Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 07-03-2011, n. 192 Sanità e igiene

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – La controversia devoluta al vaglio del Collegio si incentra sulla verifica della legittimità di una serie di atti, adottati da varie autorità amministrative, diretti a consentire in via d’urgenza, a seguito del sequestro preventivo della discarica di Portella Arena, l’uso di un terreno – ubicato nel comune di Valdina (Contrada Cianina), di proprietà degli appellanti – come sito ove conferire i rifiuti solidi urbani (nel prosieguo, "RR.SS.UU.") prodotti in alcuni comuni della provincia di Messina. In applicazione degli artt. 3, comma 2 (sul dovere di sinteticità degli atti processuali), e 88, comma 2 (sul contenuto della sentenza), del codice del processo amministrativo, si omette la ricostruzione della complessa vicenda dalla quale ha tratto origine il presente giudizio, fatti salvi gli accenni che risultino indispensabili ai fini della migliore intelligenza delle questioni sottoposte alla cognizione del Collegio: a detti fini si rinvia, pertanto, agli atti depositati in primo e in secondo grado, e, soprattutto, alla compiuta narrativa contenuta nella sentenza impugnata.

2. – Tanto premesso, è sufficiente riferire che i signori Ru. proposero tre ricorsi (e altrettanti motivi aggiunti) al T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, onde ottenere l’annullamento:

(quanto al ricorso di primo grado, allibrato al n. 856/99 R.G.):

– del decreto del 26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab., con il quale il Prefetto di Messina dispose la requisizione dell’area, ubicata in Valdina, Contrada (…) già utilizzata fino al 18 gennaio 1999, come sito di discarica per il conferimento di RR.SS.UU., nonché

– dell’ordinanza del Presidente della Provincia di Messina del 19 ottobre 1998, n. 22;

– dell’ordinanza del Sindaco di Valdina del 18 ottobre 1998, n. 246, e della nota 22 gennaio 1999, n. 2160/99 del dipartimento del Territorio di Messina;

(quanto al ricorso di primo grado, iscritto al n. 1287/99 R.G.):

– dell’ordinanza del 27 febbraio 1999, n. 5, con la quale il Presidente della Provincia regionale di Messina autorizzò il Comune di Messina a continuare la gestione della discarica per lo smaltimento dei RR.SS.UU., sita in contrada (…) del Comune di Valdina, anche nell’interesse dei Comuni di Pace del Mela, Itala e Scaletta, nonché, l’accordo di programma, stilato il 18 ottobre 1998, n. 1399, di affidamento della gestione della discarica di Valdina alla Messinambiente S.p.A. (d’ora in poi, "Messinambiente");

nonché, in relazione ai ricorsi per motivi aggiunti ai nn. 856/99 e 1287/99 e al ricorso iscritto al n. 6130/00 R.G., per ottenere:

– il risarcimento dei danni conseguenti all’illegittima occupazione del fondo, di proprietà degli odierni appellanti, esteso circa mq. 25.000, sito in contrada (…) Nicola del Comune di Valdina e censito in catasto al foglio di mappa n. 1, p.lle 247, 249, 250, 251, 806, 281;

– la restituzione dei terreni di proprietà dei predetti appellanti, illegittimamente occupati, previa rimessione in pristino stato dei luoghi o pagamento delle somme occorrenti per la rimessione in pristino; – in via subordinata, la rimessione in pristino della maggiore estensione possibile del fondo, con la fissazione delle modalità conservative della massa dei rifiuti restanti in conformità a legge, al fine di preservare il fondo e di ridurre il rischio ambientale;

– il risarcimento del danno conseguente alla mancata disponibilità del fondo dalla data dell’illegittima occupazione fino a quella della restituzione e pure il danno ascrivibile alla sottrazione dell’argilla effettuata dagli occupanti;

– il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1224, secondo comma, c.c., con interessi e rivalutazione monetaria in misura pari agli interessi sulle somme come sopra richieste, computati al saggio praticato dagli istituti bancari presenti su piazza (…) momento dell’occupazione fino alla definizione del giudizio.

