T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 07-03-2011, n. 226 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Espone il ricorrente di aver proposto al comune di Sperlonga in data 26 marzo 1986 istanza di concessione edilizia in sanatoria ex lege 28 febbraio 1985, n. 47 relativamente alle seguenti opere: a) Viale C. Colombo – cambio di destinazione d’uso di un locale seminterrato in abitazione e ampliamento dello stesso; b) viale 1^ Romita Trav. Sin. – 11 box in lamiera a uso deposito garage.

Con il provvedimento oggetto del primo ricorso il comune ha dichiarato improcedibile e respinto l’istanza nel presupposto che il signor F. non aveva integrato la domanda, nonostante vari solleciti (4) e una nota "ultimativa" del 20 aprile 1999 in cui era fissato il termine di 3 mesi per l’inoltro della documentazione richiesta con espresso avvertimento che, in difetto, l’istanza sarebbe stata dichiarata improcedibile.

2. Con il ricorso n. 1482 del 2001, il signor F. ha quindi impugnato il diniego, denunciando che il provvedimento è illegittimo in quanto: a) due dei solleciti menzionati nel provvedimento non gli sono stati mai notificati e neppure gli è stato notificato l’avviso di procedimento, nonostante nel provvedimento si affermi che esso è stato comunicato il 25 giugno 2001; b) data l’epoca di realizzazione dei box in lamiera (ben anteriori all’entrata in vigore della cd. legge ponte e all’introduzione del vincolo paesaggistico), la documentazione richiesta dal comune era superflua e non necessaria.

3. Con il successivo ricorso n. 404 del 2010 R.G., il signor F. ha quindi impugnato il provvedimento con cui, nel presupposto del diniego di condono, l’amministrazione ha ingiunto la demolizione degli 11 box in lamiera realizzati in viale 1^ Romita Trav. Sin., sostanzialmente deducendo il vizio di illegittimità derivata, dato che non è dedotto alcun vizio specifico a carico dell’ordinanza di demolizione, ad eccezione del rilievo che, venendo in rilievo manufatti realizzati nel 1964, agli stessi non sarebbe applicabile il regime sanzionatorio previsto attualmente dalla legge (cioè la demolizione e l’acquisizione al patrimonio comunale dell’opera abusiva comprensiva di area di sedime in caso di inottemperanza).

4. Il comune di Sperlonga resiste ai ricorsi.
Motivi della decisione

5. I ricorsi, da riunire ai fini della decisione con unica sentenza data la loro connessione, sono infondati.

6. Quanto al ricorso n. 1482 del 2001, deve premettersi che il comune di Sperlonga si è limitato a depositare in giudizio la sola domanda di sanatoria del ricorrente coi relativi allegati (la dichiarazione sostitutiva relativa alla data di realizzazione del locale seminterrato oggetto di mutamento di destinazione d’uso e ampliamento); non ha invece depositato in giudizio prova del perfezionamento delle comunicazioni né dei solleciti inviati al ricorrente (in data 28 maggio 1992, 5 maggio 1994, 9 ottobre 1995 e 16 ottobre 1996), né della nota del 20 aprile 1999, con cui il signor F. era nuovamente invitato al deposito di documentazione con espressa avvertenza che, ove non l’avesse fatto entro tre mesi, la sua domanda sarebbe stata dichiarata improcedibile ex articolo 39, comma 4, della legge 28 dicembre 1994, n. 724, né dell’ulteriore nota del 25 giugno 2001, con cui era comunicato avviso di procedimento e "l’adozione del provvedimento definitivo di improcedibilità della domanda e il conseguente diniego… entro giorni 30 dalla notifica"; va anche aggiunto che nessuno di questi atti è stato depositato né dal ricorrente né dall’amministrazione, anche se è possibile dedurre quali fossero i documenti mancanti dall’avvenuto deposito presso il comune (il 3 dicembre 2001) di: 1) documentazione fotografica; 2) visura catastale dei manufatti (i box garage); 3) dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà relativa alla data di installazione dei box; 4) copie del rilievo – progetto. Va infine aggiunto che il ricorrente in ricorso afferma di non aver ricevuto i solleciti del 5 maggio 1994 e del 16 ottobre 1996 nonché la nota del 25 giugno 2001; da ciò si desume quindi che egli ha ricevuto sia gli altri due solleciti sia soprattutto la nota del 20 aprile 1999 (che non è contestato contenesse una intimazione al ricorrente a depositare la documentazione occorrente al perfezionamento del condono – evidentemente quella depositata il 3 dicembre 2001 – entro tre mesi pena l’improcedibilità della domanda).

