Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 09-03-2011, n. 9278 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze ha confermato la pronuncia di colpevolezza di B.G. in ordine ai reati: a) di cui all’art. 81 cpv. c.p., del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis, lett. a), artt. 54, 55 e 1161 c.n.; b) di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. a) e comma 2 a lui ascritti per avere realizzato, mediante riporto di terra, in zona paesaggistica, dichiarata di notevole interesse pubblico, in fascia di rispetto demaniale, una pista di atterraggio, senza il permesso di costruire e senza le autorizzazioni delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli, nonchè per avere smaltito rifiuti non pericolosi provenienti dall’attività di demolizioni edilizie, terre e rocce da scavo, riutilizzandoli al fine di rialzare il piano di campagna e di bonificare terreni acquitrinosi.

L’esecuzione degli interventi di cui si tratta venivano accertati in area di proprietà del B. limitrofa alla laguna di (OMISSIS) ed in particolare si rilevava, oltre al riporto di cumuli di terreno e di rifiuti da demolizioni edili, la realizzazione di una pista in terra battuta, delimitata da birilli, lunga circa mezzo chilometro e larga venti, che si stendeva a fianco della laguna, invadendo parzialmente le acque.

La Corte territoriale ha rigettato la richiesta dell’imputato di riapertura dell’istruzione dibattimentale, finalizzata all’escussione di testi in ordine all’epoca di esecuzione degli interventi, avendo ritenuto provato che gli stessi erano stati posti in essere in epoca contestuale a quella dell’accertamento.

La sentenza ha rigettato, tra gli altri, il motivo di gravame con il quale l’appellante aveva dedotto che l’ipotesi delittuosa di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis, lett. a), non è applicabile alla fattispecie in esame, operando all’epoca del commesso reato una formulazione più restrittiva della norma che avrebbe richiesto un espresso provvedimento, successivo all’entrata in vigore della riforma, dichiarativo del notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree oggetto di tutela. La sentenza ha altresì ritenuto irrilevante il motivo di gravame con il quale era stata dedotta la illegittimità della contestazione della recidiva, osservando che non è stato applicato alcun aumento di pena per effetto della citata aggravante.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione delle norme incriminatici di cui all’imputazione, nonchè contraddittorietà della motivazione con riferimento ad atti del processo e segnatamente al processo verbale di sequestro, alla deposizione resa dal M.llo dei C.C. C. D. ed al fascicolo fotografico formato dai C.C. del NOE. In sintesi, con il motivo di gravame si deduce che in base alle citate risultanze processuali, di cui si denuncia il travisamento da parte dei giudici di merito, i lavori finalizzati a rialzare il piano di campagna e a bonificare i terreni acquitrinosi non riguardavano la pista di atterraggio, che risultava essere già stata realizzata e non era interessata dagli interventi descritti dai verbalizzanti. Si deduce, poi, che gli interventi in corso di esecuzione e la stessa pista di atterraggio, costituita dalla delimitazione del terreno con birilli di plastica, non integra le fattispecie di reato di cui alla contestazione.

Con il secondo mezzo di annullamento, denunciando la violazione ed errata applicazione delle predette norme incriminatici, si deduce che i corrispondenti reati dovevano essere dichiarati estinti per prescrizione. Sul punto si rileva che, stante l’incertezza in ordine all’epoca di realizzazione della pista di atterraggio, la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 doveva essere inquadrata nell’ipotesi contravvenzionale di cui al comma 1 e che la violazione di cui all’art. 1161 c.n., essendosi concretata nella esecuzione di interventi nella fascia di rispetto demaniale, ha natura istantanea.

Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia per vizi di motivazione la mancata ammissione delle prove chieste in appello, deducendosi che la valutazione della Corte territoriale in ordine alla prova dell’epoca di commissione dei reati contrasta con le già citate risultanze processuali.

Con il quarto mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 18, comma 1 bis, lett. a).

Si osserva che il testo originario introdotto dalla L. n. 308 del 2004, art. 181, comma 1 bis, lett. a) prevedeva quale fattispecie criminosa l’esecuzione di lavori di qualsiasi genere su beni immobili ed aree che, ai sensi dell’art. 136, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori.

