Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-12-2010) 08-03-2011, n. 9009 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D’.Ma., V.G., D.K.; I. M., C.M., D’.Da.; V.P. G., To.An., M.S., Ci.An., I.S., Da.An., Pe.Ge., F.E., T.A. e P.G. erano chiamati a rispondere, innanzi al Tribunale di Salerno dei reati di seguito specificati.

P.G., V.G., C.M., Ci.

A.: del reato di cui al capo A), ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 – legge stupefacenti, perchè, in concorso con altri, si associavano tra loro allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 il V. G. ed L.E. in qualità di promotori ed organizzatori e gli altri in qualità di partecipi; in particolare, il V.G. provvedeva all’approvvigionamento della sostanza stupefacente (cocaina) e a mantenere i rapporti con i fornitori, il L. provvedeva al frazionamento della sostanza stupefacente ed alla ripartizione della medesima tra i piccoli spacciatori della zona, il P.G., il Mu.Fi. ed il Ci.An. provvedevano allo spaccio al minuto della sostanza stupefacente, nel territorio di Sarno, al trasporto dello sostanza stupefacente destinata ad altre zone, il Fa.Gi. provvedeva all’occultamento dello stupefacente ed ai recupero dei crediti derivanti dalla vendita dello stupefacente V. G., C.M.: del reato di cui al capo B) ai sensi degli artt. 110 e 81 cpv. c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè, in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75 della medesima legge, detenevano a fini di spaccio gr. 270 circa di sostanza stupefacente tipo cocaina ed, altresì, consegnavano per il trasporto la medesima sostanza al Mu.Fi. (per il quale si è proceduto separatamente).

Pe.Ge.: del reato sub C), ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75 detta medesima legge, deteneva a fini di spaccio sostanzia stupefacente tipo cocaina ed, altresì, cedeva un quantitativo imprecisato della medesima sostanza a P. G. per un corrispettivo di Euro 100.

P.G.: del reato sub D) ai sensi del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 73 della medesima legge, deteneva a fini di spaccio sostanza stupefacente tipo cocaina ed, altresì, cedeva una dose della medesima sostanza a D.P. M..

V.G.: del reato di cui al capo e), ai sensi degli artt. 81 cpv e 477 c.p., art. 480 c.p., art. 61 c.p., nn. 2 e 6, art. 648 c.p. per avere, alfine di conseguire l’impunità dai delitti di cui all’art. 74 TU Stupefacenti ed altro per i quali era stata emessa ordinanza di custodia cautelare, dopo aver ricevuto le due carie d’identità di provenienza delittuosa meglio indicate dopo, contraffaceva la carta d’identità n. (OMISSIS) intestata a Vi.Ge. nato ad (OMISSIS) sostituendo la foto con la sua nonchè contraffaceva la carta d’identità intestata a Vi.Ag. apponendovi la propria foto; commettendo i fatti mentre era latitante.

Pe.Ge., Da.An., M.S., T. A., V.P.G., To.An., D. K., F.E., D’.Gi., D’.Da., D’.Da., D’.Ma., I.M. e I. S.: del reato di cui all’art. 74 perchè, in concorso con altri, si associavano tra loro allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, il Pe.

G. in qualità di promotore ed organizzatore e gli altri in qualità di partecipi; in particolare, il Pe.Ge. si approvvigionava dal Da.An. di consistenti quantitativi di sostanza stupefacente (cocaina) che custodiva presso la propria abitazione con l’auto della moglie T.A. e della figlia Pe.An. e, successivamente, al fine di eludere controlli da parte delle forze dell’ordine, provvedeva di volta in volta a consegnare svariati quantitativi della medesima sostanza a M. S., V.P.G., To.An., D. K., Ma.Gi., D’.Gi., D’.Da., D’.Da., D’.Ma., I.M., I. S. i quali avevano il compito di spacciarla ai tossicodipendenti delle rispettive zone di competenza (agro-nocerino-sarnese e Piana del Sele).

Pe.Ge., M.S., T.A.: del reato di cui al capo G) ai sensi dell’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè, in concorso tra loro, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75 della medesima legge, detenevano a fini di spaccio sostanza stupefacente tipo cocaina ed, altresì, cedevano due dosi della medesima sostanza a D.K..

Da.An., Pe.Ge.: del reato di cui al capo H), ai sensi degli artt. 110 e 81 cpv., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè, in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75 della medesima legge, detenevano a fini di spaccio grammi 400 circa di sostanza stupefacente tipo cocaina, nonchè ulteriori ed ingenti quantitativi della medesima sostanza (nell’ordine di diverse centinaia di grammi) che cedevano in più occasioni a I.S., I.M., D’.Gi., D’.Da., D’.Da. e D’.Ma..

I.M., I.S., D’.Gi., D. D., D’.Da. e D’.Ma.: del reato di cui al capo I), ai sensi degli artt. 110, 112, 81 cpv., 73 d.p.r. 309/90 perchè, in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75 della medesima legge, detenevano a fini di spaccio grammi 400 circa di sostanza stupefacente tipo cocaina, nonchè ulteriori ed ingenti quantitativi della medesima sostanza (nell’ordine di diverse centinaia di grammi per ciascuna fornitura), in precedenza acquistata dal Pe.

G., che cedevano in più occasioni a numerosi tossicodipendenti della zona in via di identificazione.

D’.Gi., D’.Ma.: del reato di cui al capo L), ai sensi dell’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè, in concorso tra loro, senza l’autorizzazione di cui all’art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall’art. 75 della medesima legge, detenevano a fini di spaccio gr. 100 circa di sostanza stupefacente tipo cocaina, in precedenza acquistata dal Pe.Ge., occultandola in un terreno di proprietà del D’.Ma..

Iu.Ma.: del reato di cui al capo M), ai sensi dell’art. 110 c.p. e art. 73 legge stupefacenti perchè, in concorso con altri e quindi in numero di tre senza l’autorizzazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 17 e fuori dall’ipotesi prevista dall’art. 75 della stessa legge, illecitamente cedeva a Co.Al. gr.

0,40 di cocaina trattata del tipo "crack", sostanza stupefacente di cui all’art. 14 della stessa legge, contenuta in un involucro di cellophane di colore bianco, provvedendo I.N. a ricevere in pagamento la somma di 40 Euro ed a consegnare la dose al predetto acquirente; Ci.Lo. a raggiungere al finestra dell’abitazione di I.M. attraverso al quale quest’ultima gli consegnava la dose e quindi a consegnarla allo I. per la successiva cessione.

I.M., I.S., D’.Gi.: del reato di cui al capo N) ai sensi dell’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè, in concorso con altri, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso illecitamente cedevano a Ce.Fr. cocaina trattata del tipo "crack" sostanza stupefacente di cui all’art. 14 della stessa legge, ricevendo in pagamento 40 Euro.

Con la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale per V.P.G..

Pe.Gr., D’.Gi., D’.Da., I. M., I.S.; specifica e reiterata per D’.

D. e Da.An.; semplice per To.An., V.P.G., I.S., Pe.Ge., I. M. nelle condizioni per essere ritenuti dal giudice delinquenti abituali.

Con sentenza del 24 ottobre 2008, il GUP del Tribunale di Salerno dichiarava la penale responsabilità degli imputati nei termini di seguito specificati.

Riteneva che il cospicuo compendio investigativo, emerso dalle indagini della DDA delle Procure della Repubblica di Salerno e di Nocera Inferiore dimostrasse l’esistenza di due distinte associazioni criminali, operanti in diversi ambiti territoriali ed entrambi dediti allo spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina. La prima associazione operava nella zona dell’agro Nocerino Sarnese e faceva capo a V.G., mentre la seconda, che agiva nel Comune di Pagani e nella piana del Sele, era gestita da Pe.Ge..

Quanto al regime sanzionatorio, optava per l’inasprimento della pena per i recidivi, che, per il delitto di associazione dedita al traffico di stupefacenti, è prevista dal rinvio, contenuto nell’art. 407 c.p.p., proprio al delitto previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74.

Dichiarava, pertanto:

V.G. colpevole dei reati di cui ai capi A) B) ed E) e, con la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, e la diminuente di rito lo condannava alla pena di anni 17 e mesi nove giorni 10 di reclusione.

P.G. colpevole dei reati a lui ascritti ai capi A e D) e concessegli le attenuanti generiche, avvinti i delitti in continuazione ed operata la riduzione per il rito, lo condannava alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione.

C.M. colpevole dei reati ascrittile ai capi A) e B) ed esclusa la recidiva semplice, concesse le attenuanti generiche ed unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, stante la diminuente del rito, la condannava alla pena di anni cinque di reclusione.

Ci.An. colpevole del reato ascrittogli al capo A) ed esclusa a recidiva semplice, concesse le attenuanti generiche, la condannava, con la diminuente per il rito, alla pena di anni quattro, mesi cinque e gg. 10 di reclusione.

Assolveva:

Da.An. dal reato ascrittogli al capo H);

D’.Ma. dai delitti ascrittigli ai capi F) ed I);

V.G. dal delitto sub E) limitatamente alla sola contraffazione della carta d’identità n. (OMISSIS) intestata a Vi.Ge. ed al reato p. e p. dall’art. 648 c.p. dichiarava Pe.Ge. delinquente abituale nel delitto.

A C.M. e Ci.An., riconosciute le attenuanti generiche, ha applicato una pena rispettivamente di anni 5 di reclusione e di anni 4, mesi 5 e giorni 10 di reclusione.

A Pe.Ge., posto in posizione apicale per il ruolo di promotore e organizzatore della seconda associazione, in considerazione della propensione al crimine e dei numerosi precedenti penali anche specifici, non ha concesso le attenuanti e lo ha condannato alla pena di anni 20 di reclusione.

M.S., colpevole dei delitti ascritti ai capi F) e G) è stato condannato alla pena di anni 10, mesi 6, e giorni 3 di reclusione.

T.A., per i medesimi reati, concesse le attenuanti generiche è stata condannata alla pena di anni 5 di reclusione.

Da.An., colpevole del reato previsto al capo F) è stato condannato alla pena di anni 11, mesi 6 e giorni 20 di reclusione.

V.P.G., per il medesimo reato è stato condannato alla pena di anni 8, mesi 10 e giorni 28 di reclusione.

To.An., esclusa la recidiva semplice e concesse le attenuanti generiche, è stato condannato alla pena di anni 5 di reclusione.

D.K., concesse le attenuanti generiche, è stata condannata alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione.

F.E., concesse le attenuanti generiche, è stata condannata alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione.

D’.Gi., che risponde oltre che del capo F), anche degli episodi sub I), L), N), concessa l’attenuante prevista dall’art. 74, comma 7 equivalente alla contestata recidiva, è stato condannato alla pena di anni 8, mesi 10 e giorni 20 di reclusione.

I.M., che risponde dei medesimi reati, è stata condannata alla stessa pena.

D’.Da., è stato condannato alla pena di anni 11, mesi 1 e giorni 10 di reclusione.

D’.Da. è stato condannato alla pena di anni 8, mesi 10 e giorni 20 di reclusione.

I.S. è stato condannato alla pena di anni 13 e mesi 4 di reclusione.

D’.Ma., per il capo L), concesse le attenuanti generiche, è stato condannato alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione.

Pronunciando sui gravami proposti da tutti gli imputati, la Corte di Appello di Salerno, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza impugnata, riduceva la pena nei confronti di V.G., con le già concesse attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, con la ritenuta continuazione, in quella di anni quattordici e mesi otto di reclusione;

nei confronti di Pe.Ge., con la ritenuta continuazione, in quella di anni diciotto di reclusione;

nei confronti di D’.Gi., con la già concessa attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 7, ritenuta equivalente alla contestata recidiva, con la ritenuta continuazione, in quella di anni otto di reclusione;

nei confronti di I.M., con la già concessa attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 7, ritenuta equivalente alla contestata recidiva, con la ritenuta continuazione, in quella di anni otto di reclusione;

nei confronti di D’.Da., con la già concessa attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 7, ritenuta equivalente alla contestata recidiva, con la ritenuta continuazione, in quella di anni sette e mesi due di reclusione;

nei confronti di D’.Da., concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, con la ritenuta continuazione, in quella di anni otto di reclusione;

nei confronti di I.S., con la ritenuta continuazione, in quella di anni dieci e mesi sei di reclusione;

nei confronti di D’.Na., con le già concesse attenuanti generiche, in quella di anni tre di reclusione ed Euro 14.000 di multa; confermava nel resto.

Avverso la sentenza impugnata i difensori degli imputati hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, affidati ai motivi di seguito indicati.
Motivi della decisione

1. – Il ricorso proposto da V.P.G. deduce, con il primo motivo, erronea applicazione della legge penale in ordine alla mancata riqualificazione dei fatti nei termini di cui all’art. 110 c.p e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. Impropriamente, l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 74 della stessa legge sugli stupefacenti era stata desunta dalla partecipazione a singoli episodi di cessione di stupefacente, avvenuti peraltro in modo del tutto occasionale e sporadico.

Il secondo motivo denuncia carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, avuto riguardo alla quantità di stupefacente ceduta, alle modalità ed alla scarsa dimensione del traffico illecito operato.

Il terzo motivo deduce erronea applicazione della legge penale in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, tenuto conto dell’uso prolungato nel tempo di sostanze stupefacenti da parte di esso ricorrente, della confessione resa e dell’ottimo comportamento processuale.

2. 3. e 4. – Il ricorso proposto in favore di P.G., C.M. e M.S., eccepisce, con unico motivo d’impugnativa, la nullità della sentenza impugnata, per contraddittorietà di motivazione, violazione di legge, erronea valutazione dei criteri stabiliti dall’art. 192 c.p.p.. Si duole, in particolare, che i giudici di merito abbiano ritenuto sussistente l’ipotesi delittuosa del reato associativo di cui all’art. 74, nonostante le risultanze di causa fossero generiche ed inidonee allo scopo ed abbiano poi affermato, in modo parimenti inadeguato, la partecipazione dei ricorrenti al consorzio delinquenziale.

Il ricorso proposto, personalmente, da C.M. deduce, con unico motivo d’impugnazione, violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) sul rilievo che, erroneamente, erano stati considerati a suo carico elementi probatori a lei non riferibili, ma ascrittile per la sola convivenza con il V.. Lamenta, inoltre, la ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi dei reati in contestazione.

Ribadisce, inoltre, l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, segnatamente il difetto di motivazione dei decreti di autorizzazione, con riferimento alla diversa qualificazione prospettata dall’accusa e, per l’effetto, emanati da un giudice incompetente per materia. Il ricorso proposto, personalmente, da M.S. lamenta mancanza di motivazione con riferimento alla mancata applicazione della circostanza attenuante speciale di cui all’art. 74, comma 6, legge stupefacenti.

Lamenta che la Corte distrettuale si sia limitata a far propria la motivazione del primo giudice, richiamandola per relationem e ritenendola di integrarla sulla base di precise doglianze espresse negli atti d’impugnazione.

Il secondo motivo deduce mancanza di motivazione, con riferimento alla richiesta di applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 73 legge stupefacenti, regolarmente dedotta nell’atto di gravame. Si trattava, per vero, di cessione di poche dosi di sostanza stupefacente.

5. – Il ricorso proposto da T.A. denuncia, con il primo motivo, il difetto totale di motivazione con riferimento alla richiesta di applicazione della circostanza attenuante speciale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, che avrebbe ben potuto essere riconosciuta tenuto conto delle caratteristiche strutturali dell’associazione, della quantità e natura dello stupefacente trattato e del limitato ambito territoriale di azione.

Il secondo motivo denuncia mancanza assoluta di motivazione in merito alla richiesta di applicazione della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. 6. – Il ricorso proposto dagli avv. Granata e Foreste in favore di Da.An. deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), dubitando dell’esistenza di elementi idonei a sostegno dell’ipotesi accusatoria relativa al reato associativo di cui all’art. 74. Evidenzia, in proposito, come dagli atti di causa fosse emerso un solo contatto del ricorrente con persone diverse dal Pe., ritenuto organizzatore del sodalizio, e che le captazioni telefoniche protratte per 35 giorni tra il Pe. ed il Da. non consentissero di dimostrare la condotta materiale del reato ascritto, con ciò escludendo la continuità del rapporto associativo. Il percorso motivazionale della pronuncia impugnata non consentiva – per la sua intrinseca contraddittorietà, anche in ragione dell’assoluzione per il reato di cui all’art. 73 – di cogliere la ratio deciderteli a fondamento del giudizio di responsabilità per la fattispecie associativa e non offriva alcuna valida dimostrazione degli elementi costitutivi del reato in contestazione e, segnatamente, dell’elemento soggettivo, nessun contributo potendo offrire, al riguardo, le captazioni in atti, stante la loro equivocità.

Il ricorso proposto dall’avv. Biffa in favore dello stesso Da. deduce, con il primo motivo, illogicità e contraddittorietà di motivazione e travisamento della prova, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con particolare riferimento alla parte della motivazione in cui si individuano riscontri dell’assunto accusatorio nei servizi di osservazione di p.g., ove, invece, risultava in atti l’esistenza di un solo servizio di osservazione, donde l’erronea affermazione di una continuità di rapporti.

Il secondo motivo deduce manifesta mancanza o illogicità di motivazione, con riferimento alla ritenuta partecipazione dell’imputato all’organizzazione delinquenziale, tenuto anche conto dell’assoluta mancanza di ogni qualsiasi collegamento tra il Da. e gli altri pretesi correi.

