Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-05-2011, n. 10103 Opposizione agli atti esecutivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’11 settembre 2008 il Tribunale di Roma ha respinto la opposizione agli atti esecutivi, proposta dall’Università La Sapienza di Roma avverso l’ordinanza del Giudice dell’esecuzione del 30 novembre 2006 in una procedura esecutiva, con la quale si prendeva atto dell’avvenuta sospensione del titolo azionato e si disponeva la sospensione della procedura esecutiva, non provvedendosi alla assegnazione con riferimento al credito posto a fondamento di atto di intervento nelle more dispiegato dalla Sopin s.p.a..

Il Tribunale ha posto in rilievo che l’oggetto della controversia consisteva nella contestazione in ordine al diniego di adozione del provvedimento di assegnazione con riferimento al credito vantato con l’atto di intervento.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la Università, affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso la Sopin s.p.a., che propone ricorso incidentale, affidato a due motivi.

Al ricorso incidentale resiste con controricorso la Università.

Le parti costituite hanno depositato rispettive memorie, corredate da documenti giurisdizionali.

La resistente Sopin ha prodotto nota di deposito di documenti ex art. 372 c.p.c..
Motivi della decisione

Va detto in primis che i documenti depositati dalla Sopin non attengono al presente giudizio.

1. – Passando all’esame del ricorso della Università va, pregiudizialmente, esaminata la eccezione della inammissibilità del ricorso per difetto di procura del difensore della ricorrente Università, ovvero per difetto di jus postulandi, sollevata con il primo motivo del ricorso incidentale e nel controricorso dalla Sopin. La Sopin deduce che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Università, non si tratta di mancanza di ratifica della nomina, quanto di mancanza di autorizzazione alla nomina, che è atto prodromico al conferimento dell’incarico e che rende nullo il contratto in sua mancanza.

La nullità travolgerebbe in sè il contratto di mandato in quanto conferito da soggetto privo di poteri, con la conseguente inefficacia della procura.

In punto di fatto, è risultato pacifico – e lo riconosce la stessa Università nel resistere al ricorso incidentale (p. 3-8) – che l’Ateneo ha conferito, con decreto motivato sottoscritto dal Rettore – c.d. decreto rettoriale – e controfirmato dal Direttore amministrativo, mandato difensivo ad avvocato del libero foro.

A sostegno della correttezza del suo agire la Università correda la deduzione con richiamo a giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. Lav. n. 5909/05), nonchè del Tribunale ordinario di Roma e del TAR del Lazio), in virtù delle quali, in estrema sintesi, sarebbe sufficiente il solo decreto rettoriale per impedire la inesistenza dello jus postularteli, allorchè lo stesso venga esercitato da un difensore iscritto all’albo del libero foro.

Da questa giurisprudenza ritiene il Collegio di dissentire per le seguenti e motivate argomentazioni.

2. – Al riguardo, va detto che a seguito della riforma introdotta dalla L. n. 168 del 1989 le Università sono enti pubblici autonomi e non rivestono più la qualità di organi dello Stato.

Per effetto di tale nuovo status giuridico, ai fini della rappresentanza e difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato, non trova applicazione la disciplina del patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura erariale del R.D. n. 1611 del 1933, ex art. da 1 a 11 ma, in virtù del R.D. n. 1592 del 1933, art. 56, non abrogato dalla L. n. 168 del 1989, quello del patrocinio autorizzato ex art. 43 come modificato dalla L. n. 103 del 1979, art. 11 e R.D. n. 1611 del 1933, art. 45, con i limiti effetti previsti per tale forma di rappresentanza: esclusione della necessità del mandato e facoltà (salvi i casi di conflitto) di non avvalersi dell’Avvocatura con apposita e motivata delibera (Cass. S.U. n. 10700/06).

Pertanto, ai sensi del R.D. n. 1592 del 1933, art. 56 e del R.D. n. 1611 del 1933, art. 45, così come modificato, la rappresentanza in giudizio di una Università statale spetta di norma ope legis all’Avvocatura dello Stato, mentre può essere occasionalmente conferita ad un difensore del libero foro, in virtù di apposita e motivata delibera, da sottoporre agli organi di vigilanza, anche perchè la L. n. 168 del 1989, art. 7, comma 11, con cui è stato istituito il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, non ha derogato o implicitamente abrogato i regi decreti sopra indicati, mentre il Regolamento della Università può solo concernere profili organizzativi, finanziari, contabili, didattici, scientifici, ma non anche norme processuali (v. per tutte Cass. n. 28487/05).

