T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 07-03-2011, n. 2070 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, cittadino egiziano, è entrato in Italia in data 6/4/09 munito di regolare visto di ingresso per lavoro subordinato, rilasciato in data 1/7/08, a seguito di nulla osta in base al decreto flussi per l’anno 2006.

In data 15/4/09 ha quindi chiesto alla Questura di Roma il rilascio del primo permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

In seguito a foto segnalamento la Questura ha accertato che il ricorrente – con diverse generalità – era stato espulso dal territorio nazionale con provvedimento del Prefetto di Udine dell’11/6/02, notificato in pari data.

Ha poi rilevato che il ricorrente ha prodotto copia di un passaporto rilasciato dal Consolato d’Egitto in Italia valido dal 10/6/07 al 9/6/14, e che soltanto al momento del rilascio del visto di ingresso dall’Ambasciata italiana ad Alessandria d’Egitto, ha ottemperato al provvedimento di espulsione portante il divieto di rientro in Italia per cinque anni.

Sulla base di questi presupposti la Questura di Roma ha negato il permesso di soggiorno.

Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto le seguenti censure:

1. Violazione di legge in relazione agli artt. 4 comma 6 e 13 comma 13 del D.Lgs. 286/98. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione. Violazione del diritto di difesa, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost.

Deduce il ricorrente che al momento della richiesta di visto di ingresso erano già scaduti i cinque anni di divieto di reingresso in Italia e che quindi al momento del rilascio del visto di ingresso il provvedimento di espulsione aveva esaurito i suoi effetti.

Non sarebbe stata quindi necessaria l’autorizzazione ex art. 13 del D.Lgs. 286/98 per rientrare in Italia.

Il provvedimento sarebbe quindi viziato per difetto di istruttoria e di motivazione.

2.Violazione degli artt. 7 e 10 bis della L. 241/90 e del prot. n. 7 alla Convenzione di Strasburgo del 1984 recepita con L. n. 98/1990.

Lamenta il ricorrente la violazione delle garanzie previste dalla legge in sede di procedimento che non gli avrebbero consentito di parteciparvi e di poter dimostrare di aver ottemperato al provvedimento di espulsione.

3. Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione degli artt. 24 Cost., 2 comma 6 del D.Lgs. 286/98 e 3 comma 3 del D.P.R. n. 394/99.

Lamenta il ricorrente l’omessa traduzione del provvedimento in una lingua a lui conosciuta.

Insiste quindi per l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Con ordinanza n. 4291/10 è stata accolta la domanda cautelare sussistendo la violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90.

All’udienza pubblica del 25 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Ritiene il Collegio di dover confermare quanto già affermato nella propria ordinanza cautelare n. 4291/10, essendo il provvedimento viziato per omessa comunicazione del preavviso di diniego di cui all’art. 10 bis della L. 241/90.

E’ opportuno infatti richiamare l’orientamento della giurisprudenza (Cons. Stato Sez. VI 6/2/09 n. 552) secondo cui è viziato il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno non preceduto dal preavviso di rigetto previsto dall’art. 10 bis della L. 241/90, in quanto detta norma si applica a tutti i procedimenti ad istanza di parte eccetto quelli individuati dal Legislatore, e quindi anche ai procedimenti relativi al rinnovo del permesso di soggiorno.

Il Consiglio di Stato ha precisato nella suddetta decisione che l’Amministrazione non può esimersi dall’applicare tale disposizione richiamando l’art. 21 octies della L. 241/90, in quanto detta norma non degrada il vizio a mera irregolarità amministrativa, ma assolve all’unica funzione di evitare che il vizio di legittimità non comporti l’annullabilità dell’atto sulla base di valutazioni, attinenti al contenuto del provvedimento, effettuate ex post dal giudice circa il fatto che il provvedimento non poteva essere diverso (Cons. Stato, VI, n. 2763/2006; n. 4307/06).

