Cons. Stato Sez. V, Sent., 04-03-2011, n. 1389 Lavoro e sicurezza sociale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli – Venezia Giulia con la sentenza n. 217 del 15 marzo 1999, nella resistenza dell’Agenzia Regionale del Lavoro e della Regione Friuli – Venezia Giulia, disattesa l’eccezione preliminare di inammissibilità, respingeva il ricorso proposto dalla società M.- I.M. s.r.l. per l’annullamento della deliberazione n. 65 del 24 luglio 1996 del Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia Regionale del Lavoro, recante la revoca del contributo regionale per interventi di politica attiva del lavoro, e della deliberazione n. 19 del 15 aprile 1993, contenente le norme regolamentari per l’erogazione dei predetti contributi regionali.

Secondo il predetto tribunale, infatti, l’amministrazione regionale, nell’ambito della sua autonomia regolamentare, poteva integrare la disciplina concernente l’applicazione delle proprie leggi, introducendo la previsione di incombenti da espletarsi entro termini decadenziali da parte degli interessati per beneficiare di determinati contributi, com’era avvenuto nel caso di specie, così che l’impugnato provvedimento di revoca era immune dai vizi sollevati, configurandosi come atto dovuto in applicazione proprio della norma regolamentare.

2. La M.- I.M. s.r.l. con rituale e tempestivo atto di appello ha chiesto la riforma di tale sentenza alla stregua di un unico articolato motivo di gravame, rubricato "Violazione di legge (art. 10 della legge regionale n. 32 del 7/8/1985) ed eccesso di potere per illogicità manifesta", con cui ha sostanzialmente riproposto le censure sollevate in primo grado, a suo avviso erroneamente apprezzate ed ingiustamente respinte dai primi giudici.

In sintesi, secondo l’appellante, avendo l’articolo 10 della legge regionale 7 agosto 1985, n. 32, già compiutamente disciplinato sia le condizioni di ammissione agli interventi finanziati in materia di politica attiva del lavoro, sia i presupposti per la loro revoca, all’Agenzia regionale del lavoro spettava solo una potestà regolamentare di mera esecuzione delle ricordate disposizioni legislative, con conseguente illegittimità della deliberazione del Consiglio di Amministrazione della predetta Agenzia n. 19 del 15 aprile 1993 (approvata con delibera della Giunta regionale n. 3239 del 15 giugno 1993), che aveva invece introdotto una nuova ipotesi di revoca del contributo, collegata ad un presupposto meramente formale, quale il mancato rispetto del termine di presentazione di una dichiarazione da parte della ditta beneficiaria; ciò del resto anche per la palese violazione dell’articolo 21 (e dai principi da esso desumibili) della legge regionale 28 agosto 1992, n. 29, secondo cui, quando non fossero già indicati i criteri e le modalità cui l’amministrazione regionale, gli enti regionali e gli entri strumentali dovevano attenersi per la concessione di sovvenzioni, sussidi, ausilii finanziari e vantaggi economici a soggetti non direttamente individuati dalla normativa medesimi, a tanto provvedevano con proprie deliberazioni la giunta regionale e i consigli di amministrazione degli enti, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge.

3. Hanno resistito al gravame l’Agenzia regionale per l’impiego e la Regione Friuli – Venezia Giulia.

4. All’udienza pubblica del 25 gennaio 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata introitata per la decisione.
Motivi della decisione

5. L’appello è infondato.

5.1. In punto di fatto occorre osservare che la legge regionale del Friuli – Venezia Giulia 7 agosto 1985, n. 32, intitolata "Interventi regionali di politica attiva del lavoro", dopo aver indicato espressamente all’articolo 1 le proprie finalità (consistenti nel contribuire all’elevazione professionale dei lavoratori e a rendere effettivo il diritto al lavoro), stabiliva all’articolo 2, rubricato "Programmazione degli interventi", che "…la politica attiva del lavoro si esplica mediante un programma triennale, articolato in progetti, con obiettivi prestabiliti e verificabili" (comma 1), chiarendo peraltro che detto programma era aggiornato annualmente, ricostituendone l’estensione triennale (comma 2) e precisando che all’interno dei progetti il programma specificava, tra l’altro, "le modalità di attuazione e gli strumenti di verifica dei progetti (comma 4, punto 4): il sesto comma dell’articolo in esame aggiungeva poi che il programma degli interventi, elaborato dall’Agenzia regionale del lavoro, era approvato con delibera della giunta regionale, su proposta dell’assessore al lavoro e all’assistenza sociale.