Il T.A.R., pronunciando sui predetti ricorsi (riuniti), ha:

– respinto il ricorso introduttivo n. 856/99;

– accolto in parte il ricorso introduttivo n. 1287/99;

– dichiarato in parte inammissibile il suddetto ricorso n. 1287/99;

– disposto, con separata ordinanza, in ordine ai motivi aggiunti ai ricorsi nn. 856/99 e 1287/99 e al ricorso n. 6130/00, l’invio dei fascicoli alla Corte costituzionale, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata – per violazione degli artt. 3, 125, 24 e 25 della Costituzione e per contrasto con l’art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2 bis, comma 2 ter, comma 2 quater della L. n. 21/2006, con conseguente sospensione del relativo giudizio.

La sentenza è stata impugnata in via principale dai signori Ru. ed in via incidentale dalla Messinambiente.

3. – Gli appellanti in via principale hanno dedotto, con esclusivo riferimento ai capi di decisione relativi ai ricorsi n. 856/1999 e n. 1287/1999, i seguenti mezzi di gravame:

I) con riferimento al thema decidendum introdotto con il ricorso n. 856/1999; – erroneamente il T.A.R. ha giudicato legittimo il decreto prefettizio n. 230/1999, dal momento che l’art. 2 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS) contempla un potere residuale ed eccezionale e, dunque, impropriamente esercitato nella fattispecie in luogo di quello tipico, sullo smaltimento dei RR.SS.UU, previsto dall’art. 13 del D.Lgs. n. 22/1997; pertanto, la competenza in materia sarebbe spettata al Presidente della Giunta regionale o al Presidente della Provincia e non al Prefetto;

– in ogni caso difettavano i presupposti per l’adozione dell’atto impugnato, giacché l’emergenza determinatasi a seguito della chiusura della discarica di Portella Arena non costituiva un evento imprevedibile e la necessità di intervenire era piuttosto da attribuirsi alla negligente condotta delle amministrazioni;

– il Tribunale avrebbe dovuto, in via consequenziale, giudicare illegittime, in via derivata, anche le ordinanze del sindaco di Valdina (n. 246/98) e del Presidente della Provincia (n. 22/1998 e n. 1277/99); – inoltre il T.A.R. avrebbe dovuto accertare e dichiarare la nullità dei predetti atti, in quanto viziati dall’indeterminatezza del rispettivo oggetto, non essendo stato identificato con sufficiente precisione il sito della discarica (quest’ultima, invero, sarebbe stata impiantata in località S. Nicola di Valdina e non in contrada (…).

– infine, il citato decreto prefettizio è altresì illegittimo in ragione della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento e del nome del funzionario responsabile; II) con riferimento all’oggetto del ricorso n. 1287/1999 (nella parte in cui l’impugnativa è stata respinta in primo grado):

– erroneamente il T.A.R. ha accolto in parte l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla Provincia Regionale di Messina, in relazione al periodo intercorso dal 12 marzo 1999 al 31 maggio 1999;

– diversamente da quanto opinato dal primo Giudice, sono illegittimi sia l’ordinanza del Presidente della Provincia del 27 febbraio 1999, n. 5 sia l’accordo di programma del 18 ottobre 1998 sia l’ordinanza del sindaco di Messina del 18 ottobre 1998, n. 1399, essendosi disposto, con tali atti, l’affidamento del servizio di gestione dei RR.SS.UU. alla Messinambiente, nonostante questa società non fosse iscritta all’albo delle imprese esercenti il servizio di smaltimento dei rifiuti; – erroneamente il T.A.R. ha reputato inammissibile l’impugnativa del suddetto accordo di programma in ragione della mancata notificazione del ricorso a tutte le amministrazioni stipulanti;

– detto accordo inoltre è illegittimo perché non notificato dal consiglio comunale, perché non pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e perché non approvato dal Presidente della Regione né dal Presidente della Provincia;

– è illegittima l’ordinanza del Presidente della Provincia n. 5/1999 stante la difformità della stessa dal contenuto del suddetto accordo di programma.

4. – Le questioni sottoposte al vaglio del Collegio con il primo gruppo di doglianze (ricorso n. 856/1999) investono in essenza e sotto vari profili la legittimità del decreto prefettizio n. 230/1999.

Tutte le riferite censure sono infondate.

