T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 04-03-2011, n. 2004 Carriera direttiva

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 26 agosto 2006 all’Amministrazione intimata presso l’Avvocatura dello Stato ed ai controinteressati presso le rispettive sedi di servizio e depositato il successivo 15 settembre 2006, il ricorrente – vice questore aggiunto della Polizia di Stato dal 1° gennaio 1996 – impugna la graduatoria finale predisposta dalla Commissione per la progressione in carriera del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, ai fini dell’ammissione al Corso di Formazione dirigenziale per la nomina a primo dirigente della Polizia di Stato con decorrenza 1.1.2006, nella parte in cui non lo include nei posti in graduatoria utili per l’ammissione al corso, ed atti alla stessa presupposti.

In particolare, espone che:

– a seguito dell’entrata nel ruolo dei Commissari della Polizia di Stato a decorrere dal 30 dicembre 1985, espletava numerosi incarichi, dirigeva innumerevoli servizi di ordine pubblico nonché frequentava specifici corsi di formazione;

– stante la previsione di cui all’art. 7 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, il quale prevede – tra le modalità di accesso alla qualifica di primo dirigente della Polizia di Stato – l’assegnazione dell’ottanta per cento dei posti disponibili al 31 dicembre di ogni anno "mediante scrutinio per merito comparativo e superamento del corso di formazione dirigenziale della durata di tre mesi", il Consiglio di Amministrazione provvedeva a determinare i criteri di massima da adottare negli scrutini "per il triennio 2004/2006";

– sulla base di tali criteri, veniva redatta dall’apposita Commissione la graduatoria in epigrafe, in cui risulta inserito al 243° posto, avendo conseguito il punteggio complessivo di 77,55 punti, e, dunque, per tale motivo "non si è utilmente classificato ai fini dell’ammissione al corso di formazione dirigenziale, riservato ai primi 83 funzionari classificati".

Avverso tale graduatoria il ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:

VIOLAZIONE DI LEGGE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 7 DEL D.LGS. 5.10.2000, N. 334 E DEL D.P.R. 28.12.1970, N. 1077 – CARENZA DI MOTIVAZIONE CIRCA L’ATTRIBUZIONE DEL PUNTEGGIO ALLA VOCE ATTITUDINALE – ILLEGITTIMITA" DELLO SCRUTINIO PER ARBITRIO – ILLOGICITA" MANIFESTA. La graduatoria finale è stata determinata in maniera nettamente prevalente sulla base del punteggio attribuito alla V categoria "Qualità delle funzioni con particolare riferimento alla competenza professionale dimostrata ed al grado di responsabilità assunta, alla stima ed al prestigio goduti negli ambienti esterni ed interni, all’impegno professionale derivante dalla specifica sede di servizio – attitudine ad assumere maggiori responsabilità e ad assolvere le funzioni della qualifica da conferire", ma non è dato comprendere sulla base di quali elementi risultanti dai fascicoli personali siano stati poi espressi i giudizi. Il punteggio della categoria professionale, attribuito in maniera apodittica, è dunque stato computato "in assenza totale di motivazione, e senza alcun punto di contatto nemmeno implicito con l’attività effettivamente svolta e la qualità del servizio reso".

Con atto depositato in data 23 settembre 2006 si è costituito il Ministero dell’Interno.

Con ordinanza n. 5377 del 28 settembre 2006 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione, "avuto riguardo alla posizione rivestita in graduatoria dal ricorrente in uno alla circostanza che vede il ricorso notificato a solo due controinteressati presso l’ufficio di appartenenza e non a mani proprie".

Tale ordinanza risulta confermata dal Consiglio di Stato essenzialmente per carenza del "periculum in mora" con ordinanza n. 1347/2007.

Con memoria depositata in data 24 novembre 2010 il ricorrente ha reiterato le censure già formulate. Nel contempo, ha sostenuto la regolarità della notifica ai controinteressati, ancorchè "consegnata al personale addetto al servizio in cui" quest’ultimi sono impiegati, ai sensi dell’art. 139, comma 2, del c.p.c., e – in via subordinata – ha affermato che "ove mai il Tribunale avesse rinvenuto delle irregolarità avrebbe dovuto rimettere in termini l’interessato", posto che l’eventuale irregolarità non è imputabile alla parte.

Con memoria depositata in data 11 dicembre 2010 l’Amministrazione ha evidenziato la correttezza del proprio operato.

All’udienza pubblica del 13 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.

2. Come già rilevato dalla Sezione nell’ambito dell’ordinanza cautelare n. 5377 del 2006, a cui il ricorrente ha avuto ampiamente modo di controdedurre con proprie argomentazioni giuridiche, il ricorso risulta notificato ai controinteressati – non costituitisi in giudizio – "presso l’ufficio di appartenenza e non a mani proprie".

Orbene, tale circostanza rende il ricorso inammissibile.

Per costante giurisprudenza, il ricorso notificato al controinteressato – in modo diretto o a mezzo del servizio postale – presso l’ufficio pubblico dove egli presta servizio va, infatti, dichiarato tale in tutti i casi in cui la consegna dell’atto o del plico non avvenga a mani del controinteressato stesso, bensì ad altra persona, pur se addetta a quell’ufficio, atteso che la possibilità prevista dall’art.139, comma 2, c.p.c. di procedere alla notifica a mani di "persona addetta all’ufficio" va riferita esclusivamente agli uffici dove l’interessato tratta i propri affari- per cui può affermarsi un’immedesimazione di principio tra ufficio e destinatario – e non anche all’ufficio presso il quale il dipendente pubblico controinteressato presta lavoro subordinato (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2561; C.d.S., Sez. V, 3 febbraio 2006, n. 463; C.d.S., Sez. IV, 9 novembre 2005, n. 6255; TAR Lazio, Roma, Sez. II, 3 novembre 2010, n. 33125; TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 10 aprile 2009, n. 699; TAR Lazio, Latina, 4 settembre 2006, n. 597).

Del resto, una siffatta interpretazione restrittiva trova conforto anche nel parallelo ed alternativo riferimento – operato dallo primo comma dell’art. 139 in argomento – al luogo di esercizio, evidentemente in proprio, dell’industria o del commercio, nonché nelle previsioni dei successivi secondo e terzo commi circa le persone idonee a ricevere la notificazione, che postulano la sussistenza di un rapporto strettamente fiduciario tra esse ed il destinatario della notificazione in questione, presupposizione non riferibile ad un ufficio, la cui organizzazione non rientra nella disponibilità del destinatario medesimo (cfr. TAR Lazio, n. 33125 del 2010, già citata).

Per completezza, va comunque ricordato che il ricorrente richiama l’istituto processuale della rimessione in termini, per non imputabilità alla parte dell’irregolarità contestata (ipotesi questa che ora trova espressa disciplina nell’art. 44 del cod.proc.amm.), ma è da escludere che tale istituto possa trovare applicazione nel caso in esame, atteso che le modalità della notificazione sono state evidentemente scelte ed indicate all’organo della notificazione dallo stesso ricorrente, il quale, per non aver fornito precise istruzioni o per non aver scelto un diverso mezzo di notificazione, si è inequivocabilmente assunto il rischio dell’eventuale mancato buon fine e corretto adempimento dell’operazione chiesta (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. V, 16 giugno 2009, n. 3876; TAR Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 21 dicembre 2010, n. 545).

Ciò detto, è doveroso concludere che – in spregio della disposizione di cui all’art. 21, comma 1, della legge n. 1034 del 1971 (ora art. 41 cod. proc. amm.) – non è stato evocato in giudizio "almeno uno dei controinteressati" e, dunque, non è stato correttamente instaurato il contraddittorio.

3. Per le ragioni illustrate, il ricorso va dichiarato inammissibile, per difetto di contraddittorio.

Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Roma – Sezione I ter dichiara inammissibile il ricorso n. 8402/2006.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *