Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-05-2011, n. 10486 Effetti del fallimento per i creditori Revocatoria fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il fallimento della Santa Giulia s.c.r.l., dichiarato dal Tribunale di Livorno, convenne davanti al medesimo Tribunale il fallimento della Merchant Union s.c.r.l. per sentir revocare pagamenti fatti dalla prima società alla seconda allorchè le stesse erano in bonis, con conseguente condanna del convenuto alla restituzione della somma corrispondente.

Il Tribunale dichiarò improcedibile la domanda perchè, concretandosi nella pretesa del pagamento di una somma di denaro, era soggetta alla procedura di verifica dei crediti, ai sensi della L. Fall., art. 52 e art. 93, e segg., davanti al Tribunale che aveva dichiarato il fallimento della debitrice.

Il fallimento attore propose appello davanti alla Corte di Firenze, la quale rigettò il gravame confermando che, siccome la curatela attrice non si era limitata a chiedere la revoca dei pagamenti, ma aveva chiesto anche la condanna del fallimento convenuto alla restituzione della corrispondente somma, la presenza della domanda di condanna, non separabile dalla prima, comportava l’improcedibilità ai sensi dei già richiamati della L. Fall., art. 52 e art. 93 e segg..

Il fallimento della Santa Giulia ha quindi proposto ricorso per cassazione articolando un solo motivo di censura. Il fallimento della Merchant Union ha resistito con controricorso e successiva memoria.
Motivi della decisione

1. – Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che la domanda era invece procedibile, dato che, ai sensi della L. Fall., art. 24, il tribunale che ha dichiarato il fallimento – e dunque nella specie quello di Livorno – è competente sulle azioni revocatorie proposte dalla curatela, mentre solo le conseguenti pronunce restitutorie sono riservate, ove convenuto in giudizio sia un altro fallimento, all’apposita sede concorsuale.

2. – La censura non può essere accolta, perchè il dispositivo di improcedibilità (rectius: inammissibilità) della domanda è corretto, anche se va rettificata la motivazione in diritto della sentenza impugnata.

Va infatti messo in evidenza che l’azione revocatoria è stata intrapresa, dal curatore del fallimento Santa Giulia, allorchè la convenuta Merchant Union era già stata dichiarata fallita. Ma un’azione revocatoria, ordinaria o fallimentare, non può essere esperita nei confronti di un fallimento: lo impediscono il principio di cristallizzazione della massa passiva alla data dell’apertura del concorso e il carattere costitutivo dell’azione revocatoria. Il principio di cristallizzazione pone il patrimonio del fallito al riparo dalle pretese di soggetti che vantino titoli formatisi in epoca successiva alla dichiarazione del fallimento; sicchè, posto che l’effetto giuridico favorevole all’attore in revocatoria si produce soltanto a seguito della sentenza che accoglie la domanda, il medesimo effetto non potrà essere invocato contro la massa ove l’azione sia stata esperita dopo l’apertura del fallimento.

Il ricorrente richiama, a sostegno della sua tesi, Cass. 7583/1994, la quale, però, si limita a confermare il principio, già enunciato da Cass. 2746/1963, secondo cui, se nelle more del giudizio di revoca sopraggiunge il fallimento del convenuto, il giudizio prosegue davanti allo stesso giudice quanto alla domanda di revoca, mentre le domande restitutorie conseguenti devono essere verificate nel fallimento della parte convenuta, ai sensi della L. Fall., art. 52 e art. 93 e segg.. L’ipotesi, dunque, è che si tratti di azione revocatoria iniziata prima del fallimento della parte convenuta;

azione la cui proseguibilità può spiegarsi con la considerazione (generalmente accettata: cfr., tra le altre, Cass. 3657/1984, 1001/1987, nonchè Cass. 5443/1996 e 437/2000, rese a sezioni unite) che gli effetti restitutori conseguenti alla revoca retroagiscono alla data della domanda, per il generale principio che la durata del processo non deve recar danno a chi ha ragione.

In un altro caso, infine, questa Corte ha ritenuto ammissibile un’azione revocatoria intrapresa nei confronti di un fallimento (cfr.

Cass. 6709/2009); ma in quel caso lo stesso atto revocando – un pagamento – era stato posto in essere, dal curatore, dopo la dichiarazione del fallimento.

3. – Il ricorso va in conclusione respinto. Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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