Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 07-03-2011, n. 190

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al T.A.R. Palermo, depositato il 23.11.2009, la Fondazione Don Giuseppe Puglisi esponeva che:

– a seguito di confisca ex L. n. 575/1965, un immobile appartenente alla mafia, sito in Palermo, Largo Giuliana n. 10, le era stato assegnato provvisoriamente in gestione dal Comune;

– in seguito, tale immobile le era stato definitivamente assegnato ed essa se ne era continuativamente servita per i propri fini istituzionali di lotta alla mafia e di diffusione della legalità;

– con nota n. 12/R del 3 novembre 2008, il Comune di Palermo – Settore Risorse Immobiliari e Mobiliari – Servizio Fitti Attivi e Inventario le aveva comunicato l’avvio del procedimento di revoca dell’assegnazione dell’immobile in questione, alla luce della "riservata amministrativa della Prefettura di Palermo prot. n. 20080026133 Area 1 bis del 16.10.2008";

– essa, pertanto, aveva presentato istanza di accesso agli atti al fine di conoscere la predetta nota riservata;

– con nota del 10 aprile 2009 il Comune di Palermo aveva rifiutato l’accesso alla predetta nota ed ad altra del 16.10.2008, in quanto asseritamente "riservate amministrative";

– con ricorso ex art. 25 legge n. 241/90, essa aveva chiesto al T.A.R. l’accesso agli atti in questione;

– il Comune di Palermo, con provvedimento del 1 settembre 2009, le aveva comunicato l’adozione della determina sindacale n. 65 del 27 maggio 2009 di revoca del fondo, invitando la ricorrente alla riconsegna delle chiavi dell’immobile;

– Padre Go., quale Presidente della Fondazione, aveva provveduto all’intimata riconsegna.

Con detto ricorso, depositato il 23.11.2009, la Fondazione impugnava, pertanto, i seguenti provvedimenti, chiedendone l’annullamento:

– le informative prefettizie prot. n. 200911375/Area 1 bis del 4 marzo 2009 e prot. n. 20080026133/Area 1 bis del 16 ottobre 2008, rilasciate dalla Prefettura di Palermo, mai notificate alla ricorrente;

– la determinazione sindacale prot. n. 65/ds del 23 marzo 2009 con la quale il Comune di Palermo ha provveduto alla revoca dell’assegnazione dell’immobile in Largo Giuliana n. 10 già affidato alla ricorrente;

– ove occorra, la nota prot. n. 880 del l° settembre 2009, successivamente comunicata, ed il successivo verbale di consegna chiavi redatto in pari data, grazie al quale si è avuto conoscenza dell’esistenza dei superiori provvedimenti;

– ove adottato, il provvedimento di assegnazione provvisoria e/o definitiva dell’immobile ubicato in Palermo, Largo Giuliana n. 10, a favore dell’Associazione controinteressata, non conosciuto, né mai notificato alla Fondazione.

La ricorrente lamentava l’illegittimità dei provvedimenti impugnati:

1) con riferimento alle citate informative prefettizie: violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 41 e 97 Cost. – violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.Lgs. n. 490/94 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 252/98 – sviamento dalla ratio del D.P.R. n. 252/98, come interpretato dalla Circ. Min. Interno n. 559/Leg/240.517.8 del 18 dicembre 1998 – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. n. 241/90 – difetto ed erroneità della motivazione – eccesso di potere per difetto di istruttoria ed omessa valutazione di documenti rilevanti – eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti e contraddittorietà manifesta, non potendosi ravvisare alcun tentativo di infiltrazione mafiosa nei confronti della Fondazione, per contro fortemente impegnata proprio nella lotta alla mafia;

2) con riferimento alla determinazione sindacale del Comune di Palermo, prot. n. 65/ds del 23 marzo 2009: violazione e falsa applicazione dei principi in tema di procedimento amministrativo di cui alla L. n. 241/90 come recepita in Sicilia – violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della L. n. 241/90 come recepita in Sicilia – eccesso di potere – illegittimità derivata, in ragione dell’assenza di una congrua motivazione e della illegittimità dell’informativa antimafia posta a base della revoca.

Si costituiva il Ministero dell’Interno senza depositare memoria scritta ed instando per il rigetto del ricorso avversario.

Si costituivano, altresì, il Comune di Palermo e l’Associazione Centro Giovanile Don Giuseppe Puglisi, eccependo l’infondatezza del ricorso avversario e chiedendone il rigetto.

All’adunanza del 4.12.2009, il Tribunale, con ordinanza istruttoria n. 237/09, disponeva l’acquisizione di copia delle riservate amministrative impugnate, nonché di copia del provvedimento di revoca parimenti impugnato.

