Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-02-2011) 08-03-2011, n. 9115 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 13.10.2010, il Tribunale del Riesame di Napoli confermava l’ordinanza del GIP del Tribunale di Napoli in data 3.10.2010 applicativa della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di G.A., arrestato per il delitto di tentato omicidio verificatosi a (OMISSIS).

Il Tribunale dava una particolare importanza alle dichiarazioni rese, nell’immediatezza del fatto, da M.P., persona estranea alla vicenda, il quale aveva notato un giovane di nome A., da lui non conosciuto ma sentito così chiamare nell’occasione, manifestare prima l’intenzione di uccidere, e poi andare incontro a uno straniero che aveva colpito ripetutamente con un coltello; il M. aveva aggiunto che era intervenuto nel fatto T. A., un ragazzo che egli conosceva da diverso tempo.

Nell’ordinanza impugnata, dopo aver descritto i modi con i quali la Polizia giudiziaria aveva identificato A., si sottolineava l’importanza del riconoscimento fotografico di costui da parte del M., eseguito a distanza di soli due giorni dal fatto.

Il Tribunale, infine, valutava la pericolosità dell’imputato, desumendola soprattutto dalle modalità di esecuzione del delitto.

Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore di G.A., chiedendone l’annullamento per carenza di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza e per insussistenza delle esigenze cautelari. Il ricorrente ha manifestato dubbi sull’attendibilità di M.P., attendibilità che non era stata sufficientemente presa in esame dal Tribunale; anche sul riconoscimento fotografico il Tribunale non aveva considerato che la descrizione che il M. aveva dato dell’imputato non corrispondeva a tratti somatici dello stesso, che non aveva nè capelli nè carnagione scura. Il Tribunale, secondo il ricorrente, non aveva considerato i dubbi sollevati dalla difesa sulla identificazione di G.A. effettuata dalla Polizia giudiziaria, la quale aveva redatto erroneamente un verbale di vane ricerche del predetto, nonostante lo stesso fosse stato sempre reperibile.

Dubbi sull’individuazione del responsabile dovevano desumersi anche dalla non corrispondenza del luogo di abitazione indicato dalla parte lesa, con riferimento alla persona che l’aveva ferita, e dal fatto che il nome A. – indicato dalla parte lesa e dal M. – non era affatto un nome inusuale e individualizzante. L’ordinanza impugnata non aveva affrontato le critiche mosse dalla difesa alla rubricazione del fatto in tentato omicidio, essendosi limitata ad affermare che si sarebbero resi necessari ulteriori accertamenti per una migliore ricostruzione della direzione dei colpi inferti.

Inoltre non aveva considerato che non vi era alcun pericolo di inquinamento delle prove o che il G. si rendesse irreperibile; la definizione di G. come soggetto violento e privo di freni inibitori, essendo il predetto del tutto incensurato, era solo frutto di un mero sospetto del Tribunale, che non si era basato su elementi certi e obiettivi.

Il Tribunale del Riesame, infine, aveva concesso gli arresti domiciliari al T., che secondo l’accusa aveva agito in concorso con G., trattenendo la parte lesa mentre il predetto la colpiva, ed era immotivata e ingiustificata la diversità di trattamento tra i predetti coimputati nello stesso delitto.
Motivi della decisione

Il quadro indiziario descritto nell’ordinanza impugnata a carico dell’indagato appare di indubbia gravità, in quanto una persona che ha assistito al fatto, e che appare estranea alla vicenda, non solo ha descritto il comportamento dell’imputato nella commissione del fatto ed ha riferito il nome dello stesso, ma a soli due giorni di distanza ha compiuto, con esito positivo, una ricognizione fotografica.

Il ricorrente ha contestato il giudizio del Tribunale del riesame con argomentazioni in fatto che non possono essere fatte valere in sede di legittimità, non rientrando nella competenza di questa Corte verificare se la descrizione dell’aggressore data da M.P. corrisponda o meno ai tratti somatici dell’indagato o se vi sia corrispondenza tra il luogo di abitazione indicato dalla parte lesa e quello effettivo dell’indagato.

Dalla motivazione dell’ordinanza impugnata si evince che l’indagato è andato incontro alla parte lesa dicendo che lo voleva uccidere e che subito dopo l’ha colpita con numerose coltellate; viene riportato anche il referto medico, attestante ferite da punta e taglio multiple per il corpo ed ematoma periorbitario destro con congiuntività emorragica.

Il Tribunale, sulla base dei suddetti elementi, ha ritenuto corretta la qualificazione di tentato omicidio, facendo riferimento al tipo di arma usata, alla molteplicità delle coltellate inferte e alla idoneità dell’azione rispetto allo scopo perseguito.

La motivazione della qualificazione giuridica del fatto appare adeguata e correttamente il Tribunale ha solo aggiunto che saranno necessari ulteriori accertamenti per una migliore ricostruzione della direzione dei colpi inferti. Anche con riguardo alle esigenze cautelari e alla scelta della misura la motivazione dell’ordinanza appare congrua, completa e immune da vizi logici, avendo desunto il pericolo di condotte recidivanti dalle modalità del fatto e dalla personalità violenta e particolarmente trasgressiva dell’indagato.

In questa sede, soprattutto, non è proponibile un paragone con il trattamento riservato ad un coindagato per lo stesso delitto.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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