T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 07-03-2011, n. 2055

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

tenza in forma semplificata;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

il presente giudizio può essere definito nel merito ai sensi degli articoli 60 e 74 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, previo accertamento della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e sentite sul punto le parti costituite;

RILEVATO che il ricorso appare manifestamente infondato;

ATTESO che con esso il ricorrente impugna il provvedimento con il quale il Consolato Generale d’Italia in Alessandria di Egitto ha rigettato la richiesta di visto di lavoro autonomo, con la motivazione che risulta "sprovvista della documentazione di cui all’art. 26 del d.lgs. n. 286/1998 ed all’allegato punto 9 del D.I 12luglio 2000";

RILEVATO che avverso tale provvedimento l’interessato oppone:

1. violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del d.lgs. n. 286 del 1998, eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, irragionevolezza. Il ricorrente lamenta di essere in possesso di tutti i requisiti di legge per ottenere il visto di ingresso, dal momento che lo zio nonchè suo procuratore generale ha garantito un idoneo alloggio ed il possesso di una somma necessaria per la sopravvivenza per tutto il tempo in cui egli permarrà sul territorio italiano, come pure attestato dalla copiosa documentazione in materia;

2. violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 394/1999 violazione del giusto procedimento; eccesso di potere per difetto di istruttoria. L’interessato lamenta che l’autorità consolare italiana di Alessandria d’Egitto non ha tenuto in alcuna considerazione il parer favorevole rilasciato dalla Questura di Firenze per l’ingresso in Italia del ricorrente, laddove tale parere è da considerarsi vincolante;

3. Violazione e falsa applicazione del”art. 4 del d.lgs. n. 286 del 1998 e dell’art. 3 della legge 7bagosto 1990, n. 241; violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di motivazione e difetto di istruttoria; violazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 21 della legge n. 241 del 1990. Il ricorrente sostiene che la motivazione del diniego di visto sia completamente insufficiente; in particolare la deroga è limitata solamente a ragioni di sicurezza o ordine pubblico, che nel caso non appaiono sussistere. La incongruità della motivazione non consente al ricorrente di conoscere quale sia la documentazione mancante;

AVUTO riguardo alla relazione della resistente Amministrazione consolare dalla quale si evince che laddove la sistemazione alloggiativa possa essere considerata come dimostrata, non lo è altrettanto quella reddituale, in quanto "il ricorrente ha prodotto unicamente una dichiarazione di un commercialista egiziano attestante che la paga annuale dell’interessato ammonta a Leg. 10.800." e nel prosieguo la relazione specifica che "Detta cifra, al cambio medio degli ultimi sei mesi, corrisponde a circa 1.250, euro, importo nettamente inferiore agli 8.500 euro annuali previsti dalla normativa.";

RILEVATO che tali notazioni appaiono smentire in fatto quanto sostenuto in ricorso dall’interessato circa il possesso del requisito reddituale, sicché non appare idoneamente suffragato il dedotto vizio motivazionale nel provvedimento impugnato, nella considerazione che, secondo quanto sostenuto dal TAR in analoghe circostanze (TAR Lazio, sezione I quater, 4 febbraio 2011, n. 1085) comunque data la vincolatezza del provvedimento di diniego di visto, alla stregua dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, il giudice non può più adottare l’annullamento del provvedimento per vizi formali, laddove non sia palese che il suo contenuto dispositivo avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, mentre, per le superiori considerazioni tale prova non appare, nel caso, raggiunta;

AVUTO riguardo pure alla non condivisibilità della censura con la quale parte ricorrente fa valere la violazione dell’art. 26 comma 3 del D.Lgs. n. 286 del 1998 il quale prevedrebbe la possibilità per i cittadini stranieri di usufruire di idonee garanzie ai fini della dimostrazione del requisito reddituale "da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato", laddove detta ultima espressione è però stata cassata dalla legge 30 luglio 2002, n. 189;

RILEVATO che pertanto il provvedimento impugnato va trovato scevro dalle dedotte censure;

CONSIDERATO che, quanto alle spese di lite, esse seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente E.A.S.S.A.M. al pagamento di Euro 750,00 per spese di giudizio a favore dell’Amministrazione degli Affari Esteri.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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