T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 07-03-2011, n. 330 Commissione giudicatrice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’odierno ricorso la dottoressa D. impugna gli atti della procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di ricercatore universitario, per il settore scientificodisciplinare "MSTO/04Storia Contemporanea" presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria, bandita con D.R. n. 367 del 27/2/2007, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, IV Serie speciale n. 23, del 20/3/2007.

Espone di aver partecipato alla procedura comparativa nella quale è risultato vincitore il controinteressato, dott. C.S.C..

Avverso la suddetta procedura concorsuale articola i seguenti motivi di ricorso:

1) Violazione di legge per mancato rispetto del termine previsto dall’art. 4, comma 11, d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, in quanto la Commissione aggiudicatrice non avrebbe terminato i lavori nel termine di 6 mesi previsto dalla citata disposizione, né risulterebbe essere stato prorogato il termine con atto formale del rettore;

2) eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità, trasparenza e buona amministrazione della P.A., atteso che la Commissione avrebbe illegittimamente proceduto a valutare i titoli prima di formulare le tracce dei temi delle prove in violazione dell’art. 8 del DPR 487/1994;

3) eccesso di potere per carenza di motivazione in relazione all’esito finale della valutazione comparativa, in quanto risulterebbe privo di adeguata motivazione il positivo giudizio finale espresso nei confronti del controinteressato a fronte dei giudizi contrastanti espressi dalla Commissione in relazione sia alle prove scritte che alla carriera accademica pregressa, mentre la ricorrente avrebbe ricevuto giudizi univocamente positivi.

Conclude chiedendo l’annullamento degli atti impugnati e la rinnovazione della procedura concorsuale con la nomina di una diversa Commissione.

Si è costituita l’Avvocatura erariale sia per il Ministero dell’Istruzione, l’Università e la Ricerca Scientifica sia per l’Università, per chiedere l’estromissione del primo dal giudizio e resistere nel merito.

Si è costituito anche il controinteressato che resiste nel merito.

Alla Camera del 14 gennaio 2010 il T.A.R. respingeva l’istanza cautelare con ordinanza n. 63/2010, depositata in data 15 gennaio 2010.

Il Consiglio di Stato, sez. VI, con l’ordinanza n. 2115/2010 depositata il 17 maggio 2010, in accoglimento dell’appello proposto dalla dott.ssa D., riformava l’ordinanza impugnata, accogliendo l’istanza cautelare proposta in primo grado, ritenendo sussistente il fumus in ordine alla doglianza di contraddittorietà ed illogicità della valutazione conclusiva della Commissione.

Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente il Collegio esamina la richiesta di estromissione dal giudizio del Ministero dell’istruzione.

L’eccezione è fondata.

La concezione "monista" per la quale il rettore è "organo decentrato (e i docenti dipendenti) del Ministero non è più accoglibile a seguito delle profonde innovazioni normative in tema di autonomia, anche finanziaria, delle Università ( art. 33 Cost. e l. n. 168 del 1989) e della circostanza che gli Atenei hanno ormai proprie dotazioni organiche (art. 5 comma 9, l. n. 537 del 1993). Pertanto, in materia di assunzione di ricercatori universitari, continua ad applicarsi (per effetto degli artt. 1 comma 7, l. 4 novembre 2005 n. 230, e 12 comma 2 bis, d.l. n. 248 del 2007) l’art. 1, l. 3 luglio 1998 n. 210 ("Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo"), a mente del quale "la competenza ad espletare le procedure per la copertura dei posti vacanti e la nomina in ruolo di ricercatori è trasferita alle Università". Di conseguenza non è necessario evocare in giudizio il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca nei giudizi attinenti alla procedura di copertura di posti di ricercatore universitario (Così T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 05 gennaio 2010, n. 47).

Il Ministero va quindi estromesso dal giudizio.

Nel merito il ricorso è infondato.

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 4, comma 11, d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, in quanto la Commissione aggiudicatrice non avrebbe terminato i lavori nel termine di 6 mesi previsto dalla citata disposizione, né risulterebbe essere stato prorogato il termine con atto formale del Rettore.

La censura è infondata in fatto.

L’art. 4, comma 11, prevede espressamente che: "Nell’ambito dei regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, le università stabiliscono un termine congruo entro cui i lavori della commissione devono concludersi, comunque non superiore a sei mesi dalla data di pubblicazione del decreto rettorale di nomina. Il rettore può prorogare, per una sola volta e per non più di quattro mesi, il termine per la conclusione dei lavori per comprovati ed eccezionali motivi segnalati dal presidente della commissione…".

Nella procedura in esame si è fatto ricorso alla proroga del termine con provvedimento del Rettore prot. 17851 del 19 giugno 2009, depositato in atti dall’Avvocatura.

Nella suddetta nota, il Rettore proroga i lavori in conformità ai termini di cui al disposto normativo sopra richiamato.

Il decreto di approvazione degli atti della procedura risulta poi adottato il 1° ottobre 2009, abbondantemente entro il termine di 4 mesi previsto come durata massima della proroga.

La censura va quindi respinta poiché infondata.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità, trasparenza e buona amministrazione della P.A., atteso che la Commissione avrebbe illegittimamente proceduto a valutare i titoli prima di formulare le tracce dei temi delle prove in violazione dell’art. 8 del DPR 487/1994.

La censura è infondata.

Essa parte dall’erroneo assunto che nella procedura de qua la Commissione avrebbe dovuto dare applicazione a quanto disposto dall’art. 8 del dpr 487/1994, anziché dal dpr 117/2000.