L’articolo 10 della legge in esame, rubricato "condizioni per l’ammissione ai benefici e revoche", disponeva poi testualmente al primo comma che "Gli incentivi previsti dalla presente legge non possono essere concessi alle imprese che, al momento della richiesta, abbiano in atto sospensioni dal lavoro ai sensi della legge 12 agosto 1977, n. 675, ovvero abbiano proceduto a riduzioni di personale nei dodici mesi precedenti, salvo che le assunzioni avvengano per l’acquisizione di professionalità diverse da quelle dei lavoratori interessati alle predette sospensioni e riduzioni", precisando al secondo comma che "l’erogazione viene interrotta nei casi in cui le imprese effettuino sospensioni o riduzioni di personale nel periodo in cui usufruiscono dei benefici medesimi, fatta salva la deroga prevista dal primo comma" e stabilendo infine, al comma 3, che "gli incentivi possono essere concessi anche nel caso di lavoratori che beneficino di provvidenze della Cassa integrazione guadagni ordinaria e speciale o di indennità di disoccupazione straordinaria, a condizione che detti lavoratori rinuncino alle provvidenze medesime e che di ciò sia data comunicazione all’INPS".

5.2. Il Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia regionale del lavoro nella seduta del 15 aprile 1993 con deliberazione n. 19 approvava il Programma triennale 1993 – 1995 di interventi regionali di politica attiva del lavoro.

In tale deliberazione, oltre alla indicazione delle "modalità di attuazione e verifica dei progetti" (punto 3), erano contenute, quanto al programma di intervento, le "Norme regolamentari comuni a tutti i progetti di intervento nell’area del lavoro dipendente" che, ai primi due capoversi del punto 6, stabilivano che "Gli incentivi previsti dai progetti per i vari interventi saranno corrisposti in due soluzioni alle seguenti scadenze: – la prima, pari al contributo maturato nel corso del primo anno di vigenza del rapporto di lavoro, decorsi dieci mesi dalla data di assunzione; – la seconda, pari al contributo maturato nel corso del secondo anno di vigenza del rapporto, decorsi ventiquattro mesi dalla data di assunzione. L’erogazione dei contributi avverrà previa presentazione di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, resa secondo lo schema indicato nei singoli progetti, che il beneficiario è tenuto a produrre entro i trenta giorni successivi alla conclusione del dodicesimo e del ventiquattresimo mese dalla data di assunzione", mentre al punto 12 indicava tre cause di revoca, quali il mancato assolvimento, da parte dell’impresa beneficiaria, degli oneri contributivi e fiscali relativi al lavoratore assunto ovvero il mancato rispetto, nei confronti del medesimo, dei CCNL e degli accordi interconfederali nel periodo contributivo concesso a partire dalla data di assunzione; la risoluzione del rapporto di lavoro oggetto del beneficio intervenuta nel periodo contributivo concesso, se non dovuta a dimissioni, decesso, risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, prepensionamento, pensionamento, licenziamento per giusta causa o giustificato motivo; la mancata presentazione ovvero presentazione fuori termine delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio di cui al punto 6) nonché i casi di cui al punto 4.

La Giunta regionale infine con la deliberazione n. 3239 del 15 giugno 1993 approvava, a sua volta, la ricordata deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia regionale del lavoro.

