Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 09-03-2011, n. 9280 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Il Tribunale di Salerno, in composizione monocratica, con sentenza del 26.11.2007 condannava S.G., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla circostanza aggravante di cui all’art. 349 c.p., alla pena di mesi 7 e giorni 10 di reclusione ed Euro 900,00 di multa per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 81 cpv., art. 44, lett. b) (capo a), D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64 e 71 (capo b), D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 65 e 72 (capo c), D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 95 (capo d), art. 349 c.p. (capo e), unificati sotto il vincolo della continuazione.

La Corte di Appello di Salerno, con sentenza del 7 aprile 2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, dichiarava non doversi procedere nei confronti del S. in ordine ai reati di cui ai capi a), b), c) e d) perchè estinti per intervenuta prescrizione, rideterminando la pena per il residuo reato di cui all’art. 349 c.p., con le già concesse circostanze attenuanti generiche equivalenti, in mesi 6 di reclusione ed Euro 500,00 di multa, e confermando nel resto.

Nel rinviare alla ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza di primo grado e nel richiamare per relationem la condivisibile motivazione della stessa, aggiungeva la Corte territoriale che la polizia municipale aveva accertato, in costanza del provvedimento di sequestro imposto con il decreto in data 22.4.2000, la prosecuzione dei lavori tra la data del 28.5.2004 e quella del 17.12.2004 (solo in tale ultima data, infatti, era stata riscontrata la realizzazione della scala di collegamento tra il manufatto abusivo e l’appartamento sottostante ed il completamento degli impianti tecnologici).

2) Ricorre per Cassazione il S., a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la violazione di legge in relazione all’art. 521 c.p.p..

La Corte territoriale ha immutato il fatto, avendo ritenuto che la condotta sia stata realizzata tra il 28.5.2004 ed il 17.12.2004, mentre nella contestazione si fa riferimento alla violazione dei sigilli accertata in data (OMISSIS). Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, avendo la Corte territoriale ritenuto, in contrasto con le deposizioni dei testi (i vigili urbani P. e Sa. avevano riferito che, al momento del sopralluogo del (OMISSIS), in epoca cioè in cui non vi era alcun vincolo reale sull’immobile, la struttura era ultimata), che erano stati violati i sigilli. Per di più i giudici di merito fanno riferimento anche alla testimonianza del teste G. mai escusso in dibattimento.

3) Il ricorso è infondato.

3.1) Quanto al primo motivo, è vero che nella contestazione si fa riferimento ad un accertamento eseguito in data (OMISSIS); nella imputazione, però, in modo preciso e circostanziato, risulta indicata la condotta posta in essere e cioè la violazione dei sigilli "disposti dall’autorità giudiziaria, con sequestro preventivo emesso dal GIP il 22.4.2004 e notificato il 6.5. 2004, realizzando un’apertura, con un taglio pari a mt. 2,50 X 1,00, nel solaio del proprio appartamento al fine di collegarlo, mediante una scala interna, al sovrastante immobile abusivo di cui al capo a), immobile che poi ultimava e rifiniva, suddividendolo in cucina, bagno e camera da letto". Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, peraltro, "la data del commesso reato costituisce solo un elemento accessorio del fatto, che non incide sui requisito della enunciazione del medesimo e non può quindi determinare la mancanza o l’incompletezza della contestazione" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 1 19.10.1993 n. 11304).

3.2) In relazione al secondo motivo, i giudici di merito hanno evidenziato che la polizia municipale aveva accertato la prosecuzione dei lavori nel periodo tra il 28.5.2004 ed 17.12.2004, vale a dire nel periodo in cui risultava imposto il vincolo reale a seguito del decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP il 22.4.2004 e notificato il 6.5.2004.

In effetti già il Tribunale, con un’analisi approfondita delle risultanze processuali, aveva dato atto che, al momento del sopralluogo del (OMISSIS), come risultava chiaramente dai rilievi fotografici (in particolare foto n. 7 e 8), era stato realizzato il taglio del solaio interpiano, da cui si intravedeva il sottostante appartamento in fase di ristrutturazione. Nel successivo sopralluogo del (OMISSIS) gli operanti Sc. e Sa. procedevano ad ulteriori rilievi fotografici da cui emergeva "il completamento finale dell’opera con tutte le rifiniture, scala di collegamento tra l’appartamento sottostante, con annessa scala in metallo e legno, mobilia, condizionatori e quant’altro".

La sentenza di primo grado, cui rinvia per relationem la Corte di merito, aveva quindi indiscutibilmente accertato che dal semplice raffronto dei rilievi fotografici,eseguiti nelle date dei due sopralluoghi, emergeva che l’opera era stata completata, attraverso la realizzazione della scala e di tutte le rifiniture (come del resto indicato nella imputazione).

Nè è esatto che tali conclusioni siano smentite dalle deposizioni dei testi, balla testimonianza di P.A. (la trascrizione del verbale è stata allegata al ricorso) risulta chiaramente che, al momento del sopralluogo del (OMISSIS), fu riscontrato solo "un taglio nel solaio interpiano tra il terrazzo di proprietà e l’appartamento sottostante l’unità abitativa" (pag. 41). Risulta indiscutibilmente provato,quindi,che la scala e le ulteriori rifiniture, alla sopraindicata data, non erano state ancora realizzate, ma lo furono successivamente (quando cioè l’opera, pacificamente, risultava sottoposta a sequestro).

Correttamente pertanto i giudici di merito hanno ritenuto che fosse configurabile il reato di cui all’art. 349 c.p. contestato.

La violazione di sigilli non consiste, invero, nell’atto materiale dell’infrazione, ma nella condotta diretta in maniera specifica a violare la misura cautelare e strumentalizzata al proseguimento dei lavori abusivi, sicchè il reato può concretarsi in qualunque atto comunque diretto al mancato rispetto dell’effettuato sequestro.

Oggetto della tutela penale non è infatti l’integrità dei sigilli, ma la conservazione e identità della cosa sottoposta a sequestro.

Come costantemente affermato da questa Corte, in tema di violazioni di sigillici custode è obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta a sequestro e sulla integrità dei relativi sigilli una custodia continua ed attenta. Egli non può sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive ragioni di impedimento e, quindi, chiedendo ed ottenendo di essere sostituito, ovvero, qualora non abbia avuto il tempo e la possibilità di farlo, fornendo la prova del caso fortuito o della forza maggiore che gli abbiano impedito di esercitare la dovuta vigilanza. Ne consegue che, qualora venga accertata la violazione dei sigilli, senza che il custode abbia provveduto ad avvertire dell’accaduto l’autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso non dimostri di non essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o forza maggiore.

Ciò non configura alcuna ipotesi di responsabilità oggettiva, estranea alla fattispecie, ma un onere della prova che incombe sul custode (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 6, 11 maggio 1993 n. 4815;

conf. Cass. pen. sez. 3 n. 2989 del 28.1.2000).

Risponde, pertanto del reato di cui all’art. 349 c.p. il custode che non dimostri l’esistenza del caso fortuito o della forza maggiore, dal momento che su di lui grava l’obbligo di impedire la violazione dei sigilli (cfr. Cass. pen. sez. 3 24.5.2006 n. 19424).
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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