Con successiva L. n. 157 del 2006 è stato eliminato dalla norma l’inciso "ai sensi dell’art. 136". Si deduce, quindi, che il riferimento dell’articolo, nella sua formulazione originaria, alla dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree ai sensi dell’art. 136 deve essere interpretata nel senso che la fattispecie criminosa era configurabile solo in relazione a beni destinatari di apposito provvedimento dichiarativo del notevole interesse pubblico emesso ai sensi dell’art. 140 e ss. successivamente all’entrata in vigore della norma che ha previsto la fattispecie delittuosa. Con la successiva eliminazione dell’inciso il legislatore ha, invece, voluto estendere la applicabilità della sanzione più grave ai lavori eseguiti su immobili o aree dichiarati di notevole interesse pubblico con qualsiasi provvedimento vincolistico emesso in base alle normative previgenti.

Sulla base di tali rilievi si deduce che ai sensi della normativa vigente all’epoca di commissione del reato, più restrittiva e, perciò, più favorevole per l’imputato, doveva escludersi la configurabilità della fattispecie criminosa fondata su vincoli risalenti nel tempo e non oggetto di recente verifica.

Con l’ultimo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 99 c.p..

Si deduce che nei confronti del B. non poteva essere affatto contestata la recidiva, ai sensi dell’art. 99 c.p., come modificato dalla L. n. 251 del 2005, riferendosi i suoi precedenti penali esclusivamente a fatti di natura contravvenzionale. Si aggiunge che la sentenza impugnata ha erroneamente escluso l’interesse dell’imputato a censurare la contestazione della recidiva per non essere stato applicato alcun aumento di pena per detta aggravante. Si osserva, in contrario, che la recidiva reiterata, come contesta al B., esplica i suoi effetti anche nella fase esecutiva, rendendo inapplicabili determinati benefici in favore del condannato.

Il ricorso non è fondato.

Con i primi tre motivi di ricorso sostanzialmente si denunciano vizi di motivazione della sentenza con riferimento alla valutazione delle risultanze probatorie circa la natura e l’epoca di esecuzione dei vari interventi.

All’esame di tali motivi è, perciò, opportuno premettere in punto di diritto che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado di giudizio diretto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione.

Si tratta di un principio di diritto reiteratamente affermato da questa Corte ed assolutamente condivisibile (sez. un. 23.11.1995 n. 2110, Facchini, RV 203767 e più di recente: sez. 2, 5.5.2006 n. 19584, Capri ed altra, RV 233773; sez. 6, 20.3.2006 n. 14054, Strozzanti, RV 233454).

Tale impostazione, anche dopo la modifica dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), disposta dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b è stata ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale può aversi vizio di travisamento della prova quando l’errore sia in grado "di disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione" e che questo può avvenire solo nei casi in cui "si introduce in motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo", oppure "si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della decisione", (sez. 2, 23.5.2007 n. 23419, P.G. in proc. Vignaioli, RV 236893; sez. 1, 15.6.2007 n. 24667, Musumeci, RV 237207).

L’esame del materiale processuale previsto dalla norma non può mai comportare per la Corte di legittimità una nuova valutazione del risultato probatorio e delle sue ricadute in termini di ricostruzione del fatto e delle responsabilità, ma deve limitarsi a verificare che la sentenza impugnata non sia incorsa nel vizio di travisamento della prova.

Nè i vizi logici, che devono essere manifesti, possono essere ravvisati nel fatto che il ricorrente abbia ritenuto non soddisfacenti le argomentazioni con le quali la sentenza impugnata ha risposto ai rilievi formulati nei motivi di gravame.

Orbene, appare evidente dall’esame dei motivi di ricorso, con i quali si deduce il travisamento delle risultanze processuali da parte dei giudici di merito sui punti dell’epoca di esecuzione degli interventi e della natura degli stessi, nonchè sulla richiesta di ammissione di riapertura della istruzione dibattimentale in appello, che tali motivi contengono esclusivamente la richiesta di rivalutazione del materiale probatorio, già esaminato dai giudici di merito e, perciò, inammissibile in sede di legittimità.

Il quarto motivo di ricorso è infondato.

E’ stato già affermato da questa Suprema Corte, peraltro prima che intervenisse la L. n. 157 del 2006, che ha ulteriormente modificato il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 che "In tema di paesaggio, la fattispecie delittuosa di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis, lett. a) esecuzione di lavori senza la prescritta autorizzazione su immobili o aree dichiarati di notevole interesse pubblico, introdotta dalla L. 15 dicembre 2004, n. 308, art. 36, comma 1, lett. c), è configurabile anche se la dichiarazione è avvenuta con provvedimento emesso ai sensi delle disposizioni previgenti". (sez. 3, 9.11.2005 n. 45609, Pastore, RV 232641).

Questa Corte non ravvisa ragioni per discostarsi dal citato indirizzo interpretativo.

E’ evidente, infatti, che il riferimento ai beni dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136, contenuto nell’art. 181, comma 1, lett. a), nella formulazione antecedente alla modifica di cui al D.Lgs. n. 157 del 2006, corrisponde all’analogo riferimento contenuto nella lett. b) del predetto comma ai beni immobili tutelati per legge ai sensi dell’art. 142 del medesimo Decreto Legislativo.

Peraltro, vi è piena continuità normativa sul piano procedimentale tra le disposizioni del D.Lgs. n. 42 del 2004 (citato art. 136 e ss.) e quelle del D.Lgs. n. 490 del 1999 (art. 139 e ss.) in materia di dichiarazione di notevole interesse pubblico di immobili ed aree;

disposizioni che, a loro volta, richiamavano quelle della L. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 1 e segg..

Cosi come vi è piena continuità normativa tra le previsioni del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142 e quelle contenute nel D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 146 a loro volta riferibili a quelle del D.L. n. 312 del 1985, artt. 1 e 1 quater convertito con modificazioni nella L. n. 431 del 1985.

Peraltro, si palesa evidente la irrazionalità di una disposizione normativa che avesse fondato la configurabilità della fattispecie delittuosa più grave sulla rinnovazione della dichiarazione di notevole interesse pubblico con riferimento a tutto il patrimonio paesaggistico ed immobiliare italiano, già ritenuto tale in base a precedenti provvedimenti.

Una diversa interpretazione, infine, risulta in contrasto con l’espresso disposto del medesimo D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 157, comma 1, lett. b), v), d bis) ed c) ai sensi del quale conservano efficacia a tutti gli effetti gli elenchi compilati e le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi della L. 29 giugno 1939, n. 1497, nonchè gli elenchi compilati ovvero integrati e le dichiarazioni di notevole interesse pubblico ai sensi del D.Lgs. n. 490 del 1999.

Sicchè correttamente è stata configurata la fattispecie delittuosa di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1, lett. a), in relazione alla esecuzione di interventi, di qualsiasi natura essi siano, senza la prescritta autorizzazione in un’area dichiarata di interesse pubblico con D.M. 21 febbraio 1958.

E’, infine, infondato l’ultimo motivo di gravame.

Va confermato il giudizio di carenza di interesse espresso sul punto nella sentenza impugnata anche per quanto si osserverà subito dopo.

Deve essere rilevato che il termine di prescrizione relativo ai reati contravvenzionali, con decorrenza dalla data del fatto ((OMISSIS)), pur tenendosi conto della sospensione del suo decorso per rinvii del dibattimento per impedimento di parte per il periodo di sessanta giorni, è decorso in data 6.5.2010, ai sensi degli art. 157 e 160 c.p. nella formulazione previgente alla L. n. 251 del 2005.

Deve essere, pertanto, dichiarata la estinzione per prescrizione dei reati contravvenzionali e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente agli stessi.

Va inoltre eliminato l’aumento di pena inflitto per detti reati che corrisponde a mesi due di reclusione.

L’annullamento senza rinvio della sentenza in ordine ai reati contravvenzionali fa venir meno, in ogni caso, l’interesse dell’imputato al motivo di ricorso afferente alla recidiva, poichè tale aggravante personale risultava, sia pure erroneamente, contestata solo con riferimento ai reati contravvenzionali.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato nel resto.
P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente ai reati contravvenzionali senza rinvio per essere detti reati estinti per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi due di reclusione.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *