Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-12-2010) 08-03-2011, n. 8963

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 21 gennaio 2010 ha confermato la sentenza resa il 10 marzo 2009 dal Tribunale di Sciacca, che ha condannato S.A. alla pena di mesi uno ed euro 150 di multa, in ordine al reato di cui alla D.L. 12 settembre 1983 n. 463, art. 2, comma 1 bis, convertito in L. 11 novembre 1983, n. 638, perchè nella qualità di legale rappresentante della omonima ditta individuale, in tempi diversi e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, ometteva di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali, operate sulle retribuzioni dei dipendenti entro il mese successivo. In M. nel dicembre 2005, nel febbraio 2006 e nel marzo 2006. Il difensore dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione per i seguenti motivi:

1.- Inosservanza e/o erronea applicazione della L. n. 683 del 1983 art. 2 comma 1 bis ( art. 606 c.p.p., lett. b)) La norma incriminatrice prevede che il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione, ma nel caso di specie la contestazione non è mai stata effettuata. L’INPS si è avvalsa del servizio postale e ciò non costituisce la notifica, ossia il dies a quo del periodo trimestrale entro il quale il datore di lavoro può provvedere a regolarizzare la propria posizione senza incorrere nella sanzione penale. Inoltre nessuna raccomandata contenente la contestazione dell’avvenuta violazione è stato recapitato alla odierna ricorrente, in quanto per ben due volte il plico è stato ritirato da tale S.C. e da tale M.L. senza che fosse indicata la qualità dei predetti, pertanto la notifica è stata nulla. Anche nel caso del terzo invio non c’è prova, nonostante la compiuta giacenza, della avvenuta conoscenza da parte della S. dell’avviso. Quindi tale comunicazione non sarebbe stata idonea a far decorrere il termine trimestrale previsto dalla legge.

2. Manifesta illogicità della motivazione ( art. 606 c.p.p., lett. e)) La corte di appello avrebbe illogicamente condannato la ricorrente ritenendo inverosimile la tesi avanzata dal teste Marsala della dimenticanza in un cassetto della ditta dell’avviso dallo stesso ricevuto. Inoltre si sarebbe ventilato il convincimento, senza alcun fondamento probatorio, che il ritardato pagamento sarebbe stato determinato da momentanea indisponibilità dei mezzi.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso non sono fondati.

E’ stato precisato dalla giurisprudenza di legittimità che in riferimento al reato di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, ai fini del computo del termine di mesi tre dall’accertamento per provvedere al pagamento del debito contributivo integrante la causa di non punibilità di cui all’art. 2, comma 1 bis, è sufficiente l’effettiva sicura conoscenza da parte dei contravventore dell’accertamento previdenziale svolto nei suoi confronti e non sono necessarie particolari formalità per la notifica dello stesso (In tal senso, Sez. 3, n. 9513 del 10/3/2005, Jochner, Rv. 230985).

Nel caso di specie i giudici di merito hanno evidenziato con chiarezza, con motivazione immune da disarmonle logiche, le ragioni per le quali l’imputata aveva sicuramente avuto conoscenza degli accertamenti di cui è processo, individuate nella notifica di due degli avvisi di pagamento nella sede dell’impresa, con consegna a mani del padre e del marito-collaboratore (il teste M.L., in relazione al quale la tesi della dimenticanza è stata a ragione ritenuta inverosimile dalla Corte di appello) e nel perfezionamento della notifica del terzo avviso, comunicato sempre presso la sede aziendale, con la procedura della compiuta giacenza.

Nè risponde al vero che i giudici si siano avventurati nell’ipotizzare le possibili ragioni del mancato pagamento dei contributi nel termine di tre mesi: essi hanno semplicemente risposto al motivo di impugnazione che assumeva la mancanza del dolo del reato ascritto, sulla base dell’adempimento tardivo (avvenuto nel novembre 2006) degli importi dovuti per i mesi di febbraio e marzo 2006, ed hanno evidenziato il fatto che la disponibilità per tale data delle somme non può porre nel nulla il dato di fatto del permanere dell’inadempimento alla scadenza nel termine trimestrale concesso dalla legge per rendere non punibile il reato di cui trattasi.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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