T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 07-03-2011, n. 230 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Espone il ricorrente di essere proprietario in Sperlonga, via I e II Romita di 11 box metallici per ricovero auto.

Con l’ordinanza n. 30 del 10 maggio 2010 il Sindaco del comune – nell’esercizio del potere di ordinanza previsto dall’articolo 54 d.lg. 17 agosto 2000, n. 267 – ha ingiunto la demolizione di tali manufatti nel termine di trenta giorni e con contestuale bonifica dell’area, nel presupposto che essi si trovassero in uno stato di degrado e abbandono, tale costituire una grave minaccia per la salute e l’igiene pubblica.

Successivamente seguiva, in data 27 settembre 2010, il provvedimento con cui il responsabile dello sportello unico dell’edilizia, nel presupposto sia dell’inottemperanza del ricorrente (e degli altri soggetti obbligati) all’ordinanza sindacale sia di una pregressa ordinanza che ingiungeva a demolizione (questa volta nel presupposto che per i manufatti in contestazione il comune aveva respinto in data 8 ottobre 2001 l’istanza di condono edilizio che per gli stessi era stata presentata nel 1986), disponeva la demolizione d’ufficio ponendone il costo a carico degli inadempienti.

2. Contro i due provvedimenti il signor F. proponeva ricorso deducendo che essi sono illegittimi: a) quanto all’ordinanza sindacale, perchè essa si basa su presupposti inesistenti, dato che difetta una reale situazione di pericolo per l’incolumità pubblica e all’asserito stato di degrado dei box potrebbe ben farsi fronte attraverso interventi di tipo manutentivo; di conseguenza, il provvedimento è anche viziato da eccesso di potere, in quanto la reale finalità dell’atto è quella di permettere l’eliminazione di opere per le quali è stato chiesto il condono; b) quanto all’ordinanza che ordina la demolizione d’ufficio, per violazione del diritto alla difesa e eccesso di potere, dato che da un lato essa prevedeva l’inizio dei lavori dopo soli tre giorni, e, dall’altro, pretende di legittimarsi, oltre che sull’inottemperanza all’ordinanza sindacale, anche su ragioni di repressione dell’abusivismo edilizio, estranee al precedente provvedimento sindacale.

3. Il comune di Sperlonga si è costituito in giudizio e resiste al ricorso.

4. Il ricorso è in parte fondato.

5. Il Collegio in particolare ritiene fondata l’impugnazione del provvedimento sindacale sussistendo la violazione dell’articolo 54 del d.lg. 17 agosto 2000, n. 267; e infatti i provvedimenti sindacali del Sindaco sono atti che presuppongono una situazione di grave pericolo tale da giustificare una misura che è e resta extra ordinem; nella fattispecie è evidente che difetta una situazione di grave pericolo (negli atti presupposti è rappresentata una situazione che non è assolutamente riconducibile alle fattispecie indicate dal D.M. 5 agosto 2008) e, sotto questo profilo e tenuto conto del pregresso contenzioso relativo al condono chiesto per i manufatti in contestazione, appare plausibile l’assunto del ricorrente secondo cui il provvedimento sindacale è inficiato anche da eccesso di potere non essendo allo stesso estranea una finalità di repressione dell’abusivismo edilizio.

L’illegittimità del provvedimento sindacale non implica tuttavia l’annullabilità anche del successivo provvedimento che ha disposto la demolizione d’ufficio dei manufatti; e infatti tale provvedimento si fonda – oltre che sull’inottemperanza all’ordinanza sindacale – anche sull’inottemperanza all’ingiunzione alla demolizione del 7 maggio 2009 (cioè sul provvedimento adottato in conseguenza del negato condono per i manufatti in contestazione); rispetto a questo secondo presupposto, le censure del ricorrente sono generiche e prive di consistenza; in particolare il ricorrente ha avuto a disposizione mesi per eseguire l’ingiunzione alla demolizione citata (la sospensiva avverso la quale è stata concessa dal Consiglio di Stato, dopo che questa sezione l’aveva negata con ordinanza n. 404 del 10 giugno 2010, solo nel novembre 2010 e quindi dopo la stessa proposizione del ricorso all’esame) e non l’ha fatto; egli quindi non può dolersi che il comune, acclarata l’inottemperanza, abbia disposto la demolizione d’ufficio; va solo aggiunto, in relazione alla circostanza che non risulta che il comune abbia previamente proceduto all’acquisizione delle opere e dell’area di sedime (e benché nulla sia stato dedotto al riguardo), che l’acquisizione non è sanzione strumentale alla demolizione che può pertanto essere, in caso di inottemperanza dell’obbligato, autonomamente disposta dall’amministrazione (e ciò del resto è quanto di regola avviene allorchè, essendo il responsabile dell’abuso soggetto diverso dal proprietario, l’acquisizione non può essere disposta).

Il ricorso va quindi accolto in parte, con annullamento del solo provvedimento sindacale del 10 maggio 2010. La reciproca parziale soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in parte e, per l’effetto annulla l’ordinanza sindacale n. 30 del 10 maggio 2010.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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