L’art. 21octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 è una norma di carattere processuale che non può essere utilizzata in sede amministrativa,violandosi altrimenti il principio di legalità, ma che deve essere utilizzata in sede giurisdizionale, quando sono stati commessi degli errori e non si è riusciti a correggerli attraverso l’esercizio del potere di autotutela.

Ne consegue che in caso di violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90, sussiste l’illegittimità dell’atto, ma trattandosi di vizi di forma, l’annullabilità del provvedimento è rimessa all’apprezzamento del giudice, che può superare il vizio procedimentale, facendo applicazione dell’art. 21 octies della stessa legge, qualora sia palese che l’atto non avrebbe potuto avere un contenuto diverso (cfr. tra le tante T.A.R. Lazio sez. I 9/9/09 n. 8425; Cons. Stato sez. V 28/7/08 n. 3707; Cons. Stato Sez. VI 8/2/08 n. 415; T.A.R. Sicilia sez. IV Catania 8/6/09 n. 1065; T.A.R. Campania Napoli Sez. VI 30/4/09 n. 2225).

L’applicazione della suddetta disposizione presuppone quindi la certezza dell’inutilità della partecipazione al procedimento, elemento questo che ricorre quando il diniego del permesso di soggiorno si configura come atto vincolato.

Ritiene il Collegio, al contrario, che in tutti i casi in cui non sia certa ed evidente la totale inutilità della partecipazione al procedimento, l’Amministrazione sia tenuta ad osservare la disposizione dell’art. 10 bis della L. 241/90.

Nel caso di specie, il diniego è motivato con riferimento ad un pregresso provvedimento di espulsione risalente nel tempo (decreto del Prefetto di Udine dell’11/6/02) portante il divieto di reingresso in Italia per il termine di cinque anni.

Detto termine, come è noto, decorre dalla data di avvenuta esecuzione dell’atto, momento questo del quale la Questura non ha cognizione.

Pertanto – in assenza di certezza sul punto – la Questura ha indicato nel decreto impugnato alcuni elementi dai quali potrebbe desumersi la data di rientro del ricorrente nel paese di origine: l’esecuzione del decreto di espulsione sarebbe quindi avvenuta – secondo la ricostruzione effettuata dalla Questura – soltanto al momento della richiesta di rilascio del visto di ingresso in seguito al nulla osta in base al decreto flussi 2006 (visto poi rilasciato in data 1/7/08), tenuto conto che il ricorrente sarebbe stato titolare di un passaporto egiziano rilasciato dal Consolato d’Egitto in Italia, avente validità dal 10/6/07.

Secondo la Questura, quindi, essendo il ricorrente uscito dal territorio italiano soltanto nel 2008, non sarebbe ancora decorso il termine quinquennale di efficacia del decreto di espulsione, e quindi, per poter rientrare nel territorio nazionale, avrebbe dovuto munirsi dell’autorizzazione ex art. 13 del D.Lgs. 286/98.

Ritiene il Collegio, come già preannunciato, che l’omissione del preavviso di diniego non vizia il provvedimento solo in presenza di elementi incontrovertibili, e non anche quando i presupposti del diniego si fondino su meri ragionamenti induttivi.

Nel caso di specie, non essendo chiaro quando il ricorrente abbia dato esecuzione al provvedimento di espulsione, la Questura avrebbe dovuto provvedere ad inviare il preavviso ex art. 10 bis della L. 241/90 consentendo allo straniero di partecipare al procedimento al fine di poter dimostrare di aver ottemperato all’ordine di espulsione nei cinque anni antecedenti al suo reingresso in Italia.

Il mancato invio del preavviso di diniego ha infatti impedito al ricorrente di poter fornire la prova – del quale è onerato secondo l’attuale normativa – dell’allontanamento dal territorio nazionale per cinque anni, con conseguente possibilità di sovvertire l’esito del procedimento.

Ne consegue la fondatezza del ricorso ed il conseguente annullamento del provvedimento impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti di competenza dell’Amministrazione.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *