Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-02-2011) 08-03-2011, n. 9077 Trattamento penitenziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 17 novembre 2009, depositata in cancelleria il 24 novembre 2010, il Tribunale di Sorveglianza di Venezia dichiarava inammissibile le istanze avanzate nell’interesse di S.N. volte a ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale ( L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47) o la detenzione domiciliare ( L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter, comma 1 bis).

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione S.N. chiedendone l’annullamento per inosservanza ed erronea applicazione delle norme processuali in relazione alla L. 26 luglio 1975, n. 354, artt. 47 e 58. Il Tribunale di Sorveglianza aveva per vero dichiarato la inammissibilità delle avanzate istanze sulla semplice constatazione dell’intervenuta sentenza di condanna per il reato di evasione commesso nel triennio precedente alla decisione e ciò senza svolgere alcun approfondito esame in ordine alla personalità del condannato, sulla sua effettiva pericolosità sociale e sulla verifica delle condizioni richieste per la concessione del beneficio richiesto.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Venezia.

3.1 – La L. n. 354 del 1975, art. 58-quater, come modificato dalla L. n. 251 del 2005, art. 7, prevede il divieto di concessione dei benefici ivi indicati nell’ipotesi in cui il richiedente (il condannato) "sia stato riconosciuto colpevole" di una condotta punibile ai sensi dell’art. 385 c.p. (ovverosia di evasione o dei reati assimilati). La nuova formulazione, sostituendo la precedente ("che ha posto in essere una condotta punibile ai sensi") sulla quale esisteva contrasto interpretativo, è indicativa delle volontà del legislatore di non consentire efficacia ostativa a condotte punibili a norma dell’art. 385 c.p., ove non accertate con sentenza definitiva di condanna (cfr., seppur in forma di obiter, Sez. 1 9 maggio 2007, n. 28685, non massimata) giacchè vige nell’ordinamento, in applicazione del principio fissato dall’art. 27 Cost., comma 2, la regola che nessuno può ritenersi riconosciuto (ovvero considerato) colpevole sino alla condanna definitiva.

3.2 – Questa Corte, ha più volte affermato (Cass., Sez. 1, 22 ottobre 2009, n. 41956, rv. 245078, P.G. in proc. Bello; Sez. 1, 28 maggio 2009, n. 22368, rv. 244130) anche in base a una attenta interpretazione della L. n. 251 del 2005, art 7, comma sesto, che ha novellato la L. n. 354 del 1975, art. 58 quater, comma 1 e successive modifiche (ed. legge di ordinamento penitenziario) rispettosa delle considerazioni svolte dalla Corte Costituzionale in argomento, il principio di diritto secondo cui "la condanna per il delitto di evasione non è automaticamente preclusiva della possibilità di concessione di benefici penitenziari …, dovendo il giudice impegnarsi nell’esame approfondito della personalità del condannato e sulla sua effettiva, perdurante, pericolosità sociale, oltre che sulla verifica della sussistenza di tutte le condizioni richieste per la concessione del beneficio". In particolare, va osservato che dalle più recenti decisioni della Consulta emerge una trama interpretativa unitaria, in base alla quale l’automatica preclusione dell’accesso ai benefici penitenziari in ragione di una scelta generai – preventiva si porrebbe in evidente contrasto con la finalità rieducativa della pena e vanificherebbe i principi di proporzione e di individualizzazione della stessa che caratterizzano il trattamento penitenziario.

Principi generali, questi, recepiti anche in due recenti decisioni delle Sezioni Unite (Sez. Un. 28 marzo 2006, Alloussi; Sez. Un. 30 maggio 2006, Aloi), sicchè deve ritenersi che l’ammissione a una misura alternativa alla detenzione in carcere (nel caso di specie, l’affidamento in prova e la detenzione domiciliare) di un soggetto nei cui confronti sia intervenuta affermazione di penale responsabilità per il delitto di evasione non possa essere automaticamente preclusa, senza limiti di tempo, dalla intervenuta condanna, a prescindere da qualsiasi altra valutazione in ordine, in generale, all’avvenuta realizzazione di tutte le condizioni per usufruire del beneficio richieste dalla legge e, in particolare, in merito alla personalità del condannato e alla sua effettiva pericolosità sociale residuale.

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 c.p.p. come da dispositivo.
P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Venezia.

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