7. Tutto ciò premesso, il diniego di sanatoria è legittimo.

E infatti il ricorrente implicitamente ammette sia di aver ricevuto la nota del 20 aprile 1999, con cui il comune gli intimava, pena improcedibilità della domanda, la presentazione di documentazione necessaria all’istruttoria (e che la domanda fosse incompleta e priva di documenti richiesti dalla legge lo dimostra sia la documentazione depositata dal comune, da cui si desume l’omessa presentazione in allegato alla domanda di parte dei documenti richiesti dall’articolo 35, comma 3, della legge n. 47, che quella depositata presso il comune dal ricorrente il 3 dicembre 2001), sia di non avervi dato corso; ciò, ad avviso del Collegio, rende legittimo l’operato del comune, nel senso che il diniego di condono impugnato altro non è che la conseguenza della colpevole inerzia del ricorrente; va solo aggiunto che nella fattispecie non si richiedeva avviso di procedimento, trattandosi di procedimento a istanza di parte, per cui la circostanza che il ricorrente sostenga di non aver ricevuto l’avviso inviatogli dal comune (che, a sua volta, non ha dimostrato di averlo effettivamente inviato) è irrilevante.

8. Per quanto riguarda il ricorso n. 404 del 2010, anch’esso è infondato.

Anzitutto l’infondatezza dell’impugnazione proposta contro il diniego di condono comporta l’infondatezza del vizio di illegittimità derivata.

Quanto poi alla dedotta inapplicabilità del regime sanzionatorio previsto dalla attuale normativa urbanistica in considerazione della risalenza dei manufatti al 1964, epoca in cui l’edificazione non era soggetta ad alcun titolo edilizio, si tratta di argomento pure infondato.

Deve anzitutto rilevarsi che a ben vedere nessun elemento di prova di tale circostanza è stata fornita dal ricorrente (che si è limitato a dichiarare l’anno 1964 come epoca di ultimazione dei manufatti in sede di presentazione dell’istanza di condono).

A parte questo elemento e anche indipendentemente da quanto affermato dalla difesa comunale – e non puntualmente contestato – secondo cui nel centro di Sperlonga la necessità della licenza edilizia era stata introdotta dal regolamento edilizio del 23 maggio 1933 (non depositato in giudizio), deve rilevarsi che la necessità del titolo edilizio è stata ammessa dal ricorrente con il fatto stesso di aver presentato la domanda di condono, dichiarando che i manufatti per la quale la sanatoria era richiesta erano stati realizzati "in assenza della licenza edilizia o della concessione". In pratica il ricorrente, presentando l’istanza di sanatoria, senza riserve o condizioni, ha autodenunciato di aver realizzato le opere abusivamente e di trovarsi pertanto nella condizione prevista dall’articolo 31, comma 5, della citata legge n. 47 (cioè nella condizione di chi ha realizzato anteriormente al 1° settembre 1967, opere "per le quali era richiesto, ai sensi dell’art. 31, primo comma, della L. 17 agosto 1942, n. 1150, e dei regolamenti edilizi comunali, il rilascio della licenza di costruzione").

Di conseguenza per effetto del diniego della sanatoria e del carattere permanente dell’illecito edilizio correttamente il comune ha applicato le sanzioni ripristinatorie vigenti al tempo del diniego e del conseguente provvedimento repressivo dato che, secondo la giurisprudenza, l’edificazione di manufatti abusivi in data antecedente all’entrata in vigore della c.d. " legge ponte " non elimina la necessità di sanatoria e il potere repressivo del comune in quanto gli abusi edilizi, i cui effetti perdurano nel tempo, sono sanzionabili in base alla normativa vigente all’atto della repressione, avendo le misure sanzionatorie della sospensione e della demolizione introdotte con la legge n. 47 del 1985 (così come quelle previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dalla legge regionale 11 agosto 2008, n. 15) un contenuto non meramente afflittivo, ma finalità ripristinatorie in quanto volte a ristabilire l’assetto urbanistico violato dall’abuso.

6. I ricorsi devono dunque essere respinti. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, riuniti i ricorsi e definitivamente pronunciando sui medesimi, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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