5.3. Ciò posto, la Sezione è dell’avviso che la sentenza impugnata non meriti le critiche che le sono state appuntate.

5.3.1. Sotto un primo profilo, occorre innanzitutto evidenziare che sulla scorta del tenore letterale degli articoli 1 e 2 della legge regionale 7 agosto 1985, n. 32, non può sostenersi che le disposizioni regolamentari contenute nel programma triennale abbiano (o quanto meno avrebbero dovuto avere) natura meramente esecutiva delle disposizioni legislative: ciò avrebbe presupposto infatti che queste ultime fossero di per sé già complete ed esaustive in ordine a tutti gli elementi delle fattispecie regolate, così da abbisognare di un mero strumento tecnico – applicativo.

Sennonché, la ricordata legge regionale ha un contenuto spiccatamente programmatico, indicando in linea generale gli obiettivi, le finalità, i criteri e gli strumenti, ritenuti indispensabili per un efficace azione di intervento nel campo del lavoro, rimettendo tuttavia all’Agenzia regionale del lavoro (appositamente istituita) non solo la concreta predisposizione degli interventi, ma anche la loro conseguente attuazione.

E’ sufficiente al riguardo osservare che proprio l’articolo 2 della predetta legge regionale, dopo aver affermato che la politica attiva del lavoro si esplica mediante un programma triennale, articolato in progetti, con obiettivi prestabiliti e verificabili, non solo chiarisce che, "secondo la tipologia ed i criteri previsiti dai successivi articoli, il programma definisce le priorità e la ripartizione dei finanziamenti per ciascuna progetto" (comma 3), per quanto delinea anche il contenuto del programma stesso che deve specificare (comma 4), oltre ai "riferimenti a leggi nazionali e regionali ed al Piano regionale di sviluppo" (n. 1), ai "riferimenti ai criteri di accessi al Fondo di rotazione istituito con la legge 21 dicembre 1978, n. 845, ad altri fondi nazionali ed ai fondi previsti dalle Comunità europee e, in particolare al Fondo sociale europeo" (n.2) e ai "presupposti, le motivazioni ed i contenuti degli interventi" (n. 3), anche "le modalità di attuazione e gli strumenti di verifica dei progetti" (n.4).

Non può pertanto negarsi che, proprio in ragione della peculiare natura e del delineato contenuto del programma triennale predisposto dall’Agenzia regionale del lavoro, approvato dalla Giunta regionale, potessero essere legittimamente introdotte norme regolamentari non necessariamente di natura meramente esecutiva della fonte legislativa, ma anche di natura attuativa, comportanti il completamento e la specificazione delle previsioni programmatiche contenute nella legge.

5.3.2. Sotto altro concorrente profilo, deve essere anche negato in radice che, quanto alla revoca dei benefici (configurati come misure di intervento nel campo del lavoro), il programma triennale predisposto dall’Agenzia regionale del lavoro e successivamente approvato dalla Giunta regionale, contenga comunque una disciplina non solo integrativa della fattispecie, ma addirittura derogatoria rispetto a quella prevista dalla legge.

Sul punto, infatti, occorre rilevare che sebbene l’articolo 10 della legge regionale in questione sia effettivamente rubricato "Condizione per l’ammissione ai suoi benefici e revoche", l’esame del relativo testo non regola alcuna ipotesi di revoca dei benefici, limitandosi invero a stabilire i presupposti per la loro concessione (commi 1 e 3) e l’ipotesi di interruzione dell’erogazione dei benefici (comma 2).

A ciò consegue che, non essendo stata disciplinata in concreto alcuna fattispecie di revoca dei benefici, benché astrattamente prevista, non solo non può esservi stata alcuna violazione della norma primaria da parte della fonte regolamentare, per quanto quest’ultima ben poteva autonomamente disciplinarla in sede di attuazione della legge e con lo specifico strumento da quest’ultima appositamente indicato (il programma triennale).

6. In conclusione l’appello deve essere respinto, potendosi tuttavia compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio, stante la risalenza della controversia e la peculiarità delle questioni trattate.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, sul ricorso in appello proposto dalla società M.- I.M. s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Friuli – Venezia Giulia n. 217 del 15 marzo 1999, lo respinge.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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