La giurisprudenza cui aderisce il Collegio ritiene che, data la particolarità della procedura comparativa per il reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori, per essa debbano trovare applicazione le norme di cui al DPR 117/2000, e non il disposto di cui all’art. 8 dpr 487/1994, atteso che quest’ultimo si colloca nell’ambito di procedure concorsuali nelle quali i titoli e le pubblicazioni hanno un peso diverso rispetto alle prove d’esame.

Considerato che l’art. 4, comma 7, del D.P.R. n. 117 del 2000, si limita solo a statuire che lo svolgimento delle prove scritte avvenga al termine della valutazione delle pubblicazioni scientifiche e dei titoli e non prevede anche, come invece previsto dall’art. 8 del DPR n. 487 del 1994, che le valutazioni dei titoli debbano essere effettuate dopo l’espletamento delle prove scritte, la Commissione non è incorsa nella violazione dedotta.

Al fine tuttavia di evitare l’inconveniente di favorire un candidato a danno dell’altro la Commissione, secondo quanto si legge nello stesso ricorso, ha proceduto a predeterminare i criteri ai quali si sarebbe attenuta nella formulazione delle tracce dei temi.

La ricorrente, peraltro, non deduce la violazione di tali criteri, fissati dalla Commissione prima di procedere alla valutazione dei titoli, né allega circostanze specifiche che possano indurre a ritenere che il candidato vincitore sia stato favorito dalla predisposizioni di tracce congegnate alla luce dei lavori da questi presentati e sui quali si debba ritenere che avesse una maggiore preparazione rispetto agli altri candidati.

L’esito delle prove, più favorevole alla ricorrente che al controinteressato, evidenzia anche profili di inammissibilità per carenza di interesse.

Ne consegue che anche questa censura deve essere respinta poiché infondata, ove non inammissibile.

Con la terza ed ultima censura la ricorrente deduce la carenza di motivazione in relazione all’esito finale della valutazione comparativa, in quanto risulterebbe privo di adeguata motivazione il positivo giudizio finale espresso nei confronti del controinteressato a fronte dei giudizi contrastanti espressi dalla Commissione in relazione sia alle prove scritte che alla carriera accademica pregressa, mentre la ricorrente avrebbe ricevuto giudizi univocamente positivi.

Anche questa censura è infondata.

Va innanzitutto premesso che, per principio giurisprudenziale pacifico, le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici nelle prove di un concorso, costituiscono pur sempre l’espressione di un’ampia discrezionalità finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale o attitudinale dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziare un chiaro sviamento logico o un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà rilevabile ictu oculi (Consiglio Stato, sez. IV, 27 marzo 2008, n. 1248; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 5 marzo 2009, n. 2302).

Ciò premesso ritiene il Collegio che nel caso di specie non si rinvenga alcuno dei vizi legittimanti il sindacato del giudice amministrativo sulla valutazione de qua.

L’incontestabile carenza delle prove d’esame sostenute dal candidato vincitore, soprattutto nel giudizio comparativo con le prove sostenute dalla ricorrente, come anche il possesso di un minor numero di titoli accademici, appare al Collegio assorbita e superata dalla motivazione fornita nel giudizio finale collegiale.

Appare evidente che il controinteressato è risultato prescelto, da due commissari su tre, sulla scorta delle seguenti considerazioni, tutte tratte dal giudizio finale:

1) "si è guadagnato l’apprezzamento e l’ammirazione di vasti settori di specialisti accademici e di cultori italiani e stranieri di storia contemporanea con due opere….la prima ricerca porta al più alto livello di completezza e di rigore saggi di diversi autori che solo localmente ed incidentalmente avevano trattato la materia";

2) "L’apprezzamento non è estemporanea valutazione di due commissari ma è dimostrato dalla tradizione di alta divulgazione della casa editrice che lo ha pubblicato…e dalla attenzione delle Università Italiane e straniere alla presentazione dell’opera"

3) "La seconda ricerca (…) richiedeva…forte autonomia intellettuale e capacità di costruire un percorso di ricerca quanto mai faticoso ed originale…la capacità dello studioso era del resto già stata apprezzata ed utilizzata dall’Università della Calabria che, per diversi anni, gli ha conferito l’incarico di professore a contratto di Storia Contemporanea"

4) Le prove scritte, non sempre impeccabili, non inficiano lo spessore scientifico e l’originalità di impostazione, il lavoro serio di ricerca storica, il giudizio della comunità scientifica nazionale ed internazionale".

A fronte di così analitiche considerazioni, non sembra al Collegio sindacabile la scelta dei due Commissari di preferire il candidato che evidenzi nel suo lavoro scientifico punte di eccellenza, anche a fronte di prove "non sempre impeccabili".

Più che di contraddittorietà del giudizio, ciò che viene in evidenza, dalla lettura dei verbali, a parere del Collegio, è un fisiologico contrasto tra i Commissari, uno dei quali avrebbe dato maggiore rilevanza alle prove ed ai titoli accademici, in disaccordo con gli altri due che, nel giudizio comparativo, hanno attribuito maggior merito al pregio delle opere scientifiche.

Né può dirsi viziata da illogicità la scelta del vincitore data la comprensibile diversa pregnanza dei titoli scientifici rispetto ad una prova d’esame pur sempre legata a fattori contingenti, tenuto altresì conto del fatto che si tratta comunque di giudizio comparativo tra pochi ma valenti studiosi.

E’ opinione del Collegio che il sindacato sul punto della maggiore o minore rilevanza, nel caso di specie, delle prove scritte rispetto ai titoli, non ridondando in un travisamento o in una manifesta illogicità, finisca per attingere nel merito del giudizio, attività preclusa in questa sede.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto perché infondato.

Ritiene il Collegio che sussistano, tuttavia, sufficienti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa estromissione del Ministero dell’Istruzione, per difetto di legittimazione, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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