Cons. Stato Sez. V, Sent., 04-03-2011, n. 1382

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.Con la sentenza appellata i Giudici di primo grado hanno accolto il ricorso proposto dal Consorzio per il Parco Adda Sud avverso la deliberazione del Consiglio regionale della Lombardia del 15 dicembre 2004, n. 1131, di approvazione del piano cave della Provincia di Lodi, pubblicata sul B.U.R.L. del 15 febbraio 2005. Il Tribunale ha posto a fondamento della statuizione di accoglimento il rilievo del mancato acquisizione del parere del Consorzio di Gestione del Parco Adda Sud prescritto dalla legislazione regionale con riguardo all’inserimento, stabilito dall’amministrazione regionale in chiave di integrazione dell’originaria proposta provinciale, dell’ambito estrattivo ATEg12, ricadente nel Comune di Corte Palasio, comprendente l’area pertinenza dell’ Azienda Agricola Gendarini.

Va rammentato che la medesima delibera era stata impugnata dalla Provincia di Lodi con separato ricorso definito con sentenza di annullamento n. 422/2007 poi riformata dalla Sez. VI del Consiglio di Stato con decisione n. 6519 del 23 dicembre 2008, su tre appelli riuniti proposti rispettivamente dalla Regione Lombardia, dalla Gallotta s.p.a. e dall’Azienda Agricola Gendarini Mario.

Con gli epigrafati ricorsi la Regione Lombardia e l’Azienda Gendarini ed altri propongono appello contestando gli argomenti posti a fondamento del decisum di prime cure.

Resiste il Consorzio il Parco Adda Sud.

E’ altresì intervenuta, ad opponendum, la Provincia di Lodi.

Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

2. L’identità della sentenza appellata impone la riunione dei ricorsi in epigrafe specificati.

2.1. Non merita condivisione, in primo luogo, il motivo di appello con il quale la Regione Lombardia, nella sostanza, deduce che il Tribunale si sarebbe pronunciato accogliendo motivi già respinti dal Consiglio di Stato con la decisione n. 6519/2008. Dall’esame di detta ultima decisione si evince infatti, con chiarezza, che il Consiglio si è soffermato sul profilo della completezza dell’istruttoria e dell’adeguatezza della motivazione posta a sostegno del provvedimento gravato con riferimento precipuo al dato quantitativo del fabbisogno di inerti, senza soffermarsi sul profilo, toccato invece dalla sentenza in questa sede appellata, della mancata acquisizione del parere obbligatorio dell’ente parco sulle modifiche apportate al piano in sede di approvazione definitiva. Deve quindi ritenersi corretto l’iter motivazionale articolato dalla sentenza gravata, teso a sottolineare l’insussistenza di vincoli discendenti dal suddetto giudicato in ordine alla censura resa a stigmatizzare la mancata del parere dell’ente parco.

2.2. Sono infondate anche le censure con cui le parti appellanti contestano l’effettiva violazione dell’obbligo di acquisizione dell’apporto consultivo di che trattasi.

Va rammentato che il primo Giudice ha ritenuto integrata la dedotta violazione della disciplina dettata dall’art. 7, comma 4 della legge regionale 8 agosto 1998, n. 14, che stabilisce l’obbligo di acquisire parere degli enti di tutela delle aree protette nella procedura finalizzata all’approvazione del piano cave, norma da leggere in correlazione con art. 2, comma 7, dell’allegato c) alla D.G.R. 8 agosto 2003, n. 1406, che prevede la necessità del medesimo parere nella procedure di valutazione di incidenza ambientale.

