T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 07-03-2011, n. 2076

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, cittadino coreano, è entrato in Italia nel 1997 con il permesso di soggiorno per motivi di studio e da allora ha sempre risieduto nel territorio nazionale.

Attualmente vive in Italia unitamente alla moglie e alla figlia di due anni.

Ha sempre ottenuto il permesso di soggiorno per motivi di studio avendo frequentato corsi di "arte scenica" e di "regia dell’opera".

Con il provvedimento impugnato la Questura di Roma ha respinto la sua richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno.

Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto censure di violazione di legge (artt. 7 e 8 della L. 241/90), violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 6 del D.Lgs. 286/98, eccesso di potere sotto diversi profili, falsa applicazione dell’art. 14 del D.P.R. 394/99 e violazione dell’art. 2 comma 6 del D.Lgs. 286/98 per omessa traduzione dell’atto impugnato, nonché per violazione del diritto di difesa.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con ordinanza n. 4285/07 è stata accolta la domanda cautelare.

All’udienza pubblica del 10 febbraio 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Con il primo motivo di impugnazione lamenta il ricorrente la violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90.

La censura è fondata.

L’art. 10bis della legge n. 241/90 è stato introdotto dalla legge n. 15 del 2005 al fine di consentire il contraddittorio tra privato ed amministrazione prima dell’adozione di un provvedimento negativo e allo scopo, quindi, di far interloquire il privato sulle ragioni ritenute dall’amministrazione ostative all’accoglimento dell’istanza.

La norma si applica a tutti i procedimenti ad iniziativa di parte, ad eccezione di quelli espressamente esclusi (procedure concorsuali e procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali).

Il procedimento per il rinnovo del permesso di soggiorno è un procedimento ad istanza di parte, cui si applica, quindi, la suddetta disposizione (Cons. Stato Sez. VI 2/2/09 n. 552).

La violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90, che costituisce vizio di legittimità del provvedimento, non comporta automaticamente l’annullamento dell’atto, se – facendo applicazione della disposizione recata dall’art. 21 octies comma 2 della stessa legge – il giudice accerti che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso (Cons. Stato Sez. VI n. 2763/06; n. 4307/06).

Pertanto, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, in presenza di atti vincolati, la violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90 non è tale da comportare l’annullamento dell’atto, dovendo farsi applicazione della disposizione recata dall’art. 21 octies della stessa legge (cfr. tra le tante T.A.R. Lazio sez. I 9/9/09 n. 8425; Cons. Stato sez. V 28/7/08 n. 3707; Cons. Stato Sez. VI 8/2/08 n. 415; T.A.R. Sicilia sez. IV Catania 8/6/09 n. 1065; T.A.R. Campania Napoli Sez. VI 30/4/09 n. 2225).

Occorre dunque verificare se l’omessa comunicazione del preavviso di diniego sia tale da comportare l’illegittimità dell’atto, tenuto anche conto che in tema di rinnovo del permesso di soggiorno è lo stesso Legislatore ad aver previsto la rilevanza delle sopravvenienze (art. 5 comma 5 del D.Lgs. 286/98).

Ritiene il Collegio che la fattispecie in esame sia del tutto peculiare, in quanto il ricorrente è un cittadino coreano – venuto in Italia per seguire studi di musica e regia d’opera – legalmente soggiornante in Italia da moltissimi anni, titolare di permesso di soggiorno per motivi di studio rinnovato per quasi 20 anni senza che mai la Questura avesse manifestato perplessità sulla ricorrenza dei presupposti per il rilascio.

Il ricorrente risiede in Italia con la propria famiglia, ed ha dimostrato in giudizio di essere impegnato non soltanto nell’attività di studio artistico, ma anche in quella prettamente lavorativa (come dimostra il contratto di lavoro prodotto in giudizio): elementi questi che gli avrebbero consentito di chiedere la conversione del permesso di soggiorno da motivi di studio a motivi di lavoro.

Ha presentato invece presentato la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio sul ragionevole affidamento che detto permesso di soggiorno sarebbe stato rinnovato a detto titolo come sempre, non potendosi attendere – dopo quasi venti anni – che la Questura mutasse avviso.

Ritiene quindi il Collegio che – tenuto conto dell’affidamento ingenerato – il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno avrebbe dovuto essere preceduto dal preavviso di diniego ex art. 10 bis della L. 241/90, consentendo al ricorrente di poter partecipare al procedimento anche al fine di chiedere la conversione del titolo di soggiorno da studio a lavoro.

In conclusione, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere accolto.

Le spese di lite possono essere invece compensate tra le parti ricorrendo giusti motivi.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Laziosede di Roma, sez. II quater

ACCOGLIE

nei sensi di cui in motivazione il ricorso n.6856/2007 in epigrafe proposto e, per l’effetto, pronuncia l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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