Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 07-03-2011, n. 185 Prescrizione breve

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1) – Con ricorso proposto innanzi al T.A.R. Sicilia, sede di Palermo, le signore Ro.Lo.Ca., Gr.Ma., Fr.Le. e An.Am. impugnavano il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza diretta a ottenere il pagamento di somme a esse spettanti in virtù del formale riconoscimento, da parte del Comune di Partanna, dell’esistenza di un rapporto di pubblico impiego con l’Amministrazione comunale.

Con sentenza n. 489 del 24 giugno 2008, il giudice adito respingeva il ricorso, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune convenuto.

2) – La signora Am. ha proposto appello contro la summenzionata sentenza, deducendo le seguenti censure:

A) – Illogicità della motivazione: erronea individuazione del dies a quo di decorrenza della prescrizione.

La ricorrente non avrebbe potuto far valere i diritti di credito azionati con il ricorso al T.A.R. nel 1999, se non successivamente all’adozione della deliberazione consiliare n. 23 del 1991, con la quale l’Amministrazione aveva esteso a favore della medesima i giudicati formatisi sulle pronunce di questo Consiglio del 1988, con contestuale e formale riconoscimento del rapporto di pubblico impiego.

Il giudice di prime cure ha errato nell’affermare che in costanza del rapporto di lavoro di carattere provvisorio o temporaneo la prescrizione non si arresta.

Detta affermazione, infatti, sposterebbe il dies a quo per il computo della prescrizione più indietro e cioè al periodo in cui l’appellante lavorava come appaltatrice.

Inoltre, la prescrizione non poteva in ogni caso decorrere in costanza di un rapporto di lavoro non stabilizzato e, dunque, precario.

B) – Violazione di legge: sussistenza della prescrizione decennale ex art. 2953 c.c.

Sarebbe errata la statuizione del T.A.R. secondo cui il disposto dell’art. 2953 c.c. non potrebbe trovare applicazione alla fattispecie, in quanto il "giudicato richiamato nella delibera del Comune di Partanna n. 23/1991 si è formato nei confronti di soggetti diversi dai ricorrenti, e, quindi, dell’appellante. Nel caso in esame opererebbe la conversione del termine prescrizione da breve a decennale, prevista dall’art. 2953 c.c. per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, ma invocabile anche nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al processo, allorquando abbia ad oggetto diritti che lo riguardano e che sono stati oggetto di valutazione e decisione.

C) – Violazione di legge: applicabilità della prescrizione ordinaria ex art. 2946 c.c.

Nel caso di specie opererebbe il termine prescrizionale decennale di cui all’art. 2946, trattandosi di competenze che sono state riconosciute a seguito della valutazione individuale del richiedente.

D) – In via subordinata. Violazione di legge: mancata maturazione della prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c.

In ogni caso, il termine di prescrizione non sarebbe stato maturato, in quanto sarebbe stato interrotto da un atto di diffida del 1993, nonché da un ricorso del marzo del 1994 al Pretore di Partanna nella qualità di Giudice del lavoro e da altro atto di diffida del 1997.

E) – Nel merito non potrebbe porsi in dubbio la fondatezza della pretesa dell’appellante alla percezione delle differenze retributive in questione, non avendo carattere dismissorio la sua istanza dell’11 maggio 1989.

F) – Con la proposizione dell’eccezione di prescrizione nel corso del giudizio di primo grado, l’Amministrazione avrebbe riconosciuto l’esistenza del debito nei confronti dell’appellante.

Un riconoscimento analogo sarebbe rintracciabile anche nella missiva del sindaco pro tempore del Comune di Partanna in data 7 ottobre 1997.

3) – Avverso la summenzionata sentenza hanno proposto appello incidentale le altre ricorrenti in primo grado, le quali hanno dedotto censure analoghe a quelle contenute nell’appello principale.

4) – Resiste agli appelli il Comune di Partanna, il quale ha altresì proposto appello incidentale.
Motivi della decisione

1) – L’appello è infondato.

1.1.) – Il primo motivo di appello fraintende l’affermazione del giudice di prime cure in ordine al decorso della prescrizione.

Affrontando il problema circa l’applicabilità della prescrizione quinquennale o decennale e affermando che il termine di prescrizione decorre anche in costanza di rapporto di lavoro, non importa se a carattere provvisorio o temporaneo, il giudice di prime cure non ha contestato che l’appellante avrebbe dovuto fare valere il proprio diritto di credito in un periodo temporale antecedente la data del 1991.

La valutazione del giudice di prime cure non si presta ad equivoci di sorta, tant’è che sulla suesposta affermazione di principio non v’è contestazione da parte dell’appellante.

La censura in esame va, pertanto respinta.

1.2.) – Va parimenti respinto il secondo motivo di appello.

