Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-01-2011) 08-03-2011, n. 9075

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Torino, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., con ordinanza del 30 luglio-12 agosto 2010, ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cuneo, con provvedimento del 6 luglio 2010, nei confronti di K.R., G.G. e Ge.Ko., cittadini (OMISSIS) sottoposti ad indagini per i delitti di concorso in tentato omicidio del connazionale P. B., aggravato dalla premeditazione, e concorso nella detenzione e porto abusivi di una pistola calibro 7,65, arma comune da sparo utilizzata per commettere il primo reato, in (OMISSIS), con la recidiva specifica e infraquinquennale per il K., e la recidiva semplice per il Ge..

1.1. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, a carico degli indagati, sulla base dei seguenti elementi: precedente litigio tra il K. e il P., culminato nel tiro di una bottiglia vuota di birra sulla testa del primo da parte del secondo; dopo alcuni giorni, convocazione del P. da parte del K. per un chiarimento, all’esterno del bar (OMISSIS), in una via del centro di (OMISSIS); arrivo sul posto del K., nel tardo pomeriggio del (OMISSIS), alla guida della sua Mercedes fuori strada, insieme al cognato, G.G., come ammesso dagli stessi indagati; esplosione di un colpo di arma da fuoco da parte di uno dei trasportati sul sedile posteriore, il quale, sceso dall’autovettura, aveva sparato un colpo all’indirizzo del P., attingendolo all’avambraccio sinistro, sebbene il K. gli avesse intimato, al momento in cui aveva puntato l’arma contro l’antagonista, di non farlo, gridandogli: "Non sparare", come riferito dallo stesso P.; presenza, a bordo della Mercedes guidata dal K., di una o due persone, oltre al cognato G., e identificazione della terza persona in Ge.Ko., amico dei primi due, sulla base della sua individuazione fotografica come autore dello sparo da parte della vittima, e della circostanza (emersa dall’esame dei tabulati telefonici) che il cellulare nella disponibilità del Ge. aveva attivato, nel giorno del fatto, la stessa cella, in (OMISSIS), dei cellulari in uso agli altri indagati, nonostante le diverse residenze degli stessi in (OMISSIS) (il K.) e in (OMISSIS) (il G. e il Ge.).

1.2. Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale ha ritenuto sussistenti sia le ragioni di cautela probatoria per la necessità di proteggere da possibili interferenze, tenuto conto del comportamento omertoso e reticente degli indagati, gli accertamenti diretti al reperimento dell’arma e all’identificazione del quarto uomo, avendo il dipendente di un bar sito nei pressi del luogo del delitto, B.K., persona totalmente indifferente ai fatti e perciò attendibile, riferito la presenza di quattro persone a bordo dell’autovettura del K.; sia le ragioni di cautela sociale, per l’elevata pericolosità degli autori del fatto, i quali avevano utilizzato un’arma da sparo in pieno centro cittadino e in un’ora di intensa frequentazione, contrastabile solo con l’applicazione della misura della custodia in carcere, non potendosi fare affidamento sulla volontaria osservanza degli obblighi e delle prescrizioni inerenti a misure cautelari più blande.

2. Avverso la predetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il comune difensore, tutti e tre gli indagati, deducendo l’inosservanza dell’art. 273 c.p.p., comma 1, e art. 274 c.p.p., lett. a) e c), e la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione sia in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sia in ordine alle ravvisate esigenze cautelari.

2.1. Sul piano della gravità indiziaria il ricorrente distingue le posizioni dei tre indagati: riguardo al K., osserva che il Tribunale, pur riconoscendo come provata (essendo stata riferita dalla stessa persona offesa) la circostanza che l’indagato ebbe ad intimare alla persona armata di pistola di "non sparare", apoditticamente postula che il K., come organizzatore della spedizione punitiva nei confronti del P., non potesse non essere a conoscenza della presenza dell’arma, donde la sua probabile responsabilità quanto meno ai sensi dell’art. 116 cod. pen., giacchè era del tutto prevedibile che, portando sul posto una pistola, qualcuno potesse usarla contro l’antagonista. Senonchè proprio quest’ultimo postulato sarebbe indimostrato, non essendo sorretto da alcuna risultanza investigativa e risultando, addirittura, contraddetto dal "grido accorato" del K. di "non sparare", che, secondo il ricorrente, sarebbe indice di "sgomenta sorpresa per l’iniziativa isolata, autonoma, assolutamente imprevista ed imprevedibile", assunta da un presunto membro del suo gruppo.

Riguardo al Ge., la contestazione dei gravi indizi di colpevolezza muove dall’incerta individuazione dello stesso come accompagnatore del K. e autore dello sparo, operata dal P., il quale, nell’Immediatezza del fatto, il (OMISSIS), non ebbe a riconoscerlo nell’album fotografico mostratogli, individuandolo, invece, sempre in fotografia, il successivo (OMISSIS).

Il Tribunale, contro ogni logica e regola processuale, avrebbe erroneamente ritenuto irrilevante la predetta discrasia e si sarebbe limitato a valorizzare la localizzazione del telefono cellulare del Ge. nella stessa zona in cui si trovavano, nell’ora del fatto, i cellulari del K. e del G., apoditticamente liquidando come inverosimile la versione del precedente smarrimento del telefono appartenente al Ge. sull’autovettura del K., sostenuta da tutti e tre gli indagati, con discrasie interne ben più lievi rispetto a quelle che investirebbero la prospettazione accusatoria.

Riguardo al G., infine, il Tribunale non avrebbe speso una sola parola per motivarne l’asserito concorso nel reato: in particolare, non essendo l’indagato l’autore materiale dello sparo e non avendo alcuna autonoma ragione di astio nei confronti della vittima, non residuerebbe a suo carico se non la sola presenza fisica sul luogo del fatto (immediatamente ammessa), che, ad avviso del ricorrente, non supera la soglia, penalmente irrilevante, della mera connivenza.

2.2. Quanto alle esigenze cautelari, premesso che quelle probatorie non possono desumersi dal comportamento erroneamente definito dal Tribunale come "omertoso e reticente degli indagati", sia perchè gli stessi non si sono avvalsi della facoltà di non rispondere ma si sono limitati a negare l’addebito loro mosso, sia perchè il diritto inviolabile della difesa postula che nessuna connotazione negativa possa ricavarsi dal suo legittimo esercizio anche col silenzio da parte di chi sia accusato di un reato, il ricorrente rileva che esse avrebbero dovuto essere valutate, per tutti gli indagati, con riguardo alla meno grave ipotesi criminosa di lesioni volontarie aggravate, difettando i requisiti dell’idoneità e univocità omicidiaria, in considerazione dell’unicità del colpo esploso e della parte del corpo attinta, da ritenersi non casuali in considerazione della distanza ravvicinata tra lo sparatore e la vittima, e della possibilità di rimediare all’eventuale errore di mira facendo nuovamente fuoco.

Sottolinea, inoltre, il ricorrente lo stato di incensuratezza del G. e la modestia e risalenza nel tempo dei precedenti penali degli altri indagati, che, insieme alle modalità del fatto loro ascritto, non denoterebbero elevata capacità a delinquere, rimarcando l’insussistenza di entrambe le esigenze cautelari ravvisate dal Tribunale.

Per tutti i motivi, come sopra esposti, il difensore chiede, dunque, l’annullamento dell’impugnata ordinanza con l’adozione dei consequenziali provvedimenti.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è parzialmente fondato con riguardo ai ritenuti gravi indizi di colpevolezza, a carico del K. e del G., di concorso nel delitto di tentato omicidio di P.B..

Va premesso che sussiste la responsabilità a titolo di concorso anomalo, ex art. 116 cod. pen., in ordine al reato più grave e diverso da quello voluto qualora vi sia la volontà di partecipare con altri alla realizzazione di un determinato fatto criminoso ed esista un nesso causale nonchè psicologico tra la condotta del soggetto che ha voluto solo il reato meno grave e l’evento diverso, nel senso che quest’ultimo deve essere oggetto di possibile rappresentazione in quanto logico sviluppo, secondo l’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, di quello concordato, senza peraltro che l’agente abbia effettivamente previsto ed accettato il relativo rischio, poichè in tal caso ricorrerebbe l’ipotesi di concorso ex art. 110 cod. pen.; inoltre, la prognosi postuma sulla prevedibilità del diverso reato commesso dal concorrente va effettuata in concreto, valutando la personalità dell’imputato e le circostanze ambientali nelle quali si è svolta l’azione (c.f.r., in termini, sez. 5, n. 39339 del 08/07/2009 dep. 09/10/2009, rv.

245152).

