Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 07-03-2011, n. 194 Vittime del dovere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

itto quanto segue.
Svolgimento del processo

Mo.Vi., vedova del sig. Ga.Vi., in data 3 ottobre 2005 presentava istanza all’Ufficio Speciale per la Solidarietà alle vittime del crimine organizzato e della criminalità mafiosa, istituito presso l’Assessorato della Regione Siciliana della Famiglia, delle Politiche Sociali e delle Autonomie Locali, al fine di ottenere la concessione del beneficio di cui all’art. 4 della L. n. 20 del 1999 e, quindi, di essere inserita nei ruoli dell’Amministrazione Regionale.

La richiesta muoveva dalla circostanza che il di lei marito era asseritamente rimasto vittima innocente della guerra di mafia svolta nella provincia di Trapani tra gruppi criminali appartenenti a Cosa Nostra.

Con nota prot. n. 1477 del 15.11.2005 dell’Ufficio Speciale per la Solidarietà alle vittime del crimine organizzato e della criminalità mafiosa, le veniva comunicato l’avvio del procedimento di archiviazione della pratica, all’uopo richiamando la nota prot. n. 4125/3506/ Area I della Prefettura di Trapani, con la quale detta Amministrazione aveva evidenziato l’assenza del presupposto della estraneità della vittima alla mafia.

Successivamente, con nota prot. n. 4125/3506/Area I del 17 ottobre 2005, la Prefettura evidenziava come la vittima fosse stata vista in "compagnia di pericolosi pregiudicati" e come l’istante fosse stata denunziata per un reato di falso nel 1999.

La predetta sig.ra Mo.Vi. inviava all’Assessorato ed alla Prefettura una richiesta di riesame in autotutela, allegando copia della sentenza n. 2/2003 pronunciata dalla II Sezione della Corte di Assise di Trapani, da cui emergerebbe che il marito era da considerarsi vittima innocente della mafia; tuttavia, con nota del 22 dicembre 2005, la Prefettura nuovamente riteneva che il marito della istante "non fosse estraneo a sodalizi criminosi" e che, in forza di una informativa della Questura di Trapani, "il predetto nei primi anni 80 era stato notato da personale del locale Commissariato di P.S. in compagnia di pericolosi pregiudicati".

A seguito di tali provvedimenti, la sig.ra Mo.Vi. proponeva ricorso al T.A.R. Palermo (n. 324/2006 r.g.), con richiesta di adozione di misure cautelari.

Intanto, con provvedimento D.D.R. n. 0168 S/7, datato 30 gennaio 2006, poi impugnato con motivi aggiunti, l’Assessorato, recependo il contenuto delle note sopra richiamate, confermava il rigetto dell’istanza della sig.ra Mo.

Il Tribunale adito rigettava l’istanza di misura cautelare che, invece, questo C.G.A., con ordinanza n. 808/2006, accoglieva "apparendo necessaria una rivalutazione della questione che tenga conto, specificatamente, della sentenza della Corte di Assise di Trapani".

Tuttavia, tale ordinanza, nonostante i solleciti della ricorrente, non veniva eseguita.

Il Tribunale adito accoglieva il superiore ricorso con sentenza n. 2289/2007, avverso la quale le Amministrazioni interessate proponevano appello iscritto al n. 52/2008, con istanza di sospensione, poi respinta da questo C.G.A.

Dal ricorso in appello, ricevuto in data 7 gennaio 2008, la sig.ra Mo. apprendeva che l’Assessorato aveva eseguito l’ordine di riesame, contenuto nella suddetta ordinanza n. 808/2006 di questo C.G.A., con provvedimento n. 1080 del 14.6.2007, mai comunicatole.

Dal ricevuto ricorso in appello, la sig.ra Mo. apprendeva, altresì, che con nota prot. n. 1178/B/2569/VT del 10.7.2007, il Ministero dell’Interno aveva trasmesso il parere negativo del 29 maggio 2007 adottato dalla Commissione Consultiva istituita presso l’anzidetto Ministero, con il quale, previo riesame della sentenza n. 2/2003 della Corte di Assise di Trapani, detta Commissione aveva confermato che il sig. Ga., marito della sig.ra Mo., non poteva essere considerato vittima innocente della mafia.

