Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-02-2011) 08-03-2011, n. 9089 Sentenze e decreti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 16 ottobre 2008, depositata in cancelleria il 14 ottobre 2009, la Corte di Appello di Bari, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di D.M. volta a ottenere, per gli effetti del comma ottavo dell’art. 669 c.p.p., il riconoscimento di duplicazione per il medesimo fatto tra il giudicato di assoluzione (di cui alla sentenza del Tribunale di Bari 15 aprile 2003, passata in cosa giudicata in data 30 marzo 2004 che aveva assolto il D. per il reato di cui all’art. 570 c.p.) e il giudicato della condanna della Corte di Appello di Bari 23 gennaio 2001 (definitiva il 27 febbraio 2007 che invece aveva condannato il prefato per lo stesso reato commesso però, almeno in parte, in un diverso periodo) di cui all’ordine di esecuzione emesso in data 26 marzo 2010 dalla Procura della Repubblica di Ferrara.

Il giudice peraltro chiariva che nel giudizio esitato nella pronuncia assolutoria la sentenza faceva riferimento a somme non versate dal D. alla moglie B. a titolo assistenziale nel periodo che dal 1994 andava sino al 1998 mentre il secondo giudizio afferiva a violazioni attinenti al periodo dal 6 gennaio 2000. In questo secondo procedimento l’odierno ricorrente avanzava la questione attinente alla parziale sovrapposizione dei periodi di contestazione che, dopo una duplice reiezione sul punto da parte del primo e del secondo giudice (il quale nel merito condannava il D. per il reato di cui all’art. 570 c.p.), trovava accoglimento nella decisione della Corte di Cassazione che riteneva l’eccezione di giudicato parzialmente fondata conseguendone, da un lato, l’annullamento senza rinvio, ai sensi dell’art. 649 c.p.p., della sentenza impugnata per il periodo antecedente al 14 marzo 1998 e, dall’altra, l’annullamento con rinvio per il periodo successivo.

In sede di rinvio il giudice della cognizione, affrontata esplicitamente la questione ex art. 649, riteneva che, giusto il decisum della Corte di legittimità, il periodo da prendere in considerazione (in relazione alla sentenza della Corte di Appello di Bari) era quello successivo al 14 marzo 1998, mentre la cessazione del reato si era verificato, trattandosi di contestazione aperta, alla data della sentenza di primo grado (12 luglio 2001). Ne conseguiva che la doglianza già esaminata dal giudice del merito non poteva essere riproposta in fase esecutiva.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione il D. chiedendone l’annullamento per mancanza di motivazione, violazione dell’art. 665 c.p.p., comma 1 e art. 669 c.p.p., comma 8.

Innanzitutto veniva rilevato che competente a decidere sarebbe dovuto essere il giudice che aveva deliberato il provvedimento assolutorio e non altri. Inoltre il giudice avrebbe dovuto esaminare la questione ex art. 669 c.p.p. ancorchè quello della cognizione avesse già esaminato la questione di improcedibilità.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

3.1 – Occorre per vero richiamare preliminarmente sul punto il principio proprio della preclusione di una questione già esaminata, tanto più che il rilievo avanzato dal ricorrente involge valutazioni di merito, quale il vaglio della decorrenza del periodo posto in contestazione dal Pubblico Ministero, che solo poteva essere oggetto di scrutinio da parte del giudice della cognizione, così come è stato dallo stesso puntualmente affrontato in modo approfondito e analitico. Le valutazioni già espresse hanno esaurito sulla questione la materia da esaminare perchè su di essere è sceso il vincolo del giudicato.

Peraltro è appena il caso di rilevare che, nel riproporre la medesima censura, il ricorrente non avanza comunque alcun ulteriore e diverso elemento rispetto alle problematiche già esaminate dal giudice di merito, richiamando per vero mere presunzioni di calcolo del tutto avversate dalle carte processuali come in modo esaustivo riportato nell’ordinanza gravatà. 3.2. – Del tutto privo di fondamento è altresì la censura che attiene a una pretesa incompetenza del giudice della Corte di Appello di Bari, posto che, si rileva, avrebbe dovuto decidere semmai il giudice che aveva pronunciato l’assoluzione (Tribunale di Bari).

E’ evidente infatti che, in tanto si può parlare di problematiche attinenti alla esecuzione, in quanto vi sia stato una sentenza di condanna sicchè, sia che si applichi l’art. 665 c.p.p., comma 1 (secondo cui competente a conoscere dell’esecuzione del provvedimento è il giudice che lo ha deliberato) sia che si applichi il comma 4 del medesimo articolo (secondo cui la competenza a decidere sull’incidente di esecuzione, nell’ipotesi di una pluralità di provvedimenti emessi da giudici diversi, appartiene al giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo) è pur sempre al giudice della condanna che occorre far riferimento non avendo alcuna competenza in fase esecutiva il giudice dell’assoluzione.

4. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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