Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-02-2011) 09-03-2011, n. 9462 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 12 novembre 2010 il Tribunale di Firenze rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di R.V.E.R., indagato in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per avere detenuto al fine di spaccio sostanza stupefacente di tipo cocaina, che sarebbe stata destinata al coindagato D.D., avverso l’ordinanza in data 18.10.2010 del G.I.P. del Tribunale di Arezzo che gli applicava la misura cautelare della custodia in carcere.

Avverso tale provvedimento R.V.E.R. personalmente proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento e conseguentemente chiedendo di dichiarare l’inefficacia della misura cautelare detentiva.
Motivi della decisione

R.V.E.R. censurava l’impugnato provvedimento per i seguenti motivi:

1) nullità dell’ordinanza ex art. 606 c.p.p., lett. b) per inosservanza o erronea applicazione dell’art. 27 Cost., comma 2, nonchè degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.. Secondo il ricorrente, sulla base degli atti di indagine, non era possibile dimostrare con sicurezza alcuna sua attività illecita, essendo la stessa ritenuta come ovvia soltanto sulla base di scarne intercettazioni telefoniche, da cui emergeva che il coindagato D. contattava il R. per concordare degli appuntamenti, ma non si faceva mai riferimento a sostanza stupefacente, prezzi, quantità, cessioni o offerte in vendita. La misura cautelare applicata troverebbe spiegazione quindi non già su prove, ma soltanto su meri indizi, atteso, tra l’altro, che presso l’abitazione del R. non solo non era stata trovata droga, ma neppure erano stati rinvenuti oggetti necessari, o almeno riconducibili, allo svolgimento dell’attività di traffico di sostanze stupefacenti.

2) Nullità dell’ordinanza ex art. 606 c.p.p., lett. e) per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Secondo il ricorrente il tribunale del riesame avrebbe fondato il suo provvedimento sulla ritenuta inidoneità di forme alternative di limitazione della libertà personale a fugare il pericolo di reiterazione del reato soltanto sulla base della personalità dell’indagato, argomento che non può essere posto a fondamento di una misura tanto afflittiva quale quella della custodia in carcere,in mancanza di riscontri oggettivi idonei a dimostrare la realizzazione del reato e il pericolo della sua reiterazione. Lamentava infine il R. che il Tribunale del riesame riconduceva l’inidoneità della misura gradata all’insussistenza dell’adeguatezza del domicilio offerto e alla incertezza in merito alla disponibilità della persona ospitante a farsi carico del detenuto anche sotto il profilo economico. Al contrario, per quanto attiene all’adeguatezza del domicilio offerto, la persona ospitante, sig.ra G., aveva presentato un regolare contratto di locazione a lei intestato, mentre, per quanto attiene alla disponibilità ad accogliere il R., suo fidanzato, la stessa sarebbe implicitamente ricavabile dalla sua dichiarazione.

Osserva la Corte di Cassazione che i proposti motivi sono palesemente infondati, in quanto non investono profili di illegittimità del provvedimento impugnato, ma lo censurano su aspetti concernenti il merito dello stesso. Il Tribunale del riesame infatti spiega con chiarezza le motivazioni per cui sussistono in capo al ricorrente R.V.E.R. gravi, precisi e concordanti indizi in ordine al reato a lui contestato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

I Giudici del riesame evidenziano che gli stessi risultano dal tenore delle conversazioni telefoniche intercettate, dalle quali si può desumere che era appunto l’odierno ricorrente a rifornire di cocaina il coindagato D.. La circostanza poi che in siffatte conversazioni si facesse uso di un linguaggio criptato, senza specificare le ragioni dei frequenti incontri e senza menzionare esplicitamente la droga, si spiega facilmente per il fatto che gli indagati erano ben consapevoli della possibilità di essere intercettati. D’altra parte l’ordinanza impugnata evidenzia che dal copioso materiale di indagine si potevano ricostruire le modalità di cessione della droga, che veniva preceduta da veloci accordi telefonici e si poteva arguire che il R. aveva gestito un’attività di spaccio tutt’altro che occasionale, ricavandosi, nonostante la sua giovane età, un proprio spazio nel mercato della vendita al minuto delle sostanze stupefacenti.

Il Tribunale evidenzia poi, con congrua e logica motivazione, che allo stato non risultava adeguata l’invocata misura degli arresti domiciliari, atteso che la difesa del ricorrente non aveva fornito alcuna indicazione circa un rapporto di convivenza stabile con la persona ospitante, nè aveva fornito indicazioni sull’adeguatezza del domicilio offerto come sede degli arresti domiciliari, nè sulla disponibilità della persona ospitante a farsi carico del ricorrente anche sul piano economico, non potendosi desumere implicitamente tale circostanza dal fatto che la stessa si definisse "fidanzata" del R..

Il ricorso di R.V.E.R., quindi, lungi dall’individuare specifici vuoti o difetti di risposta che costituirebbero la complessiva mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, si duole del risultato attinto dalla ordinanza impugnata e accumula fatti che intenderebbero ridisegnare il fatto in chiave a lui favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dai giudici del riesame.

Il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di Euro 1000 in favore della cassa delle ammende. Si provveda ex art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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