Occorre premettere che, con detto decreto (del 26 gennaio 1999, n. 230/1312/Gab.), il Prefetto di Messina, considerati i "forti segnali di pregiudizio per l’ordine e la sicurezza pubblica" e dato atto della sussistenza delle "condizioni di assoluta necessità ed urgenza … (per) l’adozione di misure atte a fronteggiare gli eventi", disponeva, ai sensi degli artt. 2 del TULPS ( R.D. n. 773/1931), 7 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, 835 c.c. e 20 del R.D. n. 383/34, la requisizione, per la durata di trenta giorni, dell’area indicata nelle premesse del decreto "ubicata in Valdina, C.da (…) già utilizzata fino al 18 gennaio u.s. come sito di discarica per il conferimento di RR.SS.UU.". Come sopra accennato, gli appellanti reputano, riproponendo le difese svolte in primo grado, che il Prefetto non avrebbe potuto applicare, nella fattispecie, l’art. 2 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, contemplando tale previsione una potestà residuale ed eccezionale, attivabile dunque solo in mancanza di altri rimedi, tipici e nominati, per la cura del pubblico interesse.

Si soggiunge che l’ordinamento appronta(va), nella materia dello smaltimento dei RR.SS.UU., uno strumento specifico, disciplinato dall’art. 13 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (rubricato "ordinanze contingibili e urgenti" e attualmente non più in vigore) che attribuisce (attribuiva) l’esclusiva competenza ad emettere l’ordinanza di individuazione della discarica in capo al Presidente della Provincia (in considerazione dello specifico ambito territoriale dell’emergenza da fronteggiare).

La riferita tesi, che sorregge l’intero impianto del primo gruppo di mezzi di gravame, non è meritevole di accoglimento, risultando, per contro, pienamente condivisibili e non scalfite dai motivi di impugnazione le articolate argomentazioni spiegate dal Tribunale nella sentenza impugnata. Ed invero, siccome divisato dal primo Giudice, il predetto art. 13, nelle premesse contenute al primo comma, fa espressamente salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza; inoltre il provvedimento prefettizio impugnato poggia su solidi supporti motivazionali (i riferimenti alla nota del Questore Cat. A4/99 GAB. del 26 gennaio 1999, con la quale era stato segnalato "l’inasprirsi della situazione di pregiudizio all’ordine ed alla sicurezza pubblica per il manifestarsi di episodi di intolleranza della popolazione che ha dato alle fiamme numerosi cassonetti, rovesciandone innumerevoli nelle sedi stradali, con versamento dei rifiuti in vaste zone destinate al transito dei mezzi autoveicolari"; al fax pervenuto dal Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco n. 617 in data 26 gennaio 1999, con cui si era segnalata l’accentuazione di richieste e di conseguenti interventi per spegnimenti di incendi di cassonetti e cumuli di rifiuti) e richiamati i "forti segnali di pregiudizio per l’ordine e la sicurezza pubblica" che giustificavano, sussistendo le condizioni di assoluta necessità ed urgenza, l’adozione dell’atto di requisizione. Il potere esercitato dal Prefetto, come condivisibilmente osservato dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, non si colloca(va) pertanto, nonostante i suoi contenuti materiali, nell’alveo della "straordinarietà … propria del settore dello smaltimento dei rifiuti", ma rispondeva alla necessità di contrastare i pericoli insorgenti sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblici. Rettamente, pertanto, il T.A.R. ha reputato che il potere di intervento, tipizzato positivamente nell’art. 13 citato, recedesse di fronte alla prioritaria esigenza, superabile in via temporanea soltanto attraverso l’attivazione dei ridetti poteri prefettizi, di gestire una vicenda che non si presentava più di interesse esclusivamente sanitario o ambientale, ma anche di ordine pubblico.

5. – Non si ravvisa, poi, la denunciata carenza dei presupposti per l’adozione dell’atto impugnato, giacché l’improvvisa indisponibilità della discarica di Portella Arena, in conseguenza dell’intervento della Magistratura penale, e l’inerzia serbata dalle altre amministrazioni tenute a intervenire si configuravano come circostanze imprevedibili ed estranee, nella loro genesi, alla sfera di controllo dell’Autorità prefettizia né erano imputabili a negligenza di quest’ultima.

6. – Di nessun pregio è poi la doglianza in ordine al mancato rispetto delle garanzie procedimentali, essendo l’atto impugnato connotato da un’ontologica e incontestabile urgenza.

7. – Non ritiene, pertanto, il Collegio che, sotto i profili esaminati, sia ravvisabile un nesso di illegittimità, in via derivata, degli altri atti impugnati in prime cure.

Nemmeno sussiste la dedotta nullità del decreto prefettizio e delle ordinanze del sindaco di Valdina (n. 246/98) e del Presidente della Provincia (n. 22/1998 e n. 1277/99) per asserita inidoneità del rispettivo oggetto. Il Collegio ritiene, infatti, che l’area da requisire sia stata sufficientemente identificata nel contesto dei provvedimenti in esame, nonché sulla scorta degli elementi analiticamente indicati dal Tribunale; in ogni caso la legittimità del decreto prefettizio non verrebbe meno quand’anche, siccome allegato dagli impugnanti, l’esecuzione concreta dell’atto avesse investito una parte del territorio diversa da quella indicata nel decreto di requisizione: quest’ultima evenienza, qualora ipoteticamente comprovata in modo idoneo, potrebbe al più sorreggere, in un futuro e distinto giudizio, le ragioni di una domanda risarcitoria, ma certamente essa non è in grado di riverberarsi all’indietro sul piano della legittimità dell’atto all’epoca della sua adozione e, quindi, non interferisce con il sindacato di natura cassatoria devoluto in questa sede al Collegio.

8. – Il primo gruppo di censure va dunque respinto.

9. – Non vanno incontro a miglior sorte alcune delle lagnanze del secondo gruppo. In particolare, non può condividersi la critica alla sentenza impugnata, nella parte in cui il T.A.R. ha accolto in parte l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla Provincia Regionale di Messina, in relazione al periodo intercorso dal 12 marzo 1999 al 31 maggio 1999. Affermano al riguardo gli appellanti che la mancata impugnazione del provvedimento con il quale il Presidente della Regione dispose il conferimento, per tre mesi, anche dei RR.SS.UU. dei Comuni di Milazzo, Merì e Rometta era una circostanza del tutto indifferente ai fini del decidere, dal momento che la consulenza tecnica, esperita nell’ambito del giudizio instaurato con il ricorso iscritto al n. 6130/00 R.G., aveva concluso nel senso della irreversibile trasformazione del terreno in questione per effetto dell’esecuzione dei provvedimenti amministrativi adottati (e impugnati). Da tale argomentare gli impugnanti ritengono pertanto di poter trarre la conclusione dell’irrilevanza di detta mancata impugnazione, posto che i conferimenti di tre ulteriori comuni non incisero, in modo determinante, sullo stato, già definitivamente pregiudicato, della loro proprietà.

L’obiezione non coglie del segno: essa scaturisce invero da un’evidente, quanto indebita, sovrapposizione di distinti profili della vicenda sottoposta al vaglio giurisdizionale. Anche in questo caso la circostanza che il terreno fosse stato irrimediabilmente trasformato per effetto dell’attuazione di provvedimenti anteriori a quello del Presidente della Regione, potrebbe venire in rilievo, in ipotesi, nella prospettiva di un’eventuale e futura proposizione di un’azione di risarcimento. In quella sede infatti gli appellanti potrebbero opportunamente spendere l’argomento sopra riferito, adducendo l’assenza, nell’ambito della serie causale degli eventi che hanno condotto alla (asserita) trasformazione irreversibile del loro fondo, di elementi etiologici riconducibili all’ulteriore conferimento autorizzato dal Presidente della Regione. Nondimeno, sul piano cassatorio, che – giova ribadirlo – è l’unico attinto dalle censure sottoposte al Collegio, la circostanza che il predetto provvedimento presidenziale non sia stato investito da alcuna impugnativa giustifica, contrariamente a quanto opinato dai deducenti, la statuizione contestata.

10. – Correttamente, inoltre, il T.A.R. ha reputato inammissibile, per i motivi esposti in sentenza (ai quali si rinvia), l’impugnativa dell’accordo di programma in ragione della mancata notificazione del ricorso a tutte le amministrazioni civiche stipulanti, in quanto parti (pubbliche) necessarie del giudizio (e non meri controinteressati).

La confermata inammissibilità dell’accordo di programma consente di assorbire – per improcedibilità dovuta alla sopravvenuta carenza di interesse – tutti gli altri motivi diretti a far valere pretese, ulteriori illegittimità di detto accordo. 11. – L’appello principale merita, per contro, accoglimento nella parte in cui sono state censurate di illegittimità sia l’ordinanza del Presidente della Provincia del 27 febbraio 1999, n. 5 sia l’ordinanza del sindaco di Messina del 18 ottobre 1998, n. 1399, per essersi con detti atti disposto l’affidamento del servizio di gestione dei RR.SS.UU. alla Messinambiente, nonostante questa società non fosse iscritta all’albo delle imprese esercenti il servizio di smaltimento dei rifiuti.

A questo proposito va innanzitutto osservato che la sopra accertata inammissibilità dell’impugnativa diretta contro l’accordo di programma non travolge le censure in esame. Se, è vero in effetti, che la conclusione dell’accordo tra le amministrazioni fu un atto prodromico al successivo affidamento della gestione dell’attività di smaltimento alla Messinambiente, è altrettanto vero che detto accordo (il quale peraltro consentiva, ma non imponeva, al comune di Messina di avvalersi della Messinambiente) non poggiava sulla presupposizione dell’inosservanza, in sede di adozione dei consequenziali atti attuativi, delle norme sulla validità di detto affidamento. A prescindere infatti dalla dirimente considerazione che, quand’anche i comuni stipulanti avessero stabilito in tal senso, la relativa clausola convenzionale sarebbe stata viziata da nullità per contrasto con disposizioni imperative (eccezione rilevabile anche d’ufficio), va comunque osservato che una pattuizione del genere sopra descritto non si evince dalla lettura del regolamento convenzionale.

Ancora in via preliminare va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello in parte qua: l’eccezione poggia sull’argomento della omessa impugnazione, da parte degli appellanti, del capo di decisione con il quale il T.A.R. avrebbe statuito nel senso dell’inammissibilità, per difetto di interesse, della censura relativa alla mancata iscrizione della Messinambiente all’albo.

Il rilievo non coglie nel segno e onde dimostrarne l’infondatezza giova riferire testualmente lo stralcio motivazionale in cui, secondo le tesi sostenute dalle controparti, il primo Giudice avrebbe affermato tale inammissibilità. Il passaggio rilevante si rinviene alle pagg. 56, 57 e 58 della decisione gravata, laddove si legge quanto segue: "Con la quarta censura i ricorrenti lamentano l’illegittimità del provvedimento del Presidente della Provincia e dell’accordo di programma del 18.10.1998, in quanto consentono l’affidamento del servizio di discarica alla società Messinambiente asseritamente non iscritta all’Albo delle Imprese esercenti servizio di smaltimento rifiuti e senza alcuna procedura ad evidenza pubblica per il conferimento dello stesso.

A prescindere dalla dedotta inammissibilità della censura, così come eccepito dalla società sopra indicata, per carenza di interesse (invero corretta nella sua impostazione, posto che la proprietà del fondo inciso dalla procedura ablatoria non sembra al Collegio possa conferire ai proprietari l’interesse specifico, in quanto non direttamente tutelato, di dedurre la mancanza di una procedura ad evidenza pubblica nella scelta del contraente ovvero l’insussistenza del requisito necessario per lo svolgimento del servizio), la stessa si appalesa infondata.

Il comma 10 dell’art. 30 del D.Lgs. n. 22/1997 stabilisce che "il possesso dei requisiti di idoneità tecnica e di capacità finanziaria per l’iscrizione all’Albo delle aziende speciali, dei Consorzi e delle società di cui all’articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che esercitano i servizi di gestione dei rifiuti, è garantito dal Comune o dal consorzio di comuni. L’iscrizione all’Albo è effettuata sulla base di apposita comunicazione di inizio di attività del Comune o del consorzio di comuni alla Sezione regionale dell’Albo territorialmente competente ed è efficace solo per le attività svolte nell’interesse del Comune medesimo o dei Consorzi ai quali il Comune stesso partecipa".

Come dimostrato dalla società con la produzione del 27.4.1999, l’iscrizione è stata conferita nei modi previsti dalla suddetta disposizione, posto che con nota prot. n. 7271/Gab. del 19.10.1998 dell’Ufficio Gabinetto del Municipio di Messina è stata data comunicazione alla Sezione regionale prevista dalla suddetta norma dell’inizio attività della Messinambiente S.p.A., società costituita ai sensi dell’art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (società mista a prevalente capitale pubblico in quanto partecipata al 51% dal Comune di Messina) per l’esercizio dei servizi di gestione dei rifiuti." (la sottolineatura è stata aggiunta). La frase, sopra sottolineata, mette in luce una circostanza evidente, ossia che il primo Giudice, pur avendo delibato in via sommaria la fondatezza della eccezione di inammissibilità riproposta in appello, in realtà non ha statuito alcunché sul punto, avendo espressamente dichiarato di volerne e poterne prescindere. Da ciò consegue che difetta, in realtà, un capo di decisione impugnabile, essendosi al cospetto di un mero obiter dictum.

