Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2011) 09-03-2011, n. 9324

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il giorno 1 dicembre 2009 il Tribunale di Catania dichiarava inammissibile il ricorso originariamente proposto da P. G., e successivamente riassunto da P.C. (coniuge superstite), M.A., A., P.R., volto ad ottenere la revoca della misura patrimoniale della confisca dell’immobile situato in (OMISSIS), evidenziando l’omessa sopravvenienza di nuovi elementi idonei a fondare la domanda.

2. Avverso il citato provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il comune difensore di fiducia, P. C., M.A., A., P.R., che formulano le seguenti doglianze.

In primo luogo lamentano inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, considerato che P., all’atto dell’entrata in vigore, nel 2001, della nuova normativa sui collaboratori di giustizia (e, quindi, in epoca di gran lunga successiva alla procedura di prevenzione, conclusasi nel 1993), aveva indicato dettagliatamente tutti i beni posseduti o controllati e le altre utilità di cui poteva disporre, direttamente o indirettamente, all’inizio della sua collaborazione, eccezion fatta per la casa familiare a lui appartenente fin dagli anni sessanta, immobile nel quale aveva sempre vissuto con la moglie e i figli.

Deducono, inoltre, mancanza e illogicità della motivazione in relazione all’omesso apprezzamento delle evoluzioni storico processuali verificatesi dopo la conclusione del procedimento di prevenzione.
Motivi della decisione

L’impugnazione proposta deve essere qualificata come appello.

Il provvedimento con il quale il Tribunale decide sull’istanza di revoca della misura di prevenzione patrimoniale della confisca è impugnabile esclusivamente mediante il ricorso in appello e, solo all’esito della decisione su questo, è esperibile il ricorso per Cassazione.

Mancando, infatti, ogni specifica disciplina nella L. n. 1423 del 1956, art. 7, non può che farsi riferimento, per ragioni sistematiche, alla disciplina dettata dalla medesima legge in tema di impugnazioni del provvedimento impositivo della misura di prevenzione (cfr., ex plurimis, Sez. 1, 25 ottobre 2006, n. 1817, rv. misura di prevenzione (cfr., ex plurimis, Sez. 1, 25 ottobre 2006, n. 1817, rv.

236025; Cass., Sez. 1, 16 dicembre 1999, Perre; Sez. 1, 30 gennaio 2004, Indelicato).

Il Collegio, pur consapevole di un diverso indirizzo interpretativo (Sez. 6, 4 gennaio 2000, Di Martino) che riconduce il provvedimento al "sistema dell’esecuzione" e ritiene, di conseguenza, che il mezzo di gravame dovrebbe essere individuato nel ricorso per Cassazione ex art. 666 c.p.p., comma 6, ritiene di non condividerlo. Esso omette, infatti, di considerare l’autonomia del sottosistema delle misure di prevenzione, caratterizzato dal doppio grado di merito, dai termini di impugnazione più ristretti, dall’assenza di effetto sospensivo dell’impugnazione stessa, dal ricorso in cassazione per sola violazione di legge.

Ne consegue che il gravame deve essere qualificato come appello con trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Catania per il giudizio di secondo grado, in base alla generale previsione (compatibile con la speciale disciplina processuale in materia di prevenzione) dell’art. 568 c.p.p., comma 5, impregiudicate le valutazioni di ammissibilità sulla rappresentanza dei ricorrenti da parte di un difensore non munito di procura speciale.
P.Q.M.

Qualificato il ricorso come appello, dispone la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Catania.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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