Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-01-2011) 08-03-2011, n. 9073

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., con ordinanza del 12-13 aprile 2010, ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con provvedimento del 20-22 febbraio 2010, nei confronti di M.B., sottoposto ad indagini per il delitto di omicidio volontario di P. F., in concorso con A.P.A. (agli arresti domiciliari per il medesimo fatto essendo nato nel (OMISSIS) e, quindi, ultrasettantenne) e C.B.A. (nei riguardi del quale non è stata emessa misura coercitiva per ritenuta non gravità del quadro indiziario a suo carico).

Secondo la contestazione, l’ A., allo scopo di riprendere la sua relazione sentimentale con Pa.Ma.Ma., al tempo del fatto convivente col P., relazione iniziata durante la detenzione di quest’ultimo e interrotta, per volontà della donna, riavvicinatasi al P., quando quest’ultimo aveva terminato di espiare la pena, decideva di sopprimere il rivale, incaricando del delitto, tramite l’intimo amico, C.B.A., il cognato di quest’ultimo, M.B., cittadino (OMISSIS), il quale, nella sera del (OMISSIS), aveva atteso il P. nei pressi della sua abitazione e aveva esploso contro di lui almeno due colpi di arma da fuoco con una pistola calibro 7,65 provocandone la morte immediata.

1.1. Il Tribunale ha ritenuto la contestazione cautelare suffragata da gravi indizi di colpevolezza sulla base della causale dell’omicidio, individuata nella passione amorosa dell’ A. nei riguardi della Pa. e nell’ostinato obiettivo dell’uomo, intensamente legato alla donna al punto di intestarle beni immobili e farle costosi regali, di unirsi in matrimonio con lei, ostacolato, dopo una convivenza dei due protrattasi dal (OMISSIS) in coincidenza con la detenzione del P., già compagno della Pa., dalla decisione di quest’ultima, attuata a partire dal gennaio (OMISSIS), di riprendere la convivenza col P., ciò che aveva ispirato il proposito criminoso dell’ A., attuato col ricorso al M. – fratello della moglie del C. – quale sicario, di eliminare per sempre il rivale, ravvisato ormai come l’unico ostacolo alla sua definitiva unione con l’amata, dopo che R.G., moglie separata dell’ A., era stata assassinata in (OMISSIS), fatto del quale era stato inizialmente accusato lo stesso A., in presunto accordo con sicari della famiglia n’dranghetistica degli Alvaro, e dal quale era stato successivamente assolto.

A sostegno della predetta impostazione accusatoria, sia con riguardo al movente passionale che all’identificazione del presunto sicario, il Tribunale, ha addotto il contenuto di due conversazioni intercettate sull’utenza in uso all’ A., ritenute particolarmente significative poichè intervenute prima che si procedesse nei riguardi degli attuali indagati: nella prima, svoltasi il 13 novembre 2005, tre giorni dopo che M.L., sorella dell’attuale ricorrente, era stata sentita come persona informata dei fatti dai carabinieri che investigavano sul delitto commesso venti giorni prima, l’ A., parlando con un interlocutore non identificato, mostrava preoccupazione per le eventuali rivelazioni della donna agli inquirenti, confidando nel fatto che la stessa non avesse compromesso il proprio fratello e marito, esponendoli al rischio di "trent’anni di galera", e aggiungendo che il delitto era stato "commissionato"; nella seconda comunicazione, avvenuta circa tre anni dopo, il 20 novembre 2008, l’ A., informato dal C. che il M. era indagato per l’omicidio poichè sarebbe stato visto da qualcuno sul luogo del fatto, anzichè stupirsi della cosa o porsi degli interrogativi (come avrebbe fatto qualsiasi persona estranea al fatto e ignorante del suo autore), aveva invece affermato la necessità di "stare attenti", condividendo la raccomandazione del C. "di non farsi vedere insieme".

Ulteriore elemento indiziario a carico del M. è stato ravvisato nella circostanza che lo stesso, pur autorizzato a permanere in Italia fino al gennaio 2007, aveva fatto definitivo rientro in (OMISSIS), quattro giorni dopo il delitto, senza fare più ritorno in Italia e senza una plausibile giustificazione del suo allontanamento (tale non potendo ritenersi la malattia della madre, come riferito dalla sorella, atteso che la prima si era, a sua volta, trasferita in Italia, dove vivevano la figlia, moglie del C., ed un altro figlio).

Nell’immediatezza del fatto, inoltre, i tabulati telefonici attestavano due significativi contatti, sempre negati dagli interessati, i quali, tuttavia, con la loro negazione, avrebbero rafforzato anzichè indebolito il quadro indiziario a loro carico: il primo tra il M. (chiamante) e il C. (chiamato), avvenuto dieci o quindici minuti dopo la commissione del delitto, e il secondo tra il C. e la moglie, dopo altri venti minuti circa, ritenuti dagli inquirenti sintomatici di uno speciale raccordo tra i soggetti di interesse in stretta contiguità spazio-temporale col fatto omicidiario.

Sono stati ritenuti provati, inoltre, i collegamenti tra l’ A. e il M., i quali si conoscevano personalmente, poichè, per un certo periodo di tempo, il M., insieme al fratello, aveva occupato un appartamentino attiguo alla villa abitata dall’ A., il quale, come si è detto, era intimo amico del C., cognato dell’indagato.

Il M. avrebbe conosciuto anche il P., per avere abitato pure in un appartamento vicino alla casa di quest’ultimo, come dichiarato dalla Pa..