L’assenza di una pronuncia espressa tuttavia non esime il Collegio dal valutare la correttezza giuridica di quanto delibato dal T.A.R., dal momento che la medesima eccezione di inammissibilità deve ritenersi validamente riproposta in secondo grado dalle controparti evocate in giudizio. Sul punto, diversamente da quanto opinato dal Tribunale, il Collegio ritiene che sussistesse l’interesse degli appellanti alla contestazione. Se, infatti, in linea generale potrebbe condividersi la prima parte della argomentazione svolta dal Tribunale (cioè che il diritto dominicale sul fondo inciso dalla procedura ablatoria non assegna ai proprietari un interesse specifico a dedurre un vizio della procedura ad evidenza pubblica, indetta per la scelta del contraente incaricato del compimento di un’opera o di un servizio da svolgersi sullo stesso fondo), nella fattispecie non può sicuramente aderirsi all’ulteriore considerazione esternata nella parte conclusiva dell’obiter dictum sopra riferito, secondo cui i ridetti proprietari sarebbero anche privi dell’interesse a censurare il mancato possesso, in capo alla Messinambiente, di un requisito soggettivo indispensabile per lo svolgimento del servizio di smaltimento di RR.SS.UU. e, segnatamente, dell’iscrizione al relativo albo. A ben vedere tale iscrizione non viene in rilievo soltanto come condizione affinché un’impresa possa conseguire un valido affidamento del servizio di gestione dello smaltimento dei rifiuti, ma, dal punto di vista della collettività dei cittadini, detta iscrizione assume il valore di una garanzia circa la capacità e la correttezza operativa dell’impresa aspirante all’affidamento. Inoltre non è indifferente, per i proprietari del sito utilizzato come discarica, che la società incaricata della gestione dei rifiuti sia provvista dei requisiti imposti dalla legge, giacché soltanto il possesso di questi ultimi assicura che lo svolgimento del servizio si svolga nel rispetto di tutte le cautele previste dall’ordinamento al fine di contenere, il più possibile, il danno al territorio e all’ambiente inevitabilmente derivante dal compimento di un’attività per sua natura pericolosa come quella di smaltimento dei rifiuti. L’impugnativa, coltivata in primo e in secondo grado dagli appellanti, è dunque sorretta da una situazione giuridica soggettiva differenziata e qualificata e, come tale, meritevole di tutela giurisdizionale.

12. – Tanto premesso, il Collegio è dell’opinione che la censura in esame sia fondata. È incontestato che la Messinambiente, all’epoca dei fatti, non fosse iscritta all’albo. La carenza di detto requisito, nel caso di specie, non era superabile, come diversamente ritenuto dal T.A.R., attraverso l’applicazione del comma 10 dell’art. 30 del D.Lgs. n. 22/1997, in quanto l’iscrizione, effettuata nei modi previsti dalla suddetta disposizione e, in concreto, mercé la nota, prot. n. 7271/Gab., del 19 ottobre 1998 dell’Ufficio Gabinetto del Municipio di Messina, risultava sussistente ed efficace in relazione alla sola attività svolta dalla Messinambiente nell’interesse del Comune di Messina. Chiaro, al riguardo, il tenore del suddetto comma 10 che recita(va): "Il possesso dei requisiti di idoneità tecnica e di capacità finanziaria per l’iscrizione all’Albo delle aziende speciali, dei consorzi e delle società di cui all’articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che esercitano i servizi di gestione dei rifiuti, è garantito dal comune o dal consorzio di comuni. L’iscrizione all’Albo è effettuata sulla base di apposita comunicazione di inizio di attività del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale dell’Albo territorialmente competente ed è efficace solo per le attività svolte nell’interesse del comune medesimo o dei consorzi ai quali il Comune stesso partecipa". Da ciò discende che il possesso dei requisiti di idoneità per l’iscrizione all’Albo poteva essere garantito dal solo comune di Messina (giacché a conoscenza delle reali capacità dell’impresa da esso controllata) e unicamente per l’attività posta in essere dalla Messinambiente nell’interesse del medesimo comune (socio maggioritario della società). Gli altri comuni, i cui RR.SS.UU. sono stati ugualmente trattati dalla Messinambiente, avrebbero potuto avvalersi del beneficio rappresentato da tale iscrizione semplificata (conseguibile attraverso la mera comunicazione dell’inizio dell’attività alla sezione regionale dell’albo territorialmente competente) soltanto se, a loro volta, fossero stati, quanto meno, soci della Messinambiente. La prova di siffatta partecipazione societaria degli altri comuni non emerge tuttavia dagli atti di causa né induce a differenti conclusioni la lettura della nota del Ministero dell’ambiente, in data 27 aprile 1999, n. 3419, nella quale è soltanto scritto che, per le attività di cui al succitato art. 13, non è (era) necessaria l’iscrizione all’albo, posto che la relativa responsabilità ricade(va) sul sindaco. In detta nota, pertanto, non è affermato che la procedura semplificata fosse valida ed efficace anche ai fini dello svolgimento, da parte della Messinambiente, dell’attività di smaltimento anche per conto e nell’interesse di altri comuni, del tutto estranei alla sua compagine sociale. La suddetta nota quindi non infirma le conclusioni raggiunte.