La procedura di formazione e adozione della proposta di piano per le attività estrattive è disciplinata nel dettaglio dall’art. 7 della Legge Regionale Lombardia 8 agosto 1998, n. 14, il quale testualmente dispone: "1. I piani provinciali sono adottati dalle Province entro 2 anni dalla emanazione dei criteri di cui all’ art. 5; in caso di mancata proposta di un piano provinciale entro detto termine, la Giunta regionale si sostituisce alla Provincia adottando gli atti necessari. 2. Ai fini di cui al comma 1, allo scadere del termine predetto, la Provincia è comunque tenuta a trasmettere l’ eventuale documentazione già predisposta alla Giunta regionale. 3. La proposta di piano è depositata per un periodo di 60 giorni nella segreteria della Provincia; dell’ avvenuto deposito viene data comunicazione anche a mezzo stampa. In tale periodo i soggetti interessati a qualsiasi titolo possono presentare osservazioni. 4. La Provincia, entro 30 giorni dall’ avvenuto deposito, provvede a richiedere il parere dei Comuni interessati, dei Consorzi di bonifica per il territorio di competenza e dei soggetti competenti in materia di beni ambientali. Quando la proposta di piano prevede la possibilità di attività di cava in ambiti territoriali compresi nelle aree protette di cui all’ art. 1 della l.r. 86/83 e successive modificazioni ed integrazioni, la Provincia deve inoltre acquisire, sulla proposta depositata, il parere dell’ente gestore in ordine alla compatibilità della proposta con il regime di tutela dell’ area protetta. 5. I pareri di cui al comma 4 devono essere espressi entro 60 giorni dalla richiesta; decorso tale termine la Provincia può procedere indipendentemente dall’ acquisizione dei pareri. 6. Entro i successivi 60 giorni la proposta, motivata in ordine alle osservazioni ed ai pareri ricevuti, è adottata in via definitiva ed è trasmessa alla Giunta regionale con la relativa documentazione entro i successivi 30 giorni".

Il successivo art. 8, che disciplina l’approvazione dei piani, ai commi 1 e 2 prevede che "1. Entro 120 giorni dalla ricezione della proposta di piano provinciale, la Giunta regionale la esamina apportando, ove necessario, anche sulla base dei pareri e delle osservazioni pervenute, integrazioni e modifiche. 2. Scaduto il termine di cui al comma 1 la Giunta regionale, entro i successivi 30 giorni, trasmette la proposta di piano al Consiglio regionale, che la approva entro i successivi 60 giorni".

Sulla scorta di tale quadro normativo non è revocabile in dubbio che, ai fini della definizione della procedura di approvazione del piano, fosse necessario acquisire il parere dell’ente gestore dell’area protetta, nel caso di specie individuabile nel Consorzio per il Parco Adda Sud.

E’ parimenti condivisibile l’affermazione del Primo Giudice secondo cui, nonostante il riferimento testuale della norma regionale alla necessità di tale parere con riguardo alla proposta provinciale, l’intervento dell’organo consultivo debba essere sollecitato anche per le nuove aree che, in sede di approvazione regionale, siano aggiunte ad integrazione dell’originario perimetro tracciato dalla proposta provinciale. Una diversa opzione ermeneutica condurrebbe all’illogico risultato di consentire la pretermissione del parere dell’ente di protezione per il solo fatto, totalmente neutro ed estraneo alle esigenze di tutela perseguita dalla disciplina in parola, che l’inclusione dell’area sensibile sia stata stabilita in seno alla proposta inoltrata dalla Provincia o in un segmento procedimentale successivo (conf. Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2008, n. 2743)..

Si deve quindi convenire con il Primo Giudice che, sulla proposta di inserimento dell’ATEg12, in cui ricade l’Azienda Agricola Gendarini, nel Piano delle attività estrattive della Provincia di Lodi, la Regione avrebbe dovuto, se non rimettere gli atti alla Provincia, una volta disposto l’inserimento nel Piano dell’ATEg12, quanto meno chiedere espressamente il parere del Consorzio ricorrente pur con la precisazione di poter, comunque, deliberare ove lo stesso non fosse stato reso nel prescritto termine di 60 giorni.