Il terzo motivo deduce difetto di motivazione e travisamento della prova anche con riferimento alla parte di motivazione in cui reputa esistente uno stabile rapporto dio fornitura tra il Da. ed il Pe., ritenuto capo della stessa organizzazione in base ad erronea valutazione delle emergenze di causa, segnatamente delle conversazioni telefoniche captate.

Il quarto motivo deduce violazione di legge, con riferimento all’art. 74 legge stupefacenti e difetto di motivazione al riguardo, sul rilievo dell’inidoneità del compendio probatorio a dimostrare l’esistenza di un’associazione delinquenziale dedita al traffico di stupefacenti e, poi, della ritenuta partecipazione di esso ricorrente.

Il quinto motivo deduce difetto di motivazione con riferimento alla richiesta di rivalutazione dell’aumento di pena conseguente all’applicazione dell’art. 99 c.p., essendo mancata la concreta verifica della pericolosità sociale dell’imputato e non essendo state considerate le condizioni socio-economiche dello stesso.

7. e 8. – Il ricorso proposto in favore di Pe.Ge. e F. E. deduce, con il primo motivo, violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 ed alla mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 110 c.p. in relazione all’art. 73. Contesta, in particolare, la ritenuta idoneità delle emerge processuali a dimostrare l’esistenza di un’organizzazione criminosa, equivocando, tra l’altro, tra stabilità dei contatti tra ritenuti sodali e stabilità dell’organizzazione.

Il secondo motivo deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6. Lamenta, in particolare, la mancanza di motivazione, inteso il concetto nell’accezione risultante da consolidato insegnamento giurisprudenziale, nel senso cioè di completezza dell’impianto argomentativi in rapporto alle doglianze espresse nei motivi di gravame.

Il terzo motivo lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. per F.E., tenuto conto del ruolo da lei svolto nella vicenda, ovvero la mancata qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 378 c.p..

9. – Il ricorso proposto da V.G. eccepisce, con il primo motivo, l’inutilizzabilità delle disposte intercettazioni per violazione degli artt. 26, 268 e 271, con riferimento alla mancata indicazione delle ragioni d’urgenza che avevano indotto il PM ad utilizzare impianti diversi da quelli in dotazione della Procura della Repubblica.

Ripropone, in proposito, le argomentazioni dedotte in sede di appello, assumendo, tra l’altro, la genericità della motivazione riguardante la pretesa indisponibilità delle apparecchiature della stessa Procura.

Il secondo motivo nega la configurabilità del delitto associativo di cui all’art. 74, piuttosto che la fattispecie del concorso nel reato di cessione di stupefacente, ai sensi dell’art. 110 c.p. e art. 73 legge stupefacenti.

Il terzo motivo lamenta il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti e la recidiva.

10. – Il ricorso in favore di D.K. deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per mancanza, insufficienza e contraddittorietà di motivazione nonchè violazione dello stesso art. 606, lett. e) in relazione all’art. 533 c.p.p., comma 1. Si duole che il giudice a quo travisando le risultanze di causa disattendendo persino il parere del PG d’udienza, che aveva chiesto di mandare assolta essa ricorrente, abbia ritenuto che le risultanze di causa fossero idonee a comprovare la contestata partecipazione associativa, ove invece le stesse, proprio per la loro insignificante valenza dimostrativa, non avrebbero potuto portare al superamento del limite del ragionevole dubbio, recando dunque il proscioglimento di essa istante. Significativo dell’approssimazione con cui la Corte aveva valutato le risultanze di causa era il riferimento al preteso compagno della ricorrente, indicato in Ma.Gi., detto danni, ove invece la circostanza non era vera ed anzi il Ma., inteso Gi., era un transessuale, sicchè nessuna convivenza era ipotizzabile.

11. – Il ricorso in favore di Ci.An. lamenta erronea valutazione delle risultanze di causa ed in particolare la lettura del contenuto delle captazioni in atti arbitrariamente ritenute sintomatiche di costanza e continuità di rapporto nonchè di affectio societatis. Le risultanze di causa, insomma, non consentivano di ritenere provata la contestata ipotesi associativa, rivelando una condotta neutra o, al più, commissiva di reati diversi.

12. – Il ricorso proposto in favore di I.S. denuncia difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. e) con riferimento alla ritenuta esistenza del reato di partecipazione ad associazione criminosa nonchè violazione di legge al riguardo. Contesta la ritenuta idoneità degli elementi probatori richiamati dalla sentenza impugnata, e segnatamente delle risultanze delle captazioni telefoniche in atti.

13. – Il ricorso in favore di I.M. deduce violazione dell’art. 606, lett. e) per mancanza o manifesta illogicità di motivazione, con riferimento al regime sanzionatorio, in ordine al quale il giudice a quo non aveva adeguatamente considerato tutti gli elementi a disposizioni, ed in particolare la sincera confessione dell’imputata.

14. – Il ricorso in favore di D’.Da., deduce, con il primo motivo, violazione dell’art. 606, lett. b) in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 nonchè difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. e). Lamenta che sia stata affermata la responsabilità di esso ricorrente, nonostante che D’.

G., fratello di esso istante, avesse chiarito il ruolo di quest’ultimo, negando recisamente che facesse parte del gruppo che si alternava nell’attività di spaccio ad Eboli, costituito, oltre allo stesso, dal suocero I.S. e dall’altro fratello Da.. In sostanza, la sola condotta a lui imputabile consisteva nella cessione di piccole quantità di stupefacente, in quanto, tossicodipendente conclamato, fungeva saltuariamente da palo, quando era il suo turno, ma senza essere a conoscenza del più ampio patto associativo tra gli altri imputati.

15. – Il ricorso proposto da To.An. lamenta, con il primo motivo, erronea applicazione della legge penale in ordine alla mancata riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 110 e art. 73 legge stupefacenti. Reputa che le risultanze di causa siano inidonee a dare fondamento alla contestata partecipazione ad una struttura organizzata dedita al traffico di stupefacenti.

Il secondo motivo deduce difetto di motivazione sotto il profilo del mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, legge stupefacenti.

Il terzo motivo denuncia erronea applicazione della legge penale in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche con criterio di prevalenza sulle contestate aggravanti.

16. – Il ricorso proposto in favore di D’.Ma. eccepisce nullità della sentenza impugnata per mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. e) ed inosservanza dell’art. 533 c.p.p..

Si sostiene, al riguardo, che gli elementi di causa non sarebbero sufficienti a sostenere l’ipotesi delittuosa della detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente.

Il secondo motivo eccepisce nullità della motivazione per erronea applicazione degli artt. 132 e 133 c.p.p., con riferimento al regime sanzionatorio, segnatamente per via del mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, tenuto conto sia della quantità e qualità dello stupefacente che dei mezzi, modalità e circostanze dell’azione. L’applicazione dell’attenuante avrebbe consentito di applicare una pena più mite.

2.1 – I motivi del ricorso proposto da V.P.G. si pongono alle soglie dell’inammissibilità in quanto, in gran parte, ripetitivi di doglianze già prospettate in sede di merito. Gli stessi sono, comunque, privi di fondamento. Lo è il primo – riguardante la pretesa erroneità di applicazione della legge penale in ordine alla qualificazione giuridica della fattispecie in contestazione – posto che, con pertinenti ed esaustive argomentazioni, i giudici di appello hanno spiegato perchè gli addebiti a carico del V.P. fossero sussumibili nel paradigma del reato associativo di cui all’art. 74 della legge sugli stupefacenti e non, piuttosto, nell’ipotesi concorsuale di cui all’art. 110 e art. 73 della stessa normativa in relazione agli accertati, singoli, episodi di cessione di stupefacente.

Ineccepibile, in particolare, è l’apprezzamento delle risultanze probatorie, segnatamente delle captazioni telefoniche dalle quali è stato tratto l’argomentato convincimento in merito alla consapevole partecipazione dell’imputato al sodalizio delittuoso con il ruolo di corriere ed anche di tagliatore-assaggiatore di stupefacente. La riscontrata dimestichezza dello stesso V.P. nell’uso e nella comprensione del linguaggio criptico corrente tra i sodali è stata, ragionevolmente, ritenuta elemento sintomatico del suo organico inserimento nell’organizzazione in piena adesione partecipativa al programma criminoso.

Priva di fondamento è la seconda censura riguardante il mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, ampiamente giustificato in ragione della natura, qualità ed entità di stupefacente trattato ed alle modalità della relativa attività di spaccio.

Inammissibile è, infine, il terzo profilo di censura relativo al diniego delle attenuanti generiche, siccome afferente a questione prettamente di merito, relativamente alla quale la pertinente motivazione, che valorizza gli elementi sintomatici della personalità dell’imputato, desunti dagli allarmanti precedenti penali a suo carico (con rilevo evidentemente soverchiante rispetto agli elementi favorevoli prospettati da parte ricorrente), la rende insuscettibile di sindacato in questa sede di legittimità. 2.2 – Il motivo di doglianza comune ai ricorsi in favore di P. G., C.M. e M.S. – con riguardo alla contestata sussistenza del reato associativo in ragione di erronea valutazione delle emergenze di causa – è decisamente infondato. Ed infatti, il compendio giustificativo in virtù del quale la Corte di merito ha stimato la conducenza e pregnanza del materiale probatorio in atti in funzione dell’addebito in questione appare immune da vizi ed incongruenza di sorta. Ineccepibile, in particolare, è l’esame analitico ed appropriato delle numerose captazioni in atti, avvalorate nella loro valenza dimostrativa, dai riscontri venuti dall’immediata attività di osservazione di p.g. in alcuni casi seguita dal rinvenimento e sequestro dello stupefacente al quale le conversazioni captate facevano riferimento. Dall’insieme delle emergenze processuali, dimostrative di un reticolo di rapporti tra sodali nella sinergica e consapevole attività al servizio di un programma delinquenziale comune ed indeterminato, è stato tratto il ribadito convincimento dell’esistenza di un contesto organizzato per il traffico e lo spaccio di stupefacente, ancorchè in dimensione rudimentale e poco strutturata, specie con riferimento al sodalizio facente capo al V., al quale sono stati ritenuti partecipi gli imputati P. e C..

Venendo, ora, ai ricorsi proposti personalmente dagli imputati, quello della C., affidato ad un solo – ancorchè articolato – motivo è privo di fondamento. Non è vero, in particolare, che la responsabilità dell’imputata sia stata ribadita sulla scorta di una mera traslatio di elementi relativi al marito V.G., posto che a pagina 23 vengono sottolineati, nella loro efficacia dimostrativa, ben sette elementi o circostanze di accusa autonomamente riferibili alla C. e, motivatamente, ritenuti conducenti in funzione dell’addebito di cosciente partecipazione al perseguimento ed alla realizzazione del programma associativo, con attribuzione di specifici incarichi, anche di custodia dello stupefacente.

Formalmente ineccepibile, dunque, è la riscontrata sussistenza degli elementi costitutivi dei reati ascritti alla donna, segnatamente la fattispecie associativa sub A) ed il delitto sub B) con riferimento alla detenzione di stupefacente ai fini di spaccio di sostanza stupefacente di tipo cocaina ed alla relativa consegna a persona incaricata per il trasporto. Ai limiti dell’inammissibilità, infine, è il profilo di censura relativa alla legittimità delle captazioni telefoniche, vuoi perchè, sostanzialmente, generica vuoi perchè meramente reiterativa di eccezione già prospettata in sede di gravame e, argomentatamene, rigettata dalla Corte di merito, peraltro con motivi pertinenti e diffusi, specie nella dimostrazione della piena rispondenza del contenuto dei decreti autorizzativi allo standard di motivazione ritenuto sufficiente da indiscussa giurisprudenza di questa Corte regolatrice, anche nella sua più autorevole espressione a Sezioni Unite, puntualmente e diligentemente richiamata in motivazione. Generica, infine, è la doglianza relativa all’asserita, tardiva, qualificazione giuridica della posizione dell’imputata con riferimento al reato associativo, non avendo parte ricorrente neppure specificato quale pregiudizio per le sue ragioni di difesa sarebbe derivato da tale pretesa, tardiva, attribuzione di nomen iuris e quale riflesso avrebbe avuto sulla legittimità delle disposte intercettazioni e del preteso ritardo nella trasmissione degli atti alla Procura distrettuale competente.

Infondato è anche il ricorso proposto personalmente dal M., posto che la prima censura, relativa alla contestata idoneità dell’impianto motivazionale, peraltro per relationem, è smentita dalla constatazione di un insieme argomentativi pienamente idoneo e pertinente a carico dell’imputato, anche in merito all’esclusione, giustificata dal complesso della motivazione e dal legittimo richiamo al condiviso ragionamento del primo giudice, della pretesa circostanza attenuante di cui all’art. 74, comma 6, legge stupefacenti.

La seconda censura, relativa alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 73 legge stupefacenti è inammissibile perchè afferente a questione prettamente di merito, in ordine alla quale il riferimento giustificativo emerge dalla complessiva valutazione e dimensionamento della vicenda sostanziale, con giustificazione integrata – per quanto di ragione – alla motivazione del primo giudice che, stante la piena convergenza in punto non solo di penale responsabilità, ma anche di regime sanzionatorio, forma con quella in esame una sola entità giuridica.

23 – Il ricorso proposto da T.A. è destituito di fondamento. Infondato, infatti, è il primo motivo, relativo alla pretesa mancanza di motivazione in merito alla richiesta di applicazione della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6. Ed infatti, dall’insieme motivazionale, integrato per quanto si è detto dalla motivazione della pronuncia di primo grado, emergono chiaramente le ragioni per le quali, con riferimento alle caratteristiche del sodalizio delinquenziale di cui al capo F) della rubrica ed all’entità del traffico di stupefacente e delle relative modalità, i giudici di merito non hanno ritenuto sussistenti le condizioni per l’applicazione della speciale attenuante reclamata dall’appellante.

Per identiche ragioni deve essere rilevata infondatezza della ragione di doglianza relativa alla carenza motivazionale in merito alla richiesta di applicazione della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, con riferimento all’imputazione di cui al capo G) dell’imputazione.

2.4 – Infondato è anche il ricorso proposto dagli avv. Granata e Foreste in favore di Da.An., che dubita dell’esistenza di elementi idonei a sostenere l’ipotesi accusatoria formulata ai sensi dell’art. 74 della legge sugli stupefacenti.

Ed infatti, il tessuto motivazionale della sentenza impugnata indica compiutamente le ragioni del ribadito giudizio di colpevolezza sulla base di plurimi elementi di accusa emersi non solo da attività di osservazione, ma anche di contatti telefonici captati, il cui contenuto è stato ritenuto, con argomentato – e, dunque, insindacabile – apprezzamento di merito, indicativo dello stabile rapporto di fornitura di stupefacente assicurato dal Da. a Pe.Ge. ritenuto elemento di vertice del sodalizio delinquenziale di cui al capo F). L’esistenza di un radicato – e privilegiato – rapporto di fornitura tra i due è stato ragionevolmente considerato univoco sintomo di adesione dell’imputato al programma delittuoso, al cui perseguimento assicurava, per quanto sopra, un decisivo apporto causale, e quindi di partecipazione alla contestata consorteria. E’ appena il caso di osservare che non è consentito, in questa sede, rivisitare il significato accusatorio delle singole captazioni telefoniche, dovendo il giudizio di legittimità arrestarsi all’esame estrinseco di congruità e logicità dell’apprezzamento – squisitamente di merito – che di quelle conversazioni abbia fatto il giudice a quo. La diversa logica accusatoria, sottesa alla contestazione del reato associativo e del delitto di cui all’art. 73 esclude, recisamente, che l’assoluzione per quest’ultimo addebito possa sostanziare un profilo di intrinseca contraddittorietà dell’impianto motivazionale della sentenza in esame.

Per quanto riguarda, ora, l’impugnazione proposta dall’avv. Biffa in favore dello stesso Da., si osserva che infondato è il primo motivo, che lamenta un asserito travisamento delle risultanze di causa nella parte in cui il giudice di appello aveva addotto, a momento di conferma del costrutto accusatorio, riferiti servizi di osservazione di p.g., ove invece si sarebbe trattato di un solo servizio di osservazione, donde l’erronea affermazione di una continuità di rapporti tra l’imputato ed il Pe.. Ed invero, non è dato cogliere il rilevato vizio di valutazione e, segnatamente, l’incidenza che tale, ipotetica, erronea lettura avrebbe potuto avere nell’impianto giustificativo, ove si consideri che la continuità del rapporto – nella direzione, in precedenza segnalata, del carattere esclusivo e privilegiato della fornitura – è stata desunta dai contatti telefonici specificamente indicati in motivazione.

La logica dell’impostazione accusatoria che ha valorizzato il carattere stabile e continuativo della fornitura da parte del Da. a beneficio del gruppo Pe. rende affatto irrilevante la circostanza dedotta nel secondo motivo, ossia l’assoluta mancanza di rapporti tra il Da. ed altri pretesi correi.

Il terzo motivo, che dubita dell’effettiva conducenza del compendio probatorio a dimostrare l’esistenza di uno stabile rapporto tra il Da. ed il Pe. è inammissibile, in quanto attiene a questione prettamente di merito, relativa alla valutazione delle risultanze di causa che, proprio perchè adeguatamente motivata, si sottrae al sindacato di legittimità.

Il quarto motivo lambisce, a sua volta, l’area dell’inammissibilità, per palese infondatezza. Ed infatti, con pertinenti e logiche argomentazioni il giudice a quo ha indicato gli elementi di prova ritenuti univoci nella prospettiva accusatoria relativa sia all’esistenza degli elementi costitutivi della fattispecie associativa che della ritenuta partecipazione del ricorrente allo stesso sodalizio, proprio in ragione del carattere costante ed esclusivo della fornitura di stupefacente.

Attiene ad improponibile questione di merito relativa al regime sanzionatorio la doglianza relativa al preteso difetto motivazionale concernente l’omessa verifica della pericolosità dell’imputato che avrebbe giustificato l’aumento di pena per la recidiva, nell’entità determinata, ed il diniego delle attenuanti generiche, la cui concessione avrebbe potuto essere giustificata dalle condizioni socio- economiche dello stesso Da.. Infatti – al di là di un’espressa risposta alle censure di parte – dal complesso della motivazione relativa alla posizione dell’imputato, integrata per quanto di ragione dalla motivazione della sentenza di primo grado, emerge chiaramente il giudizio di pericolosità connesso alle modalità della partecipazione associativa e del contributo causale offerto dall’imputato all’esistenza ed all’operatività del sodalizio nonchè la ragione del diniego delle attenuanti generiche, alla luce dell’entità obiettiva del fatto in rapporto alla stessa efficienza causale di quella partecipazione.

2.5 – Il primo motivo del ricorso proposto in favore di Pe.

G. e F.E. dubita della corretta qualificazione giuridica del fatto ascritto agli imputati, sostenendone la riconducibilità nell’alveo della fattispecie di cui all’art. 110 c.p. e art. 73 della legge sugli stupefacenti. La ragione di doglianza non ha alcun fondamento, posto che, con dovizia di argomentazioni, tutte pertinenti e congrue, i giudici di merito hanno ravvisato nella fattispecie in oggetto gli estremi soggettivi e soggettivi del contestato reato associativo. In tale prospettiva, è stato giustamente valorizzato, quanto al Pe., il reticolo di rapporti con altri sodali, ritenuti di incontrovertibile valenza dimostrativa a sostegno dell’ipotesi di una stabile organizzazione criminale facente capo proprio all’imputato, alla stregua delle captazioni telefoniche in atti e delle dichiarazioni confessorie rese dai coimputati specificamente indicati.

Il contenuto di significativi contatti telefonici e propalazioni di accusa di coimputati sono gli elementi di accusa motivatamente ritenuti validi a sostegno del ribadito convincimento in ordine al pieno e consapevole coinvolgimenti della F. nell’attività illecita organizzata dal marito Pe.Ge..

Il giudizio di infondatezza anche in riferimento alla seconda censura, riguardante il preteso difetto motivazionale in ordine alla reclamata applicazione dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, è dipendente dall’esame complessivo della motivazione relativa all’entità dell’attività delittuosa gestita dal sodalizio facente capo al Pe., che escludeva qualsiasi, ragionevole, possibilità di ravvisare nella fattispecie i presupposti per una più benevola considerazione necessaria ai fini del riconoscimento della richiesta attenuante speciale.

Inammissibile è la terza censura, relativa al mancato riconoscimento per la F. dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. od alla mancata riqualificazione del fatto secondo più pertinente nomen iuris. A parte i profili di merito che la connotano, la doglianza è del tutto priva di fondamento, essendo ineccepibile la motivazione che ascrive alla F. consapevole partecipazione alla consorteria delinquenziale e tale valutazione, che conferma il giudizio di colpevolezza espresso in primo grado, esclude eo ipso la possibilità di diversa, più favorevole, qualificazione giuridica, mentre l’entità del contributo causale all’esistenza della consorteria esclude la configurabilità dei presupposti applicativi della reclamata attenuante della minima partecipazione.

2.6 – All’esame dei motivi del ricorso proposto da V. G. è pregiudiziale il rilievo che, con nota depositata il 2.8.2010, l’imputato ha rinunciato al ricorso.

A mente dell’art. 591, comma 1, lett. d), la rinuncia comporta inammissibilità dell’impugnazione, che va, dunque, dichiarata come da dispositivo.

2.7 – Il ricorso proposto in favore di D.K. si colloca alle soglie dell’inammissibilità, prospettando questione squisitamente di merito improponibile in sede di legittimità in presenza di motivazione congrua e formalmente corretta. Tale, certamente, è quella addotta dalla Corte distrettuale a conferma del giudizio di colpevolezza espresso in primo grado a carico dell’imputata. Ineccepibile, in particolare, è il giudizio di idoneità del compendio probatorio, costituito in gran parte da captazioni telefoniche, il cui contenuto è stato ritenuto dimostrativo dell’abitualità di rapporti tra l’imputata ed il Pe.

G. ai fini del sistematico acquisto di stupefacente, a sostegno dell’ipotizzato stabile inserimento della D., proprio nella qualità di abituale acquirente, nel sistema organizzato messo a punto dallo stesso Pe.. L’inesatto riferimento personale, segnalato dalla ricorrente, per la sua marginalità nell’economia della vicenda, non può essere sintomo di approssimazione, incoerenza o contraddittorietà dell’impianto motivazionale.

2.8 – Il ricorso in favore di Ci.An., volto a confutare il ragionamento probatorio che ha portato il giudice a quo alla conferma della pronuncia di colpevolezza a carico dell’imputato, si colloca al limite dell’inammissibilità. Ed invero, il percorso giustificativo seguito dalla Corte di merito si sottrae alle critiche di parte avendo puntualmente indicato le conversazioni telefoniche ritenute significative dell’affermata partecipazione, nei termini di un appropriato apprezzamento di merito, che, proprio perchè congruamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità. La continuità dei rapporti con i coniugi C. – V. e, soprattutto, il carattere ed il significato di tali rapporti sono stati ritenuti pregnanti nel senso della consapevole partecipazione e della ritenuta affectio societatis.

