Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, Sentenza del 13 aprile 2010 n. 8720. Sugli atti di straordinaria amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 15 ottobre – 10 novembre 2004, la Corte di appello di Palermo riformava la decisione del locale Tribunale del 21 febbraio – 13 marzo 2000, rigettando la domanda degli eredi di Giovanni Carlo Jemolo, intesa ad ottenere l’annullamento della transazione stipulata con scrittura del 15 giugno 1987, in relazione alla domanda di risarcimento di danni da incidente stradale proposta contro conducente e proprietaria del veicolo che aveva investito il minore, Giovanni Carlo Jemolo (all’epoca di anni quattro).
Una prima decisione del Tribunale del 25 maggio 1984 aveva riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni subiti dal minore nella misura di lire 62.392.083, condannando conducente e proprietaria dell’autovettura al pagamento della differenza tra tale somma e quella già erogata dalla compagnia di assicurazione che aveva corrisposto il massimale di polizza di lire 15.000.000.
In data 15 giugno 1987 (nel corso del giudizio di appello promosso da conducente e proprietaria dell’automezzo, dopo che la Corte di appello aveva disposto il rinnovo della consulenza tecnica di ufficio sulla persona del minore) gli appellanti avevano raggiunto un accordo transattivo con il solo procuratore del padre del minore, il quale aveva promosso il giudizio senza l’intervento dell’altro coniuge.
Ad avviso della Corte territoriale, il diritto al risarcimento non si era prescritto, considerato che la prescrizione era stata interrotta con la citazione del 19 aprile 1991 e da questa data era iniziato a decorrere un nuovo termine quinquennale, con conseguente tempestività della nuova domanda giudiziale proposta dagli aventi causa del minore, nel frattempo deceduto, in data 26 settembre 1994.
Tanto premesso, osservavano – tuttavia – i giudici di appello che la transazione sottoscritta dal difensore dello Jemolo non costituiva atto di straordinaria amministrazione, con la conseguenza che lo stesso non poteva essere annullato, pur essendo stato posto in essere solo dal padre del minore, senza autorizzazione del giudice tutelare.
Non sussisteva nel caso di specie alcuna delle condizioni specificate dalla giurisprudenza di questa Corte, ai fini della qualificazione nel negozio transattivo come eccedente la ordinaria amministrazione.
La invalidità permanente riscontrata non superava il 4-5%: dunque la transazione non poteva avere incidenza economica di rilevante gravità sul patrimonio del minore. L’accertamento dei postumi operato dal primo giudice aveva valutati nell’ordine del 45-55%) non era utilizzabile alla luce della ordinanza collegiale che disposto il rinnovo della consulenza tecnica medico-legale per accertare la esistenza di invalidità permanenti, derivati dall’incidente in questione.
Tra l’altro, doveva tenersi conto anche delle pagelle scolastiche prodotte, dalle quali risultava che il minore non “risentiva alcuno degli irreversibili effetti psichici, normalmente ricollegabili a postumi invalidanti erroneamente accertati dal c.t.u, del giudizio di primo grado”.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi dello Jemolo, con due motivi.
Resistono il conducente e la proprietaria del veicolo, Giovanni Triolo e Clara Di Marco, i quali propongono, a loro volta, ricorso incidentale condizionato.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve innanzi tutto disporsi la riunione dei due ricorsi, proposti contro la medesima decisione.
Con il primo motivo, i ricorrenti principali denunciano violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 1965, 320, terzo comma, codice civile).
Con il secondo motivo i ricorrenti principali deducono omessa ed insufficiente, o contraddittoria, motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dagli appellati/appellanti incidentali e rilevabile di ufficio.
I giudici di appello, con motivazione inadeguata ed insufficiente, avevano ritenuto che il negozio transattivo diretto al risarcimento del danno subito da un minore, rientra sempre tra gli atti di ordinaria amministrazione, in quanto diretto alla reintegrazione del patrimonio del minore.
L’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, richiamato dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata, deve considerarsi ampiamente superato dal nuovo indirizzo della stessa Corte e dalla più recente opinione della dottrina.
I giudici di appello non avevano spiegato le ragioni per le quali non avevano ritenuto di condividere il più recente orientamento giurisprudenziale.
Osserva il Collegio:
i due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono fondati. Le censure formulate dai ricorrenti sono fondate, sia sotto il profilo della violazione di norme di diritto che sotto quello dei vizi di motivazione denunciati.
I giudici di appello non hanno tenuto conto della più recente giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale: “In tema di amministrazione dei beni dei figli ex art. 320 cod. civ., al di fuori dei casi specificamente individuati ed inquadrati nella categoria degli atti di straordinaria amministrazione dal Legislatore, vanno considerati di ordinaria amministrazione gli atti che presentino tutte e tre le seguenti caratteristiche: 1) siano oggettivamente utili alla conservazione del valore e dei caratteri oggettivi essenziali del patrimonio in questione; 2) abbiano un valore economico non particolarmente elevato in senso assoluto e soprattutto in relazione al valore totale del patrimonio medesimo; 3) comportino un margine di rischio modesto in relazione alle caratteristiche del patrimonio predetto. Vanno invece considerati di straordinaria amministrazione gli atti che non presentino tutte e tre queste caratteristiche” (Cass. 15 maggio 2003 n. 7546).
Nello stesso senso: “ La transazione avente ad oggetto la controversia relativa al risarcimento del danno, stipulata dal genitore nell’interesse del figlio minore, costituisce atto di straordinaria amministrazione quando abbia ad oggetto un danno che, per la sua natura e la sua entità, possa incidere profondamente sulla vita presente e futura del minore danneggiato. In questo caso è necessaria, per la validità della transazione, l’autorizzazione del giudice tutelare ex. art. 320 cod. civ.” (Cass. 22 maggio 1997 n. 4562).
Il principio enunciato dalla Corte palermitana non coincide con quello sopra indicato, ora ribadito con la presente pronuncia.
Inoltre, con motivazione del tutto inadeguata, i giudici di appello hanno ritenuto che nel caso di specie il danno permanente riportato dal minore potesse essere considerato di non rilevante entità, sulla sola base di una relazione del consulente di parte (che aveva valutato l’incidenza dei postumi permanenti di natura invalidante nell’ordine del 4-5%, a fronte del 45-55% già accertati dal consulente tecnico di ufficio nel giudizio di primo grado).
I giudici di appello non hanno tenuto conto del notevole divario tra quanto richiesto dall’attore (e riconosciuto con la decisione del giudice di primo grado) e quanto ottenuto in via transattiva dal difensore del padre del minore e del fatto che la nuova valutazione dei postumi permanenti non costituiva altro che una prospettazione di parte.
Nel caso di specie, infatti, il primo giudice aveva liquidato a favore del minore un risarcimento danni per l’importo complessivo di lire 62.392.083, mentre il difensore del padre di Giovanni Carlo Jemolo aveva accettato, a completa tacitazione di ogni diritto, dal conducente e proprietaria dell’autoveicolo la somma omnicomprensiva di lire 5.000.000 (oltre lire 3.000.000 a titolo di spese legali).
I giudici di appello non hanno tenuto conto del grande divario esistente tra queste due cifre, ai fini formulazione del giudizio finale in ordine alla necessità una autorizzazione del giudice tutelare alla transazione.
La sentenza impugnata, che non ha preso in considerazione la sussistenza degli elementi individuati dalla giurisprudenza di questa Corte, ai fini della qualificazione della transazione come atto di ordinaria o straordinaria amministrazione, deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che precederà a nuovo esame, tenendo conto del principio di diritto sopra indicato, secondo il quale l’autorizzazione del giudice tutelare è necessaria ai fini della validità della transazione, tutte le volte che questa abbia ad oggetto atti rientranti nella straordinaria amministrazione.
Deve essere esaminato l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1442,2908. 2943 c.c., 310 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
I giudici di appello avevano respinto la eccezione di prescrizione sollevata sin dal giudizio di primo grado e non avevano considerato che il termine quinquennale di cui all’art. 1442 c.c. può essere interrotto unicamente dalla domanda giudiziale.
La Corte territoriale non aveva considerato, infine, che l’atto di citazione notificato in data 19 aprile 1991 non poteva produrre alcun effetto interruttivo, considerato che il relativo giudizio era stato dichiarato estinto con ordinanza del 16 settembre 1993.
L’estinzione del giudizio, secondo la disposizione di cui all’art. 310, comma 2, c.p.c. – concludono i ricorrenti incidentali – rende inefficaci tutti gli atti compiuti.
Il ricorso incidentale è privo di fondamento.
I giudici di appello hanno ricordato che la transazione era stata stipulata in data 15 giugno 1987 e che Giovanni Carlo Jemolo era diventato maggiorenne il 23 settembre dello stesso anno. Da tale data iniziava a decorrere il termine di cui all’art. 1442, secondo comma, c.c.
L’azione di annullamento era stata dunque proposta nei termini di cui all’art. 1442, primo comma, c.c. Infatti, era stato lo stesso Giovanni Carlo Jemolo ad impugnare la transazione con atto di citazione notificato il 19 aprile 1991.
Il giudizio, interrotto per la sua morte, non era stato riassunto tempestivamente. Per questo motivo ne era stata dichiarata la estinzione (16 settembre 1993).
Con successivo atto di citazione, notificato in data 26 settembre 1994, gli eredi di Giovanni Carlo Jemolo avevano iniziato il presente giudizio.
Correttamente, sulla base di tali premesse in fatto, i giudici di appello hanno concluso che, alla data del 26 settembre 1994, non era decorso il nuovo termine di prescrizione quinquennale decorrente dalla notificazione del primo atto di citazione (art. 1442 c.c.), l’estinzione del processo (sia o meno dichiarata dal giudice) elimina l’effetto permanente dell’interruzione della prescrizione prodotto dalla domanda giudiziale ai sensi dell’art. 2945 comma 2 cod. civ., ma non incide sull’effetto interruttivo istantaneo della medesima, con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data di detta domanda (Cass. 18 dicembre 1996 n. 11318).
In tema di efficacia e di durata dell’interruzione della prescrizione per effetto della notificazione di un atto giudiziario introduttivo di un giudizio, ove questo si estingua, comincia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione a partire dalla data dell’atto introduttivo a meno che nel processo non siano state pronunciate sentenze non definitive di merito, le quali non sono travolte – per espressa disposizione dell’art. 310, secondo comma, cod. proc. civ. – dall’inefficacia che, conseguendo all’estinzione del giudizio, investe tutti gli atti compiuti (Cass. 28 novembre 1986 n. 7040).
Conclusivamente il ricorso incidentale condizionato deve essere rigettato.
Il ricorso principale deve essere accolto, con rinvio ad altro giudice che procederà a nuovo esame, tenendo conto del principio di diritto sopra enunciato.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale.
Cassa in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, in Camera di Consiglio, il 23 febbraio 2010.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 13 APRILE 2010

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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