Si deve infine escludere, a confutazione degli argomenti svolti da entrambe le parti appellanti, che detto parere sia stato effettivamente reso anche con riguardo al ricordato ATEg12 in cui insiste l’Azienda Agricola Gendarini,.

Si deve infatti osservare che se è vero che la richiesta e lo studio d’incidenza dell’Azienda Agricola Gendarini Mario sono pervenuti alla Regione il 7 aprile 2004 e il parere sul Piano provinciale è stato chiesto al Parco il 4 maggio successivo, non vi è alcun elemento probatorio dal quale sia dato evincere che al Consorzio sia stato sollecitato il parere anche con riferimento alla suddetta area e che il Consorzio abbia di conseguenza reso il parere.

Sul piano strettamente letterale, la nota n. 10586 del 4 maggio 2004, di richiesta del parere, ai sensi della D.G.R. 8 agosto 2003, art. 2, comma 7 si riferisce al " piano cave adottato dalla Provincia di Lodi", che pacificamente non comprendeva l’area di proprietà Gendarini, e tanto proprio a causa dell’ opposizione all’uopo manifestata dalla Provincia nel corso della procedura. Va soggiunto che il parere del successivo 21 maggio si riferisce, con esito sfavorevole, anche allo studio di incidenza ambientale relativo agli ambiti estrattivi R1 e ATE G3, che interessano rispettivamente i PSIC Lanca di Soltarico e Adda Morta di Castiglione, ma non menziona l’ATE G12. Risulta quindi confermato che il Consorzio è stato investito dello studio di incidenza ambientale redatto dalla Provincia di Lodi con riferimento al contenuto della proposta originaria con l’estensione ad altre aree sopravvenute tra le quali non è compreso l’ambito oggetto del giudizio.

L’assunto letterale è suffragato dall’argomento logicosistematico che con il suddetto parere, pervenuto il 21 maggio 2004, il Consorzio si è espresso in senso sfavorevole all’inserimento nel piano di un’altra area dalle caratteristiche topografiche e geomorfologiche simili a quelle dell’area Gendarini (ambito estrattivo R1 che interessa il pSIC Lanca di Soltarico). Anche a volere accedere, in linea di ipotesi, all’assunto sostenuto dalle parti appellanti circa l’eterogeneità dell’ambito R1 rispetto all’ambito di che trattasi, si deve in ogni caso ritenere poco plausibile che il Consorzio possa essersi espresso in modo implicitamente favorevole all’inclusione di un’area sulla quale erano sorte divergenze e tra la Provincia e la Regione, senza soffermarsi sulle problematiche emerse nel corso del procedimento e, soprattutto, senza sciogliere, expressis verbis, la questione della compatibilità dell’opzione abbracciata con la disciplina del piano territoriale di coordinamento.

Proprio con riguardo a tale ultimo aspetto, va condivisa l’osservazione svolta dal Tribunale in ordine all’incidenza sostanziale della riscontrata lacuna procedimentale, che ha impedito al Consorzio di pronunciarsi sulla questione della compatibilità dell’inserimento del piano cave dell’ATEg12 con l’ art. 26, comma 4, delle N.T.A. del Piano Territoriale di Coordinamento del Parco Naturale dell’Adda Sud, approvato con L.R. 20 agosto 1994, n. 22, laddove stabilisce che nella Zona golenale agricolo forestale, in cui ricade l’Azienda Agricola Gendarini, "è vietato…aprire o coltivare cave o attivare discariche…".

3. Le considerazioni svolte confermano la sussistenza dell’omissione procedimentale colta dal primo Giudice e impongono la reiezione dell’appello.

Le spese seguono la soccombenza nei sensi in dispositivo specificati.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li respinge.

l "appello e, per l’effetto, condanna le parti appellanti, in solido, al pagamento, in favore del Consorzio appellato, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida nella misura di euro 5.000//00 (cinquemila//00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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