Con ricorso per motivi aggiunti, ritualmente notificato alle Amministrazioni resistenti ed alla controinteressata, la Fondazione ricorrente impugnava – laddove adottato – il provvedimento di assegnazione provvisoria e/o definitiva del fondo in questione a favore della controinteressata, riproponendo le medesime censure già svolte in seno al ricorso principale.

All’adunanza del 29.1.2010, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare di sospensione dei provvedimenti impugnati, acquisita la documentazione richiesta, i ricorsi – avvisate le stesse parti ai sensi dell’art. 21 decimo comma della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000, e verificata l’integrità del contraddittorio – venivano trattenuti in decisione.

Il T.A.R. adito, con sentenza n. 2381/2010, accoglieva il ricorso principale e dichiarava inammissibile quello per motivi aggiunti.

Con l’appello in epigrafe, il Ministero dell’Interno, Prefettura di Palermo – Ufficio Territoriale del Governo ha impugnato detta sentenza n. 2381/2010 deducendone l’erroneità, avendo il Giudice di prime cure statuito che gli elementi di fatto forniti dalla Prefettura non fossero idonei a fondare il ritenuto pericolo di infiltrazione e/o condizionamento mafiosi e l’adozione dei provvedimenti impugnati dalla Fondazione, odierna appellata.

Il primo Giudice avrebbe errato, altresì, nel ritenere corretto il richiamo operato dalla Fondazione alla normativa di cui al D.Lgs. n. 490/94, non attinente alla fattispecie de qua, anziché giudicare con riferimento all’art. 1 – septies del D.L. n. 629/1982, convertito con modificazioni in legge n. 726/1982.

Si è costituito il Comune di Palermo, con appello incidentale, per chiedere l’annullamento della sentenza n. 2381/2010 per "errato richiamo normativo", avendo il primo Giudice accolto il ricorso principale proposto dalla Fondazione ritenendo applicabile al caso di specie il D.Lgs. n. 490/94 anziché il citato art. 1 septies del D.L. n. 629/1982.

Ha conclusivamente chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, non senza aver affermato la legittimità della determinazione sindacale n. 65/ds del 23 marzo 2009, sopra richiamata, gravata dalla Fondazione appellata con ricorso al T.A.R.

Con apposita memoria, la Fondazione "Don Giuseppe Puglisi" ha replicato sia all’appello principale, eccependo l’assoluta correttezza della sentenza impugnata in relazione all’accertata manifesta illegittimità dell’informativa prefettizia impugnata, che a quello incidentale, ritenendo, da un lato, l’assoluta illegittimità del provvedimento di revoca adottato dal Comune di Palermo, sia per illegittimità propria (carenza di motivazione) sia per illegittimità derivata, e, dall’altro, la manifesta correttezza della decisione assunta dal primo giudice.

Ha conclusivamente chiesto il rigetto di entrambi i suddetti ricorsi.

Alla pubblica udienza del 22 settembre la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è fondato e, pertanto, va accolto.

Atteso che la controversia in argomento verte sulla natura e sull’efficacia delle informative antimafia, pare utile richiamare qui di seguito il quadro normativo di riferimento con le relative considerazioni, condivise dalla prevalente giurisprudenza.

I contributi informativi offerti in subiecta materia dalle Prefetture – U.T.G. trovano fondamento, senza alcun dubbio, come pure ritenuto dalla Fondazione appellata, nel quadro normativo delineato dal D.Lgs. n. 490/94 e dal D.P.R. n. 252/98 in materia di informative antimafia e, tuttavia, detti contributi vanno collocati, anche, nel più ampio contesto delle iniziative di prevenzione delle infiltrazioni mafiose nel tessuto economico-sociale, già di competenza del cessato Ufficio dell’Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa e successivamente delegate in via permanente ai Prefetti delle Provincie.

Com’è noto, le cc.dd. informative prefettizie antimafia possono essere ricondotte a tre tipi: quelle ricognitive di cause di per sé interdittive, di cui all’art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 490/1994; quelle relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del Prefetto, e quelle supplementari (o atipiche), la cui efficacia interdittiva scaturisce da una valutazione autonoma e discrezionale dell’Amministrazione destinataria dell’informativa, prevista dall’art. 1 septies D.L. n. 629/1982.

Con particolare riferimento alle cc.dd. informative "atipiche", queste devono considerarsi atti non vincolanti che lasciano spazio alla discrezionalità dell’Amministrazione destinataria dell’informativa, cui spetta valutare l’incidenza della informativa stessa nella specifica procedura di riferimento.

Le informative in argomento, del terzo tipo, includono anche la facoltà di comunicare elementi di fatto ed altre indicazioni, di natura endoprocedimentale, utili a sorreggere la valutazione degli organi dell’amministrazione territoriale attiva chiamati a vagliare i requisiti personali di quei soggetti che, anche in forma associata, richiedono o abbiano ottenuto finanziamenti, licenze, autorizzazioni, concessioni, assegnazioni in gestione di immobili sequestrati alla mafia, come nel caso di specie, ed altre attività dei pubblici poteri ampliative della sfera giuridica dei destinatari.

Invero, la Prefettura di Palermo, con le informative prot. n. 200911375/Area 1 bis del 4 marzo 2009 e prot. n. 20080026133/Area 1 bis del 16 ottobre 2008, ha comunicato che:

1) il legale rappresentante della Fondazione, don Ma.Go., figura nella compagine societaria di altro ente assegnatario di un immobile confiscato alla mafia, l’Associazione "Live Europe", la cui compagine societaria annovera tra i soci alcuni soggetti, quali Bo.Ro. e Ma.St., imparentati con soggetti mafiosi, e tale Ma.Fr., "indicato in atti relativi a procedimenti penali come soggetto appartenente alla cosca mafiosa di Bagheria";

2) nel consiglio di amministrazione della Fondazione Puglisi sederebbe tale Provenzano Giuseppe, vice presidente del c.d.a. e socio della "Alimentari Provenzano" s.r.l., le cui quote sociali sono detenute da società sottoposte a sequestro preventivo in quanto facenti parte del gruppo Gricoli, riconducibile a Gr.Gi., a sua volta sottoposto a custodia cautelare ex art. 416 bis c.p. ed avente rapporti con il noto boss latitante Matteo Messina Denaro.

Orbene, i fatti rappresentati dalla Prefettura di Palermo con la suddetta informativa, che può ritenersi appartenere al superiore terzo tipo, ovvero da considerare "atipica", contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di prime cure, si appalesano perlomeno sufficientemente idonei a supportare l’impugnato provvedimento di revoca.

Invero, alcun significativo rilievo può essere assegnato alle argomentazioni fornite al riguardo dall’odierna appellata e condivise dal T.A.R., secondo cui:

– i soci della Live Europe, i suddetti Bo.Ro., Ma.St. e Ma.Fr. sono stati esclusi dalla relativa associazione, nel corso del 2008, per disinteressamento alle attività associative;

– lo stesso Padre Go. è "uscito dalla predetta associazione" ed anche Provenzano Giuseppe, socio ed amministratore, unitamente a Padre Go., della Fondazione Puglisi, è stato allontanato dalla medesima già nel maggio del 2008 per disinteressamento alle attività sociali.

Infatti, i suddetti provvedimenti di "esclusione" ovvero le decisioni di volontario allontanamento dall’associazione dei soggetti segnalati nelle informative assumono scarso rilievo se considerati in relazione alla significativa circostanza che essi sono stati adottati contestualmente all’attività svolta dalle Forze di Polizia incaricate delle investigazioni nei loro confronti, il tutto collocabile nel corso dell’anno 2008.

Inoltre, non si comprende come mai i soggetti sopra menzionati, che, asseritamente, "nell’ambito di una profonda e sincera opera di allontanamento dalle realtà familiari, hanno voluto impegnarsi in una seria operazione di riscatto sociale", siano stati poi allontanati per avere manifestato disinteresse nei riguardi dell’attività sociale svolta dall’associazione.

In ogni caso, appare perlomeno paradossale che detti soggetti, indubbiamente connotati da frequentazioni e caratteristiche comportamentali tali da rendere plausibile una valutazione di pericolosità per quel che concerne i tentativi di infiltrazioni mafiose, abbiano fatto parte di associazioni senza scopo di lucro deputate alla gestione di patrimoni sottratti proprio alle associazioni mafiose nonché dedite alla difesa della legalità, al contrasto del fenomeno mafioso ed al recupero di giovani sbandati.

Orbene, nel caso di specie, dalle informazioni trasmesse dal Prefetto al Comune di Palermo emerge, con riferimento alla Fondazione appellata, una serie di elementi che, singolarmente considerati, potrebbero anche non appalesarsi di gravità tale da comportare l’adozione del provvedimento di revoca in questione, ma che, valutati nel loro insieme, consentono di tratteggiare un quadro, invero, almeno sufficiente a giustificare l’emissione della determinazione sindacale, assunta legittimamente ritenendo sussistenti i suddetti presupposti normativi per l’applicazione del contestato provvedimento di revoca.

Per i motivi fin qui rappresentati, il Collegio ritiene congruamente motivato, sia pure per relationem, e legittimo il provvedimento sindacale di revoca, in quanto fondato sulle informazioni fornite dalla Prefettura, che evidenziano concreti elementi di pericolosi tentativi di infiltrazioni mafiose nella Fondazione appellata.

Pertanto, assorbite le eccezioni mosse dal Comune con l’appello incidentale ed ogni altro motivo od eccezione perché ritenuto ininfluente ai fini della decisione, si accoglie l’appello principale, ritenendolo fondato per i motivi suddetti.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 22 settembre 2010, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Antonino Anastasi, Gabriele Carlotti, Pietro Ciani, estensore, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 7 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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