Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-12-2010) 08-03-2011, n. 8978

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

antis Fausto che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

Il tribunale di Bologna, Sezione Impugnazioni cautelari penali/ha rigettato con ordinanza del 25 giugno 2010, l’istanza di riesame, proposta nell’interesse di L.S., dell’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Rimini in data 3 giugno 2010, con la quale è stata applicata alla suddetta la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di T.A.M.A. e P.A. K.Y., nonchè di altre ragazze non identificate di origine francese, spagnola e ucraina, contestato come commesso in concorso con il figlio L.N., in (OMISSIS).

L’indagata ha proposto ricorso per i seguenti motivi:

1. Vizio di motivazione in punto di affermazione della circostanza aggravante di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 4, n. 7.

La denunciante T. non conosce la lingua italiana ed avrebbe riferito di altre ragazze solo in relazione ad una telefonata alla quale avrebbe assistito. Il teste M. le cui dichiarazioni, secondo la ricostruzione accusatola, riscontrerebbero i fatti addebitati, avrebbe fatto riferimento ad una sola ragazza e non avrebbe riconosciuto l’indagata nell’album fotografico mostratogli dai carabinieri.

2. Vizio di motivazione per mancato esame circa la compatibilità della condotta dell’indagata con lo svolgimento in proprio dell’attività di meretricio. All’udienza del riesame l’indagata avrebbe prodotto la copia di un giornale contenente annunci di prestazioni sessuali, fatto che dimostrerebbe che la stessa svolgeva l’attività di prostituzione in proprio.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

Come è noto in relazione all’ambito di sindacabilità del provvedimenti de libertate, la Corte di Cassazione non può sottoporre a revisione gli elementi di fatto delle vicende oggetto di indagini, compresi la consistenza del quadro indiziario, nè può rivalutare le condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, in quanto si tratta di apprezzamenti di merito di competenza esclusiva del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità deve pertanto essere circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 6 n. 2146 del 16/6/1995, Tontoli, Rv. 201840) e non può invece riguardare la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori raccolti.

Di conseguenza, l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p. può essere rilevata in sede di legittimità solo se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, mentre non sono ammesse censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., tra tutte, Sez. 6, n. 3529 dell’1/2/1999, Sabatini, Rv. 212565).

Nel caso in cui, come quello in esame, venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è demandato al giudice di merito "la valutazione del peso probatorio" degli stessi, mentre alla Corte di cassazione spetta solo il compito "… di verificare … se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie" (Sez. 4, n. 22500 dell’8/6/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. U, n. 11 del 2/5/2000, Audino, Rv. 215828) Di conseguenza, va osservato che il Tribunale, in ordine agli indizi di colpevolezza, nel condividere le motivazioni dell’ordinanza del G.I.P. espressamente richiamata, ha ritenuto che le dichiarazioni della parte offesa, estremamente articolate e dettagliate, abbiano trovato riscontro, innanzitutto, nelle verifiche effettuate dagli inquirenti ed anche nelle dichiarazioni rese dal testimone M., che nel verbale di individuazione effettuata dinnanzi alla polizia giudiziaria ha indicato senza ombra di dubbio la foto riproducente le sembianze della ricorrente come la donna con la quale aveva concordato prestazioni sessuali a pagamento con giovani donne straniere nel suo appartamento.

Inoltre il fatto che nel giornale prodotto dalla difesa risulti una utenza telefonica diversa, è elemento non in grado di scalfire il quadro indiziario, essendo ben possibile che la ricorrente svolgesse anche attività in proprio e organizzasse con un altro recapito telefonico l’attività di cui è processo.

Correttamente quindi il Tribunale ha ritenuto sussistente la gravità del quadro indiziario sulla base di tali elementi, mentre quanto asserito nel ricorso si basa su mere asserzioni non in grado neppure di fornire una lettura alternativa delle emergenze in atti.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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