L’ordinanza impugnata registra il dato probatorio, emerso dalle dichiarazioni del K. e della stessa persona offesa, circa l’intimazione del primo alla persona del suo gruppo, identificata nel Ge., di "non sparare" al P., e, tuttavia, ravvisa nella condotta del K. gli estremi del concorso anomalo nel delitto di tentato omicidio, poichè, trattandosi di un’aggressione armata e premeditata di cui il K. era il promotore-organizzatore e gli altri suoi coadiuvanti, "era del tutto prevedibile che, portando sul posto una pistola, qualcuno potesse usarla contro la vittima da punire" (così, testualmente, l’ordinanza a pagina 4).

Con la predetta motivazione il Tribunale distrettuale avalla la sussistenza del dolo eventuale nella condotta del K. con riguardo al tentativo di omicidio del P., in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte che ritiene incompatibile il dolo eventuale con il delitto tentato (c.f.r., tra le più recenti, sez. 1, n. 25114 del 31/03/2010, dep. 02/07/2010, rv.

247707), e, soprattutto, omette di verificare, alla luce dell’accertata intimazione del K. al correo di non sparare, la sussistenza di un nesso causale oltre che psicologico tra la condotta del K. e del G. e l’evento diverso – ferimento del P. – cagionato dallo sparo materialmente contestato al Ge..

Si impone, dunque, previo parziale annullamento dell’ordinanza impugnata sul ritenuto concorso anomalo nel tentativo di omicidio, il rinvio degli atti al Tribunale di Torino, come sopra costituito, per nuovo esame della gravità degli indizi limitatamente al ritenuto concorso del K. e del G. nel contestato delitto di tentato omicidio, tenendo conto della rilevata necessità di accertare, nella fattispecie, il rapporto di causalità materiale e psicologica tra il più grave reato commesso e quello voluto dai pretesi concorrenti.

La valutazione delle esigenze cautelari resta assorbita ma non preclusa, limitatamente alle posizioni del K. e del G., dal disposto annullamento parziale in punto a gravi indizi di colpevolezza degli stessi prevenuti con riguardo al delitto finora esaminato.

In merito all’altro reato di concorso degli indagati nella detenzione e porto illegali di una pistola calibro 7,65 in occasione della spedizione punitiva nei confronti del P., non sono mosse specifiche doglianze sulla ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma solo in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.

Quest’ultime, tuttavia, sono adeguatamente motivate sia con riguardo alla cautela probatoria, non essendo stata ancora rinvenuta l’arma impiegata nello sparo; sia con riguardo alla pericolosità sociale di entrambi i prevenuti qui scrutinati, K. e G., nonostante l’incensuratezza solo di quest’ultimo, considerata la gravità del fatto provvisoriamente contestato, per avere gli indagati partecipato ad un’aggressione armata e organizzata di quattro persone contro una sola, in pieno centro cittadino e in un’ora di intensa frequentazione, sussistendo il concreto pericolo di commissione di gravi delitti con uso di armi ovvero di delitti della stessa specie di quello per cui si procede.

4. Passando alla posizione del Ge., ritiene la Corte che non siano fondate le censure di vizio della motivazione sui gravi indizi di colpevolezza per il delitto di tentato omicidio, sia con riguardo al profilo probatorio generico, poichè il pur unico sparo che colpì l’avambraccio sinistro della vittima era suscettibile di produrre, alternativamente, il grave ferimento della stessa ovvero la sua morte per trapasso del proiettile in organi vitali; sia con riguardo al profilo probatorio specifico, considerata l’individuazione fotografica dello sparatore nel Ge. da parte del P., seppure preceduta da un primo non riconoscimento dello stesso indagato in album fotografico, e apprezzata, soprattutto, l’accertata presenza del cellulare del Ge. a bordo dell’autovettura del K. nel giorno e nell’ora dell’agguato, inverosimilmente giustificata dall’indagato col precedente smarrimento del suo telefonino nell’abitacolo del veicolo dell’amico, circostanza, quest’ultima, confermata dal K. e dal G. non senza incorrere nelle contraddizioni puntualmente rilevate dal Tribunale nel provvedimento impugnato.

Quanto alla pur contestata ricorrenza delle esigenze cautelari, valgono nei confronti del Ge. le stesse osservazioni prima svolte con riguardo alle posizioni degli altri indagati, nel suo caso rafforzate dalla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza anche del delitto di tentato omicidio del P..

Segue il rigetto del ricorso proposto dal Ge. e la sua condanna al pagamento delle spese processuali.

Atteso lo stato di custodia cautelare in carcere dei ricorrenti, la cancelleria provvedere alle comunicazioni previste dall’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’imputazione di tentato omicidio nei confronti di K.R. e G.G. e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Torino.

Rigetta il ricorso proposto da Ge.Ko., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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