La nota prot. n. 1178/2007 ed il parere in data 29 maggio 2007, sopra richiamati, venivano contestati dalla sig.ra Mo. con atto di costituzione in appello, con espressa riserva di impugnazione.

Con decisione n. 844/08 del 23.4.2008, depositata il 7.10.2008, questo C.G.A. respingeva il suddetto ricorso in appello n. 52/2008.

Frattanto, con ricorso al T.A.R. Palermo, la sig.ra Mo. aveva impugnato il suddetto provvedimento n. 1080 del 14.6.2007 ed il superiore parere negativo VT 2569 del 29 maggio 2007, adottato dalla citata Commissione Consultiva, entrambi conosciuti merce la notifica ricevuta in data 7 gennaio 2008 del ricorso in appello iscritto al n. 52/2008, nonché i documenti richiamati in epigrafe del suddetto ricorso.

Alla camera di consiglio del 18.4.2008, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati veniva respinta.

Successivamente, il T.A.R. adito, con sentenza n. 2377/2010, depositata il 4 marzo 2010, dichiarava d’ufficio il proprio difetto di giurisdizione.

Con l’appello in epigrafe, la sig.ra Mo. ha dedotto, preliminarmente, i seguenti motivi di diritto:

1) "Violazione e falsa applicazione dei principi regolatori del riparto di giurisdizione in relazione al caso concreto afferente un giudizio incoato su un provvedimento di riesame emanato in esecuzione ad un ordine del giudice amministrativo".

Il Giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere il proprio difetto di giurisdizione, non tenendo conto della particolare questione sottesa alla sua cognizione.

Con il superiore ricorso n. 783/2008 la ricorrente aveva chiesto al T.A.R. di annullare il provvedimento n. 1080/07 ed il parere in data 29 maggio 2007, sopra richiamati, entrambi emanati in adempimento all’obbligo di riesame discendente dalla ordinanza n. 808/2006 di questo C.G.A.

Poiché il suddetto provvedimento di riesame è stato emanato in ossequio ad un’ordinanza di questo C.G.A., ciò indurrebbe a ritenere che, in tal caso, sussiste un margine di discrezionalità dell’Amministrazione onerata della rivalutazione di alcuni elementi, di fatto e di diritto, non adeguatamente presi in considerazione nell’originario provvedimento annullato e che, pertanto, la posizione giuridica del privato è da considerarsi di interesse legittimo.

2) "Violazione del principio del giudicato implicito sulla giurisdizione".

L’odierna appellante, richiamando anche favorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha affermato che la sentenza impugnata sarebbe, altresì, illegittima essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione, derivante dalla definitività della sentenza del T.A.R. Palermo n. 2289/2007, seppure depositata successivamente al provvedimento di riesame, atteso che l’effetto del giudicato implicito và valutato in relazione al momento della pronuncia del T.A.R. (n. 2377/2010) sul provvedimento di riesame, oggi impugnata, intervenuta allorché la sentenza n. 2289/07 aveva già acquisito autorità di cosa giudicata.

3) "Violazione e falsa applicazione delle pronunce giurisprudenziali richiamate; inconferenza dell’elemento della speciale elargizione.

Atteso che il petitum del ricorso di primo grado (n. 783/2008) era volto all’assunzione della ricorrente nei ruoli regionali, ai sensi dell’art. 4 della L.R. n. 20/1999, il T.A.R. adito avrebbe fondato il proprio erroneo convincimento del difetto di giurisdizione esclusivamente sulla questione della speciale elargizione.

4) "Contrasto di orientamento giurisprudenziale tra lo stesso Collegio del TAR. Contrasto con orientamento giurisprudenziale di questo C.G.A.".

Con sentenza n. 1011/2009, la 1° sezione del T.A.R. Palermo, su questione simile, ha ritenuto la propria giurisdizione, all’uopo richiamando anche l’orientamento in tal senso espresso da questo C.G.A..

Nel merito, riproponendo tutte le censure già dedotte nel corso del giudizio di primo grado, ha eccepito l’infondatezza e l’inconducenza, sotto diversi profili, del provvedimento n. 1080/07, sopra richiamato, nonché la violazione e la falsa interpretazione della sentenza n. 2/2003 della Corte d’Assise di Trapani e la contraddittorietà ed illogicità della motivazione.

Con detto provvedimento n. 1080/07, emesso nelle more della decisione del T.A.R. (in relazione al ricorso n. 324/2006), l’Ufficio Speciale ha ottemperato all’ordinanza n. 808/2006 di questo C.G.A., ma, in realtà, non sarebbe stato compiuto alcun effettivo riesame della questione, secondo la statuizione di cui all’anzidetta ordinanza n. 808/2006.

In conclusione, ha chiesto, di preliminarmente sospendere l’impugnata sentenza, indi, di accogliere il ricorso ovvero, in subordine, annullando detta sentenza, rinviare la controversia al primo Giudice, ai sensi dell’art. 35, 2° comma, L. n. 1034/1971.

Con memoria difensiva depositata il 28 aprile 2010, le Amministrazioni resistenti hanno replicato alle deduzioni della ricorrente, chiedendo di respingere l’istanza di sospensione e, quindi, l’appello per infondatezza ovvero, in subordine, di rimettere le parti avanti al Giudice di prime cure ex art. 353, comma 1, c.p.c.

Con ordinanza n. 431/010 di questo C.G.A., è stata respinta l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente.

Con memoria depositata il 20 luglio 2010, le Amministrazioni appellate hanno dedotto l’erroneità della sentenza ex adverso impugnata, nella parte in cui il primo Giudice ha ritenuto il proprio difetto di giurisdizione e, pertanto, hanno chiesto di rimettere le parti avanti al Giudice di prime cure, ai sensi dell’art. 105 del codice del processo amministrativo approvato con D.Lgs. n. 104/2010.
Motivi della decisione

L’appello, con riguardo alla superiore istanza in subordine, e le conclusioni cui, infine, sono pervenute le stesse Amministrazioni resistenti sono condivisibili nella parte in cui, riconoscendo la giurisdizione del G.A. ad occuparsi della controversia de qua, hanno chiesto concordemente di rimettere le parti avanti al Giudice di prime cure, ai sensi dell’art. 105 del codice del processo amministrativo approvato con D.Lgs. n. 104/2010.

Invero, il ricorso di primo grado n. 783/2008 proposto dalla sig.ra Mo. era volto unicamente a vedersi riconosciuto il diritto ad essere assunta nei ruoli della Regione siciliana quale vedova di Vito Garofano, asseritamente ritenuto vittima innocente della mafia.

Orbene, se è vero che tale istanza è volta a vedersi riconosciuto un diritto, che presenta senz’altro i connotati del diritto soggettivo, è altrettanto vero che tale riconoscimento postula un’attività procedimentale di accertamento circa la sussistenza, a tal fine, dei presupposti di legge; attività che comporta indubbiamente un apprezzamento discrezionale da parte dell’amministrazione procedente.

Infatti, il beneficio richiesto dalla sig.ra Mo.Vi., lungi dall’essere attribuito dall’Amministrazione competente mediante un meccanismo di automatismo premiale, che sottende il concetto di diritto soggettivo, risulta invece subordinato all’accertamento positivo dei presupposti richiesti dalla legge. Segnatamente, nel caso di specie – risultando il sig. Ga.Vi. vittima di un agguato di mafia – occorre verificare l’effettiva estraneità di quest’ultimo ad associazioni di tipo mafioso.

Pertanto, la situazione di diritto di cui viene chiesto il riconoscimento, degradando a livello di interesse legittimo, rientra nella giurisdizione del G.A..

Per i motivi esposti, il Collegio, statuendo l’accoglimento dell’appello, in parte qua, per quel che concerne la ritenuta giurisdizione del G.A. ad occuparsi della controversia in argomento, annulla la sentenza impugnata e rinvia la causa al Giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 105 del D.Lgs. n. 104/2010.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Dispone che le spese di giudizio siano compensate tra le parti, atteso che la sentenza annullata è stata emessa sulla base di precedente, concorde giurisprudenza della Corte di Cassazione a sezioni riunite e del Consiglio di Stato.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe, in parte qua, nei termini di cui in motivazione, annulla la sentenza impugnata e rinvia la causa al Giudice di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 23 settembre 2010, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Gabriele Carlotti, Pietro Ciani, estensore, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 7 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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