Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-02-2011) 08-03-2011, n. 9119 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 11.10.2010, il Tribunale del Riesame di Roma confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in data 29.9.2010 dal GIP del Tribunale di Roma nei confronti di Mo.Fr. e M.P., in ordine al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1bis e 6 e art. 80, comma 2, art. 61 c.p., n. 9, L. n. 146 del 2006, artt. 3 e 4 perchè, in concorso tra loro e con altri, importavano nel territorio dello Stato, da Santo Domingo, una partita di sostanza stupefacente di ingente quantità, al fine del successivo spaccio sul mercato italiano; in particolare la sostanza veniva fatta arrivare custodita in due valigie all’aeroporto di Fiumicino, dove veniva prelevata, direttamente dall’aereo, dal Mo. e dal M., i quali agivano coordinandosi con il C., e veniva consegnata al B.; reato commesso dal Mo. (ispettore di Polizia in servizio presso la Polizia di Fiumicino), M. (appuntato della Guardia di Finanza in servizio presso il Gruppo di Fiumicino) e C. (maresciallo della Guardia di Finanza in servizio presso il Gruppo di Fiumicino) con violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione esercitata e dal B. (ispettore di Polizia in pensione) con la consapevolezza di detta violazione, dalla quale traeva vantaggio. In (OMISSIS).

A giudizio del Tribunale del Riesame, il giudizio di elevata probabilità – formulato dal GIP con logica stringente – che il contenuto delle due valigie fosse un considerevole quantitativo di sostanza stupefacente attingeva anche la consapevolezza degli imputati Mo. e M. in ordine all’oggetto dell’importazione; in proposito vi erano anche le dichiarazioni ammissive del Mo. (rectius del M.), con il solo dubbio che nelle valigie ci potesse essere una partita di diamanti o di droga; il peso della valigia, stimato dal Mo. in 10-12 chili; l’elusione, avvenuta in maniera spasmodica, dei controlli aeroportuali; la provenienza da Santo Domingo, nel cui aeroporto pochi giorni dopo era stata intercettata una partita di kg. 19 di cocaina diretta a Malpensa; la fuga di B., dopo aver ricevuto le due valigie; la presenza nell’auto del M. di Euro 80.500, chiaro compenso per "il loro lavoro". Il Tribunale riteneva sussistenti anche le esigenze cautelari, avuto riguardo alle modalità dell’attività delittuosa; alla appartenenza degli indagati alle Forze dell’Ordine che consentirebbe agli stessi di porre in essere comportamenti dello stesso tipo e di impedire l’acquisizione di ulteriori elementi di prova in condizioni di genuinità.

Ha proposto ricorso avverso la suddetta ordinanza il difensore di M.P., il quale ne ha chiesto l’annullamento per molteplici difetti di motivazione sia in relazione al fumus commissi delicti sia in relazione al periculum libertatis.

Nell’ordinanza impugnata si era confusa la gravità indiziaria relativa all’esistenza della sostanza stupefacente con quella concernente la consapevolezza del M. circa tale prodotto, attribuendo peraltro al Mo. le dichiarazioni che invece aveva rilasciato M. e a questi il possesso di una somma di denaro che invece era stata rinvenuta nell’auto del Mo..

Non vi erano indizi sufficienti, secondo il ricorrente, per ritenere che nelle valigie fosse contenuta sostanza stupefacente, in quanto gli elementi indicati nell’ordinanza potevano essere posti a base di qualunque altra condotta illecita, quale il contrabbando, il riciclaggio, il traffico di cose contraffatte.

M. aveva dichiarato di non sapere cosa venisse trasportato, se droga o diamanti, e quindi dalle sue dichiarazioni non si poteva trarre alcun indizio certo sul contenuto delle valigie; semmai, a questa dichiarazione poteva essere attribuita una qualche valenza nella configurabilità del dolo (eventuale o alternativo).

Non costituiva un valido indizio sul contenuto effettivo delle valigie neppure la segnalazione, nello stesso periodo, di un trasporto da Santo Domingo alla Malpensa di una partita di cocaina, poichè i controlli effettuati alla Malpensa avevano dato esito negativo.

Quanto alle esigenze cautelari, la motivazione dell’ordinanza impugnata appariva del tutto generica, con una presunzione di pericolosità, connessa al ruolo, inaccettabile e difforme dai parametri legislativi indicati dall’art. 274 c.p.p..

Nell’ordinanza, infine, non vi era motivazione sulle ragioni per le quali era stata considerata inadeguata una misura diversa da quella carceraria.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Il quadro indiziario descritto nell’ordinanza impugnata appare di indubbia gravità, con riguardo all’accusa contestata all’indagato di aver concorso all’importazione di una partita di sostanze stupefacenti.

Il complesso di indizi indicati nell’ordinanza – le modalità di prelevamento delle due valigie; la cura posta nell’evitare i controlli delle unità cinofile; la consistente somma di denaro rinvenuta nel frangente nella disponibilità degli imputati;

l’ammissione di M., il quale ha avuto contatti con coloro che hanno organizzato l’illecita importazione, che il contenuto delle valigie potava essere di droga o diamanti, quando peraltro non ci sarebbe stata alcuna necessità di utilizzare due valigie se l’importazione avesse riguardato diamanti -sorreggono adeguatamente l’accusa formulata nei confronti di M.P..

Adeguata appare anche la motivazione del Tribunale del Riesame circa la sussistenza di esigenze cautelari, riferite alla pericolosità sociale e al pericolo di inquinamento delle prove, che giustificano la più grave misura della custodia cautelare in carcere. in effetti, in un delitto che appare organizzato, compiuto da diverse persone in collegamento tra loro e con coloro che hanno provveduto alla spedizione della partita di sostanza stupefacente, appare congruo il concreto pericolo, indicato nell’ordinanza impugnata, e di reiterazione della condotta criminosa, in ragione anche della posizione dell’imputato, e di inquinamento probatorio, tenuto conto del contesto in cui si è svolta l’azione e dei collegamenti dell’indagato con le persone che hanno organizzato l’illecita importazione. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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