La conversione del termine di prescrizione, da breve a decennale, prevista dall’art. 2953 c.c., per effetto del passaggio in giudicato di una sentenza di condanna, è un istituto di carattere eccezionale e, quindi, non è applicabile al di fuori dell’ipotesi tassativamente prevista (cfr., di recente, C.d.S., sez. V, 5 marzo 2009, n. 1215).

1.3.) – È, altresì infondato il terzo motivo di appello.

Il termine di prescrizione decennale invocata dall’appellante non può trovare applicazione alla fattispecie in esame.

L’orientamento della giurisprudenza amministrativa si è consolidato nel senso che la prescrizione dei crediti di lavoro dei pubblici dipendenti, al pari di quella prevista per i lavoratori privati ( art. 2948 c.c.) è quinquennale avendo l’art. 2 della legge n. 428/1985 eliminato ogni distinzione al riguardo, sia con riferimento alle categorie di lavoratori sia con riferimento al tipo di credito retributivo vantato dai lavoratori pubblici (così, di recente, C.d.S., sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3517 e sez. V, 2 febbraio 2010, n. 458). Né appare pertinente che sia richiamato dall’appellante l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale è sottoposto a prescrizione decennale il diritto di credito quando non discenda direttamente dalla legge, ma dipenda dall’intermediazione di apposito provvedimento discrezionale dell’amministrazione.

Tale orientamento giurisprudenziale deriva dal quarto comma dell’art. 2 del R.D.L. n. 295 del 1939 che concerne le ipotesi in cui esiste una norma che conferisca all’amministrazione il potere di valutare discrezionalmente la situazione di fatto, onde stabilire se in essa ricorrono le condizioni di legge da cui può avere origine il credito del dipendente pubblico (così, di recente, C.d.S., sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3517).

Ben diverso è il caso di specie, dove la valutazione dell’Amministrazione non è stata discrezionale, bensì vincolata, essendo stata diretta a verificare l’esistenza delle condizioni giuridiche per l’applicazione in favore dell’appellante delle decisioni con cui questo C.G.A. aveva riconosciuto per altri appaltatori di servizi comunali la sussistenza del rapporto di pubblico impiego con l’Amministrazione comunale.

1.4.) – Il quarto motivo di appello è inammissibile.

La dimostrazione relativa all’interruzione del termine di prescrizione è resa dall’appellante attraverso atti e documenti depositati per la prima volta in appello.

Come rettamente eccepito dalla difesa del Comune, la produzione effettuata solo in appello dei predetti documenti è inammissibile e non deve essere tenuta in considerazione, attesi i principi processuali che regolano la disciplina del gravame amministrativo (cfr., ex multis, questo C.G.A., 9 luglio 2007, n. 571).

È, infatti, noto che "Le norme di principio sulle quali si fonda l’attuale disciplina del giudizio di appello prevista dal codice di procedura civile e caratterizzanti il relativo modello, costituiscono un canone interpretativo anche della disciplina del processo amministrativo, in quanto è a tali previsioni che deve farsi riferimento per individuare in termine generale le caratteristiche dell’appello quale rimedio processuale" con la conseguenza che "Anche al giudizio amministrativo in grado di appello è applicabile il principio di cui all’art. 345 c.p.c., nel testo attualmente in vigore, introdotto dall’art. 52 della L. 26 novembre 1990, n. 353, secondo cui è inammissibile la produzione di nuove prove e di nuovi documenti".

Non ricorrono, poi, le condizioni, previste dall’art. 345, terzo comma, c.p.c., per consentire l’ingresso di detti documenti nel presente giudizio di appello, posto che l’appellante non si trovava affatto nell’impossibilità di indicare e provare il fatto impeditivo dell’eccezione di prescrizione formulata dall’Amministrazione, essendo gli atti e documenti idonei a supportare le rispettive contro eccezioni nella sua esclusiva disponibilità (cfr., in fattispecie analoga, C.d.S., sez. IV, 6 novembre 2009, n. 6940).

2) – Rettamente, quindi, il giudice di primo grado ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione in questione, il che consente al Collegio di non esaminare i restanti motivi di appello che vanno, pertanto, dichiarati assorbiti.

L’appello deve, quindi, essere respinto.

3) – L’appello incidentale degli altri ricorrenti in primo grado contiene censure analoghe a quelle proposte dall’appellante principale, sicché anch’esso deve essere respinto.

4) – Quanto all’appello incidentale del Comune di Partanna, lo stesso va dichiarato improcedibile per carenza d’interesse.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

5) – Si ravvisano, comunque, giustificati motivi per compensare, anche in questo grado di giudizio, le spese e gli altri oneri processuali.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, così statuisce:

a) – respinge l’appello principale proposto da Am.An. e l’appello incidentale proposto da Le.Fr., Ma.Gr. e Lo.Ca.Ro.

c) – dichiara improcedibile l’appello incidentale proposto dal Comune di Partanna.

Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 9 giugno 2010, dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Paolo D’Angelo, Guido Salemi, estensore, Filippo Salvia, Pietro Ciani, componenti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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