Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-02-2011) 08-03-2011, n. 9068 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza deliberata in data 16 marzo 2010, depositata in cancelleria il 18 marzo 2010, la Corte di Appello di Palermo, confermava la sentenza 4 febbraio 2008 del Tribunale di Termini Imerese che aveva dichiarato M.G. responsabile del reato di detenzione, presso la propria abitazione, di numero nove cartucce cal. 38 special assemblate con proiettili ad espansione da considerare munizionamento per armi da guerra, condannandolo alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 300,00 di multa.

1.1. – Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata M.G., nel corso di una perquisizione domiciliare effettuata dopo l’arresto del boss mafioso B.P., latitante, colà ospitato e nascosto dal prefato, venivano dalle forze dell’ordine rinvenute nella camera da letto le nove munizioni in questione.

2. – Avverso tale decisione, tramite il proprio difensore avv. Franco Carmelo, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione M. G. chiedendone l’annullamento per i seguenti profili:

a) violazione dell’art. 697 c.p. e art. 162 bis c.p., e vizio motivazionale, con riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e); era erronea la conclusione del giudice di merito secondo cui le munizioni sequestrate, essendo vietate per le armi comune da sparo, dovevano definirsi per ciò stesse per armi da guerra, trattandosi di forzatura logica e normativa: il consulente di parte aveva infatti concluso, per contro, che trattavasi di munizionamento per armi comune da sparo posto che è munizionamento da guerra quella di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 1, comma 3 vale a dire quello destinato al caricamento delle armi da guerra. La sola analisi della potenzialità lesiva, come ha fatto la Corte territoriale, non poteva ritenersi sufficiente a farla ritenere da guerra. b) violazione della L. 895 del 1967, art. 5 e vizio motivazionale, con riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e); veniva censurato il fatto che la Corte territoriale avesse fatto riferimento, per il diniego dell’attenuante in parola, a fatti concernenti un diverso procedimento (quello relativo al P.) non tenendo invece conto che si trattava della detenzione di sole nove cartucce destinate peraltro a un’arma regolarmente denunciata, nè ricorreva alcuna delle circostanze che la giurisprudenza ha riconosciuto come ostative alla concessione dell’attenuante in parola come la destinazione o l’impiego delle munizioni per fini illeciti.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

3.1 – Il primo motivo di ricorso (violazione dell’art. 697 c.p. e art. 162 bis c.p., e vizio motivazionale) non è fondato e deve essere respinto.

3.1.1. – Il criterio adottato dal legislatore per stabilire se determinate munizioni siano da considerarsi per armi da guerra (quelle cioè che per la loro spiccata potenzialità offensiva sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere) o per armi comuni da sparo, è quello indicato dal complesso delle disposizioni della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 1, comma 3, secondo cui sono munizioni da guerra quelle destinate al caricamento delle armi da guerra, nonchè dall’art. 2, comma 4, della stessa Legge, in virtù del quale non possono essere munizioni per armi comuni da sparo quelle costituite con pallottole a nucleo perforante o aventi le altre caratteristiche di particolare capacità offensiva indicate nel predetto articolo (in tal senso si veda, Cass., Sez. 1, 9 dicembre 1999, n. 14617, Genovese, rv. 216108) e, per altro verso, che in linea con tali consolidati principi questa Corte ha già avuto modo di precisare che "le pallottole ad espansione, per la loro potenzialità offensiva, sono munizioni da guerra, giacchè la L. n. 110 del 1975, art. 2 vieta che tali munizioni possano essere destinate ad armi comuni da sparo" (così Cass., Sez. 1, 21 febbraio 2008, n. 22655, Martini, rv. 240401, Sez. 1, 7 aprile 2004, n. 21611, Tuccimei, rv. 228210).

Attesa la incontestata potenzialità offensiva di tali munizioni, poco rileva, ai fini della configurabilità della fattispecie, che l’uso bellico delle stesse risulti formalmente inibito dalla Convenzione dell’Aja che vieta l’impiego bellico delle munizioni ad espansione. Le argomentazioni del giudice di merito sono dunque pertinenti e congrue sot-traendosi a qualsivoglia censura di legittimità. 3.1.2. – Le argomentazioni espresse dal ricorrente in gravame sono dunque del tutto infondate. Il principio testè espresso pone il punto di scrimine non sul fatto che le munizioni in questione abbia un calibro che possa essere utilizzato anche in armi comuni da sparo, bensì sull’asseverazione della loro qualità che li pone, per la forza dirompente e per l’accresciuta micidialità, nel catalogo delle munizioni da guerra giusta la loro destinabilità a fini bellici (ancorchè questo possa o debba non accadere in forza delle convenzioni internazionali vigenti).

3.2 – Anche il secondo motivo di gravame (violazione della L. n. 895 del 1967, art. 5 e vizio motivazionale) è privo di pregio e va rigettato.

3.2.1. – Le motivazioni sviluppate dal giudice di merito in termini di diniego dell’attenuante in parola si palesano esaustive e immuni da vizi logici e giuridici. Corretto in particolare è il rinvio al contesto di detenzione del munizionamento in parola, posto che se è vero che il M. aveva la disponibilità delle cartucce per una pistola legalmente detenuta (peraltro in numero superiore a caricare l’intero tamburo dell’arma) tale disponibilità non poteva non essere posta in correlazione al tipo di attività illecita espletata al momento dell’intervento delle forze dell’ordine, che era quella di dar rifugio a un pericoloso latitante. La circostanza che il reato di favoreggiamento abbia poi costituito oggetto di diverso procedimento è qui del tutto irrilevante posto che il giudice ha tratto le sue valutazioni dal contesto fattuale e circostanziale ricavabile anche solo dall’atto di sequestro del munizionamento in parola e dunque da un documento pienamente utilizzabile nel presente giudizio.

4. – Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *