Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-11-2010) 08-03-2011, n. 9031

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano confermava la sentenza in data 20 novembre 2006 del Tribunale di Milano, appellata da A.A.M., condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi otto di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in quanto responsabile dei reati, in continuazione tra loro, di cui agli artt. 337, 582 e 585 c.p., art. 61 c.p., n. 10, art. 651 c.p. (per avere proferito minacce e usato violenza, al fine di opporsi a un atto di ufficio, nei confronti del dipendente della polizia municipale B.A., che cercava di impedirgli di transitare con la sua autovettura in zona interdetta al traffico, procurandogli lesioni personali, nonchè di essersi rifiutato in tale circostanza di fornire le proprie generalità (in (OMISSIS)).

2. Osservava tra l’altro la Corte di appello che la prova della responsabilità dell’imputato derivava dalle concordi dichiarazioni sia della persona offesa B.A. sia dei testi G. A., D.F., G.P. e Z. G., colleghi del B., nonchè dalla documentazione medica acquisita.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto personalmente, denunciando, formalmente con un unico motivo, il vizio di motivazione della sentenza impugnata, osservando: che egli aveva rilasciato immediatamente le proprie generalità all’Isp. Z., come dallo stesso confermato; che le lesioni personali non erano provate, essendo state le stesse ricavate da un generico referto di pronto soccorso attestante una prognosi di guarigione di tre giorni;

che non era stata opposta da lui alcuna resistenza, non essendovi stato alcun contatto fisico tra lui e l’agente.
Motivi della decisione

1. Osserva la Corte che il ricorso è inammissibile, in quanto sotto la veste di vizi di motivazione, deduce in realtà censure in punto di fatto, non esaminabili in sede di legittimità. 2. La Corte di appello ha dato atto delle concordi dichiarazioni testimoniali circa le gravi, reiterate e ingiustificate minacce proferite dall’ A. nei confronti dell’agente di polizia municipale B.A. che, del tutto legittimamente, stava cercando di impedirgli di transitare, alla guida di un’autovettura, in una zona dove era vietata la circolazione in concomitanza con una manifestazione sportiva, nonchè circa la manovra fatta dall’imputato con il veicolo in direzione del B., il quale, per evitare l’urto, era caduto sul cofano procurandosi le lesioni successivamente certificate al Pronto Soccorso dell’Ospedale (OMISSIS) in "trauma distorsivo del rachide lombare" guaribili in quattro giorni.

Solo dopo reiterate insistenze da parte dei colleghi del B. nonchè del passeggero dell’autovettura, tale S.I., l’ A. si era infine deciso ad esibire i propri documenti.

A fronte di dette risultanze, esaurientemente e logicamente esposte, deve ritenersi che bene è stata affermata la responsabilità dell’imputato per i reati ascrittigli, avendo l’ A. posto in essere minacce e violenze per sottrarsi alla esibizione dei propri documenti, legittimamente richiesti, in relazione al suo rifiuto di ottemperare al divieto di circolazione nella zona nella quale stata transitando alla guida di un’autovettura; ed avendo lo stesso provocato al B., con l’avanzamento del veicolo verso lo stesso, le lesioni personali di cui al referto ospedaliero.

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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