art. 21 septies, l. nr. 241 del 1990 (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2006, nr. 861), da un lato nella specie non contrasta con i limiti costituzionali connessi al rapporto tra l’effetto conformativo delle decisioni del giudice amministrativo e le prerogative istituzionali del C.S.M. (cfr., al riguardo, la nota sentenza della Corte Costituzionale nr. 435 del 15 settembre 1995), per altro verso appare maggiormente coerente col principio di effettività della tutela giurisdizionale, oggi sancito dall’art. 1 cod. proc. amm., al quale ripugnerebbe ogni lettura formalistica che obbligasse il ricorrente vincitore a instaurare sempre nuovi giudizi di cognizione per ottenere l’annullamento dei nuovi atti adottati dall’amministrazione in elusione del giudicato".
4. – I principi appena delineati appaiono del tutto in linea con la fattispecie in scrutinio.
Il dato pregnante del rovesciamento del criterio di giudizio utilizzato nella prima valutazione operata, e censurata dal giudice amministrativo, rende palese il sovvertimento operato dal Consiglio superiore della Magistratura del metro di valutazione derivante dalle stesse circolari dallo stesso adottate.
La Sezione reputa quindi che nella fattispecie sussistano fondati elementi per qualificare come elusive del giudicato le ulteriori determinazioni adottate a seguito della decisione n. 4839 del 2009, e segnatamente la delibera consiliare del giorno 8 luglio 2010 con la quale si è nuovamente proceduto a designare il dottor G. per l’incarico direttivo di Presidente aggiunto presso la Corte di cassazione.
In considerazione della reiterata inottemperanza dell’Amministrazione al giudicato, la Sezione reputa altresì di dover nominare fin d’ora un Commissario ad acta nella persona del Vice Presidente pro tempore del Consiglio Superiore della Magistratura: all’Amministrazione è pertanto assegnato per l’adempimento un termine di trenta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, dopo di che, perdurando l’inottemperanza, il Commissario ad acta avrà un ulteriore termine di trenta giorni, decorrente dall’inutile scadenza del periodo precedente, per provvedere a quanto di competenza.
In caso di infruttuoso decorso anche di tale ulteriore termine, la Sezione si riserva di provvedere direttamente, su istanza di parte, sostituendosi all’Amministrazione per l’adozione dei necessari provvedimenti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Accoglie il ricorso n. 247 del 2010 nei sensi di cui in motivazione;
2. Condanna il Ministero della giustizia ed il Consiglio superiore della Magistratura, in solido tra loro. a rifondere a G.I. le spese del presente grado di giudizio che liquida in Euro. 5.000,00 (euro cinquemila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.
3. Compensa integralmente le spese tra le rimanenti parti del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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