2.9. – Su identica linea contestativa si pone il ricorso in favore di I.S. e, per identiche ragioni, non può che condividerne l’epilogo decisionale di infondatezza.

Ed infatti, anche per lo I. l’impianto motivazionale non merita le critiche di parte, avendo puntualmente indicato le emergenze di causa, soprattutto gli esiti delle captazioni telefoniche, ritenute univocamente sintomatiche di consapevole partecipazione come custode di notevoli quantitativi di cocaina per conto del sodalizio e delle convergenti dichiarazioni accusatorie rese dai coimputati, segnatamente dal genero D’.Gi., dalla figlia I. M. e da D’.Da..

2.10. – Il ricorso in favore di I.M., limitato al regime sanzionatorio sotto il profilo della mancanza di motivazione, è certamente fondato e merita, dunque, accoglimento. Ed invero, nonostante espressa istanza racchiusa nell’atto di gravame ai fini di un ridimensionamento della pena inflitta in primo grado anche in considerazione dell’apporto collaborativo, avendo reso dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie, nessuna risposta motivazionale è stata offerta dal giudice di appello, che si è limitato alla mera conferma della sentenza impugnata nei confronti dell’odierna ricorrente.

La mancanza di motivazione è causa di nullità della stessa pronuncia in parte qua con conseguente declaratoria nei termini di cui in dispositivo, affinchè il competente giudice del rinvio provveda all’esame delle doglianze di parte.

2.11. – Il ricorso proposto in favore di D’.Da. si colloca, pur esso, alle soglie dell’inammissibilità, attingendo ad improponibili questioni di merito relative alla lettura delle risultanze di causa. La motivazione della sentenza impugnata costituisce solida base giustificativa di quella lettura, avendo individuato – e valutato criticamente – significativi elementi di prova alla stregua delle conversazioni telefoniche intercettate, comprovanti la continua attività di spaccio svolta dall’imputato per conto dell’organizzazione, e delle dichiarazioni rese da coimputati, segnatamente dal fratello Gi. e da I.M.. Con argomentazione congrua e formalmente corretta i giudici di merito hanno valutato l’anzidetto compendio probatorio pienamente valido ed idoneo a confermare il giudizio di colpevolezza a carico del D’. in ordine ai reati a lui ascritti.

E’ appena il caso di soggiungere che non è consentita in questa sede la rilettura di tali dichiarazioni in funzione di reclamata sovrapposizione di nuova valutazione a quella motivatamente proposta dalla Corte di Appello.

2.12. – Il primo motivo del ricorso proposto da To.An. dubita della corretta lettura delle risultanze di causa in riferimento al contestato reato associativi opinando che quelle stesse emergenze avrebbero potuto semmai sostenere la diversa ipotesi delittuosa di cui all’art. 110 e art. 73 legge stupefacenti. A parte i pur evidenti profili di inammissibilità, la censura è, comunque, priva di fondamento, in quanto, con puntuale motivazione, la Corte di merito ha spiegato le ragioni per le quali il corposo compendio indiziario, fatto di captazioni telefoniche e di propalazioni accusatorie dei coimputati D’.Da., D’.Gi. e I.M., è stato ritenuto pienamente idoneo nella prospettiva accusatoria della partecipazione al sodalizio delittuoso, pure ai fini dell’individuazione del ruolo svolto dal To., genero di Pe.Ge., in seno all’organizzazione, anche come detentore di sostanza stupefacente e di persona capace di saggiarne la qualità.

L’infondatezza anche del secondo motivo, riguardante il preteso difetto motivazionale in merito al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, legge stupefacenti, emerge dalle motivazioni che precedono in riferimento ad identiche censure di altri ricorrenti e, discende, in particolare, dalla riscontrata entità del traffico di stupefacente e dalle caratteristiche e modalità dell’impresa delittuosa, che escludeva ogni possibilità di applicazione della reclamata attenuante speciale. E’ inammissibile questione di merito quella che sostanzia il terzo motivo, relativo alla negata prevalenza delle già concesse attenuanti generiche, posto che dal riesame della posizione del To. e del ruolo da lui svolto in seno al sodalizio, nell’apprezzamento fatto dalla Corte di merito, emergono per implicito le ragioni per le quali l’imputato non è stato ritenuto meritevole di un più benevolo trattamento sanzionatorio, che presupponesse la formulazione di un giudizio di prevalenza delle già concesse attenuanti generiche.

2.13. – Il primo motivo del ricorso proposto in favore di D’.

M. – che contesta la ritenuta idoneità degli elementi di causa a sostenere l’ipotesi accusala della detenzione di sostanza stupefacente – è del tutto privo di fondamento. Ed invero la Corte di merito ha puntualmente indicato le emergenze processuali, ritenute logicamente valide nella direzione anzidetta, a conferma della piena responsabilità dell’odierno ricorrente, padre di D’.

G., per conto del quale custodiva, nel proprio fondo un considerevole quantitativo di stupefacente. Della relativa presenza – riscontrata al momento dell’arresto – l’imputato è stato motivatamente ritenuto consapevole alla luce delle captate conversazioni telefoniche.

L’entità e qualità dello stupefacente sono state, poi, ritenute implicitamente ostative all’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, reclamata ai fini di un più benevolo trattamento sanzionalo e tanto basta per formulare un giudizio di infondatezza anche in ordine alla seconda censura.

3. – Per quanto precede, può trovare accoglimento, nei limiti anzidetti, il solo ricorso proposto da I.M., con conseguente annullamento in parte qua della pronuncia impugnata.

Tutti gli altri ricorsi devono essere, invece, rigettati, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Annulla l’impugnata sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio nei confronti di I.M., con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per nuovo esame. Rigetta gli altri ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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