13. – L’accertata illegittimità dell’ordinanza del Presidente della Provincia n. 5/1999 consente di superare l’ultima censura con la quale si è dedotta l’illegittimità della medesima ordinanza sotto l’ulteriore profilo dell’asserita difformità della stessa dal contenuto del predetto accordo di programma in punto di efficacia temporale. Per identiche ragioni è altresì assorbita l’altra questione incentrata sul mancato espletamento, ai fini dell’affidamento della gestione del sito, di un’apposita procedura di evidenza pubblica.

14. – L’accoglimento del ricorso principale priva la Messinambiente della legittimazione a ricorrere e ad impugnare, posto che la società non avrebbe potuto gestire la discarica in questione e, quindi, non conserva alcun interesse a dolersi della sentenza gravata nella parte in cui si è accertata l’illegittima applicazione alla fattispecie dell’art. 13, commi 1 e 4, del D.Lgs. n. 22/1997 (per preteso superamento del complessivo termine massimo di durata dell’esercizio straordinario della discarica).

15. – Al lume dei superiori rilievi il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione; in particolare, non occorre esaminare le varie deduzioni, spiegate da molti comuni costituitisi in giudizio, con riferimento ad aspetti risarcitori della controversia. Dette questioni attengono infatti, per la maggior parte, all’oggetto del primitivo ricorso iscritto con il n. 6130/00 R.G., il cui scrutinio esula, come sopra osservato, dall’alveo materiale del secondo grado del giudizio; le altre eccezioni o difese dei predetti comuni sono da reputarsi parimenti assorbite e superate dalle precedenti osservazioni.

Nemmeno può aderirsi, infine, alla tesi, patrocinata dell’amministrazione provinciale di Messina, secondo la quale il comune di Valdina avrebbe acquisito a titolo originario la proprietà dei signori Ru. a seguito dell’irreversibile trasformazione dei terreni, circostanza da cui discenderebbe la radicale inammissibilità dell’impugnazione: siffatto argomentare poggia evidentemente sull’erroneo presupposto della perdurante vigenza del principio dell’occupazione acquisitiva che, al contrario, deve ritenersi definitivamente espunto dall’ordinamento.

16. – In conclusione, l’appello principale va accolto e, per l’effetto, quello incidentale va dichiarato inammissibile e, in riforma della sentenza impugnata, merita accoglimento, nei sensi sopra precisati, il ricorso di primo grado, allibrato al n. 1287/1999 R.G. del T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con il conseguente annullamento, nei limiti oggettivi sopra precisati, degli atti di affidamento con essi impugnati.

17. – La complessità della controversia e la reciproca soccombenza (parziale, quella degli appellanti) giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali del doppio grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie in parte l’appello principale e, per l’effetto, dichiara inammissibile l’appello incidentale e, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte, nei sensi indicati in motivazione, il ricorso di primo grado, iscritto al n. 1287/1999 R.G. del T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nelle camere di consiglio del 23 settembre 2010 e del 12 gennaio 2011, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Gabriele Carlotti, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, Componenti.

Depositata in Segreteria il 7 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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