Tutti i predetti elementi, valutati unitariamente alla forte causale passionale del delitto (l’ A. era, infine, riuscito a sposare la Pa. nel (OMISSIS)), integravano certamente, secondo il Tribunale, la gravità indiziaria necessaria a sostenere la disposta misura cautelare a carico del M., peraltro non eseguita per l’allontanamento dello stesso dal territorio nazionale.

1.2. Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale ha ritenuto sussistenti sia le ragioni di cautela probatoria per reprimere eventuali iniziative volte ad inquinare le fonti di prova ancora in corso di acquisizione; sia il concreto pericolo di fuga del M., tuttora all’estero; sia, infine, il concreto pericolo di commissione di altri reati della stessa specie di quello per cui si procede o comunque connotati dall’uso di violenza, poichè le modalità e le circostanze del fatto sarebbero indicative della personalità violenta e del tutto priva di scrupoli del M., prestatosi con freddezza ad uccidere su commissione e sparito subito dopo l’omicidio, cosicchè l’unica misura adeguata alla gravità del fatto, proporzionata all’entità della pena irroga bile e idonea a salvaguardare efficacemente le ravvisate esigenze cautelari, è stata ritenuta la custodia in carcere.

2. Avverso la predetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione, i difensori del M., nominati con procura speciale autenticata da notaio albanese, in (OMISSIS), corredata da traduzione anch’essa autenticata, i quali hanno denunciato i vizi previsti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), con riguardo alla ritenuta esistenza di gravi indizi di colpevolezza, a carico del loro assistito, come esecutore dell’omicidio, sulla base dei seguenti argomenti: intervenuta assoluzione dell’ A., da parte del Tribunale di Firenze, davanti al quale è comparso come mandante dell’omicidio della moglie, R.G., donde l’arbitrarla utilizzazione, da parte del giudice cautelare, del predetto antefatto per suffragare il presunto movente passionale del successivo omicidio del P., oggetto del presente procedimento; omesso esame delle altre causali alternative dell’assassinio del P., connesse ai trascorsi delinquenziali e alla perdurante tossicodipendenza della vittima, secondo quanto riferito dalla sua compagna, F. C., nel tempo intercorso tra la scarcerazione nell’estate del 2004 e la ripresa della sua relazione con la Pa.;

inconsistenza indiziaria della conversazione intercettata il 13 novembre 2005 tra persone diverse dal M., al fine di ritenere quest’ultimo autore materiale del delitto, considerato altresì che la medesima telefonata non è stata ritenuta altrettanto indiziante a carico del C., pure indagato come concorrente nel medesimo reato ma in stato di libertà; assoluta neutralità delle ulteriori circostanze addotte come indizianti e, cioè, la preesistente conoscenza tra il M. e l’ A. e l’allontanamento dell’indagato dall’Italia.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi addotti, i quali risultano meramente enunciati dal M. nei termini sopra riportati, senza alcun svolgimento di essi a specifica confutazione delle invece diffuse motivazioni dell’ordinanza impugnata.

In particolare, quanto alla riferita connessione tra la causale dell’omicidio di P.F. e quella dell’assassinio di R. G., fatto, quest’ultimo, da cui l’ A. risulta assolto con sentenza del Tribunale di Firenze, essa risulta esclusa dall’ordinanza impugnata, la quale, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, espressamente annota che "le due vicende omicidiarie … possono ben essere valutate disgiuntamente", come di fatto operato dal decidente.

Riguardo alla pur censurata omissione, da parte del Tribunale, di considerare le causali alternative dell’omicidio del P., anch’essa risulta testualmente smentita dalla disamina svolta, e non specificamente contestata dal ricorrente, circa il contenuto delle dichiarazioni di F.C., già convivente del P. per pochi mesi all’indomani della scarcerazione dello stesso, la quale ha riferito di tre danneggiamenti subiti dall’autovettura del compagno e di telefonate anonime ricevute a casa di quest’ultimo nel corso della notte, circostanze apprezzate dal Tribunale come generiche e, comunque, non significative perchè risalenti a più di un anno prima del delitto.

La pretesa inconsistenza indiziaria della telefonata tra l’ A. e un interlocutore non identificato, il 13 novembre 2005, è anch’essa meramente enunciata dal ricorrente, che non esamina affatto il suo contenuto per confutarne in modo specifico il rilievo gravemente indiziario ad essa attribuito, invece, nell’ordinanza impugnata con riguardo sia alla causale, sia ai presunti autori dell’omicidio del P..

Manca, inoltre, nel ricorso del M. ogni cenno alla seconda telefonata del 20 novembre 2008 tra l’ A. e il C., anch’essa apprezzata come gravemente indiziaria nell’ordinanza impugnata, in raccordo con la prima.

Quanto, infine, alla neutralità degli ulteriori pretesi indizi, attinenti alla pregressa conoscenza del M. e dell’ A. e al definitivo allontanamento del primo dall’Italia dopo il delitto, trattasi di rilievi ancora una volta solo affermati, che, come i precedenti, non svolgono una puntuale critica dell’articolato impianto dell’ordinanza impugnata, dove i singoli indizi integrano la complessiva trama degli elementi di prova ritenuti, anche nel loro insieme, gravemente indiziari del mandato omicidiario conferito dall’ A. al M. e della materiale esecuzione del delitto da parte di quest’ultimo.

4. L’inammissibilità del ricorso proposto comporta, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Nulla va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter non trovandosi il M. in stato di custodia in carcere.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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