Del resto, diversamente dal nuovo ordinamento delle autonomie locali (D.Lgs. n. 167 del 2000), la L. n. 168 del 1989 non reca una disposizione specifica in tema di rappresentanza processuale delle Università. 3.-Lo stesso Statuto dell’Ateneo, cui fanno riferimento le parti, per individuare, a seconda della loro tesi, la piena correttezza del conferimento del mandato, non conforta l’assunto della resistente al ricorso incidentale, in quanto va precisato che, in ogni caso, non possono assumere rilevanza disposizioni eventualmente adottate dalle Università con il Regolamento dell’Ateneo, volte ad escludere il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato in deroga alla normativa di cui al R.D. n. 1592 del 1933, art. 56 e del R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, trattandosi di norme – quelle regolamentari o vieppiù statutarie – di natura secondaria (Cass. SU. n. 10700/06).

Infatti, all’art. 2, comma 6 è previsto che l’Università stabilisce autonomamente in base a valutazioni discrezionali di opportunità e convenienza se avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ovvero del professionista del libero foro.

All’art. 10 lo Statuto riconosce al Rettore la rappresentanza ad ogni effetto di legge.

Altri organi dell’Università sono:

1) il Senato accademico con compiti di programmazione, coordinamento, indirizzo e di controllo delle attività didattiche e di ricerca – art. 11;

2) il Consiglio di amministrazione, con compiti di programmazione, indirizzo e di controllo delle attività relative alla gestione amministrativa, finanziaria e patrimoniale dell’ Università – art. 12, comma 1, nonchè il potere di approvazione delle convenzioni e dei contratti di sua competenza – art. 12, comma 2, lett. f;

3) il Collegio dei Sindaci – art. 13;

4) il Collegio dei direttori di dipartimento – art. 14;

5) Direttore amministrativo e i dirigenti – art. 15.

Ciò posto, ed in ordine alla posizione del Rettore, va evidenziato che questa Corte, interpretando l’art. 10, comma 1 nella parte in cui riconosce al Rettore la rappresentanza ad ogni effetto di legge della Università La Sapienza, in relazione ad un contratto di cui essa era parte, ha statuito che al Rettore, in qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione ai sensi del R.D. n. 1592 del 1933, deve riconoscersi il potere di agire, in via d’urgenza, anche in assenza di previa delibera del Consiglio di amministrazione, nel qual caso il contratto stipulato è valido ed immediatamente efficace, fermo restando l’obbligo, in base alla disciplina fissata dal R.D. n. 1592 del 1933, art. 56, del R.D. n. 1611, art. 43, di sottoporlo al Consiglio di amministrazione per la ratifica alla prima adunanza successiva (Cass. n. 23419/09).

Del resto, la L. n. 168 del 1989, art. 6, prevede al comma 2 quanto segue:

"Nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dall’art. 33 Cost., e specificati dalla legge, le Università sono disciplinate oltre che dai rispettivi statuti e regolamenti, esclusivamente da norme legislative che vi operino espresso riferimento. E’ esclusa l’applicabilità di disposizioni emanate con circolare"..

Il che, implicitamente conferma che, non essendo state abrogate le norme di natura processuale sopra richiamate del R.D. del 1933, tali norme sono le uniche che continuano a disciplinare la procedura dei mandati e della rappresentanza in giudizio delle Università per potersi avvalere di difensori del libero foro.

4. – Quindi, dall’esame della normativa primaria ratione temporis vigente e da quella secondaria si evince in merito alla deduzione della Sopin, concernente la questione di verificare chi abbia il potere di adottare la apposita e motivata delibera di conferimento dell’incarico al professionista del libero foro, che vada data la seguente risposta.

Il decreto rettoriale di nomina del difensore non autorizzato dagli organi di vigilanza, come è pacifico nella specie, e nemmeno ratificato non è idoneo a realizzare lo esercizio dello jus postulano in capo alla Università, perchè la legge non prevede che per la nomina di avvocati del libero foro sia sufficiente una delibera rettoriale.

Nel caso in esame, il ricorso della Università va dichiarato inammissibile perchè non oggetto di successiva ratifica dell’organo competente, necessaria per la regolare costituzione del rapporto processuale, ovvero per difetto dello jus postulandi del difensore, rilevabile anche di ufficio (da ultimo, Cass. n. 18062/10).

La inammissibilità del ricorso comporta anche la inammissibilità della memoria, non solo, ma impedisce l’esame dei motivi posti a fondamento dello stesso e determina la inefficacia del ricorso incidentale della Sopin. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso dell’Università La Sapienza e, per l’effetto, dichiara la inefficacia del ricorso incidentale e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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