Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2011) 09-03-2011, n. 9321 Liberazione anticipata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 4 marzo 2010 il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro rigettava il reclamo interposto da C.V. avverso l’ordinanza con la quale il Magistrato di sorveglianza di Cosenza aveva rigettato l’istanza di liberazione anticipata relativa ai semestri 5 novembre 1974 – 31 maggio 1983, osservando che, nei periodi di libertà, il condannato aveva serbato comportamenti sintomatici di adesione solo formale all’opera di rieducazione, come dimostrato dalle condanne intervenute per reati commessi dal (OMISSIS), nonchè per il delitto previsto dall’art. 416 bis c.p., posto in essere nel maggio 1983. 2. Avverso il suddetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, C., il quale lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale alla luce dell’omesso, compiuto apprezzamento della condotta mantenuta nei singoli semestri, in particolare quelli esenti da illeciti penali e disciplinari.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. Ai fini della concessione del beneficio della liberazione anticipata non è sufficiente la regolare condotta del detenuto nell’istituto, ma occorre la prova di una fattiva e convinta adesione all’opera di rieducazione, desumibile – sulla base dei criteri fissati dall’art. 94 reg. pen., comma 2 – da fatti positivi rivelatori dell’evolversi della personalità del soggetto verso modelli di vita socialmente validi.

2. Orbene nel caso in esame il Tribunale, procedendo correttamente alla valutazione della condotta serbata dal condannato anche nei periodi trascorsi in libertà, ha correttamente escluso la concedibilità del beneficio richiesto in relazione ai semestri 5 novembre 1974 – 31 maggio 1983 in base al rilievo che C. ha commesso una pluralità di reati nel periodo compreso tra il (OMISSIS) e che, nel (OMISSIS), si è reso responsabile del delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso. La reiterazione e obiettiva gravità di tali condotte è stata ritenuta tale da riverberare negativamente i suoi effetti non solo sui semestri cui essere afferiscono, ma anche sugli altri contigui, in quanto sintomatica della mancanza di partecipazione all’opera di rieducazione per l’intero periodo preso in esame.

In tale prospettiva il riferimento al comportamento mantenuto in ambiente extracarcerario non può essere pretermesso, ma deve necessariamente entrare a far parte della valutazione complessiva della condotta del soggetto interessato che non può essere esclusivamente legata alla condotta serbata in stato di detenzione.

La consumazione di plurimi e gravi delitti in un significativo lasso di tempo in cui il soggetto è stato in libertà sono univocamente espressivi dell’assenza di quell’atteggiamento di responsabilità che è lecito attendersi dal detenuto il quale, per godere del beneficio invocato, deve dar prova di effettiva adesione all’opera di rieducazione intrapresa nei suoi confronti, ai fini del suo più efficace reinserimento sociale.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di mille Euro alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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