Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-01-2011) 09-03-2011, n. 9631 Falsità ideologica in atti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

F.D. e M.G. sono stati condannati alla pena ritenuta di giustizia in entrambi i gradi di merito – sentenze emesse dal Tribunale di Palermo il 4 aprile 2005 e dalla Corte di Appello della stessa Città il 23 giugno 2008 – perchè ritenuti responsabili del delitto di cui all’art. 479 c.p. per avere il F. attestato falsamente che S., P., D. e G. avevano apposto in sua presenza la firma di dichiarazioni di vendita di autoveicoli, ed il M. per avere apposto la sottoscrizione falsamente attestante l’identità di C.G..

Con il ricorso per Cassazione F.D. deduceva la nullità della sentenza per violazione di legge con riferimento all’art. 192 c.p.p. e la nullità per contraddittorietà della motivazione. In particolare il ricorrente rilevava che la Corte non aveva dato risposta a tutte le doglianze difensive e che l’affermazione di responsabilità era fondata esclusivamente sulle dichiarazioni dei testimoni S., P., D. e G., ricche di imprecisioni, incertezze e discordanze, in assenza di prove certe, che si sarebbero, eventualmente, potute acquisire con indagini più approfondite. La contraddittorietà era ravvisata nel fatto che in altri casi in cui il testimone aveva dichiarato che alla stesura dell’atto era presente una terza persona il giudice di primo grado aveva proceduto alla assoluzione, mentre nei casi in discussione, ove pure era stata accertata la presenza di altra persona si era pervenuti ad una affermazione di responsabilità.

M.G. con il ricorso deduceva:

1) la violazione di legge ed il vizio di motivazione per erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 99 c.p., trattandosi di ipotesi di recidiva facoltativa e non essendo il nuovo episodio delittuoso in correlazione con i precedenti penali. Era ravvisabile un vizio di motivazione non essendo stati indicati i motivi per i quali si riteneva di applicare la recidiva. Nel caso di specie era stato violato il principio di proporzione tra pena e reato.

2) la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p..

3) la intervenuta prescrizione del reato e la violazione di legge ed il vizio di motivazione sul punto, essendo i fatti stati consumati tra il (OMISSIS); secondo il ricorrente il reato si sarebbe prescritto il 9 agosto 2005.

I motivi posti a sostegno dei ricorsi proposti da F.D. e M.G. non sono fondati.

Il ricorso del F. è ai limiti della ammissibilità, sia perchè genericamente ha sostenuto che non erano stati presi in considerazione i motivi di appello, sia perchè ha censurato la valutazione delle prove compiuta dai giudici di merito, sostanzialmente sollecitando una rivalutazione delle stesse da parte del giudice di legittimità, cosa non consentita dall’ordinamento processuale.

In ogni caso va detto che la motivazione del provvedimento impugnato è immune da manifeste illogicità e contraddittorietà perchè la Corte di merito ha messo in evidenza che dalle dichiarazioni di quattro testimoni, certamente attendibili, nonostante alcune marginali imprecisioni, si evinceva che al momento della stipula del contratto di compravendita di autovetture non era presente il notaio F., mentre, invece, dall’atto risultava che lo stesso fosse stato stipulato in sua presenza.

Siffatta conclusione dei giudici di merito risultava avvalorata dal fatto che il titolare della agenzia aveva comunicato al cliente che l’atto sarebbe stato inviato al notaio per la registrazione, comunicazione che evidentemente escludeva la presenza del notaio alla stipula dell’atto.

Quanto, infine, alla osservazione del F. che in altri casi simili si era pervenuti ad una sentenza assolutoria, va detto che i giudici di merito hanno proceduto ad assolvere ogni qualvolta appariva dubbia l’assenza del notaio alla stipula degli atti risultando presente una terza persona, mentre hanno condannato per quegli episodi che consentivano di ritenere certa l’assenza del notaio. Le generiche osservazioni critiche del ricorrente non consentono di ritenere contraddittoria la decisione impugnata, che appare, invece, precisa e non censurabile sotto il profilo della legittimità.

M.G. non si è doluto della affermazione di responsabilità, ma della erronea applicazione della recidiva.

Orbene i giudici di merito, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, hanno ritenuto grave il comportamento del pubblico ufficiale che aveva falsamente attestato la identità di tale C. ed hanno altresì ritenuto che in tale contesto la recidiva contestata andava ritenuta.

Trattasi di motivazione di merito, ancorchè non specifica quella della Corte di merito in punto recidiva, ma desumibile da tutto il contesto motivazionale del provvedimento impugnato volto a stigmatizzare comportamenti gravemente irregolari, che non è censurabile in sede di legittimità.

La pena comminata non appare, tenuto conto della valutazione di gravità compiuta dai giudici di merito, sproporzionata rispetto al fatto commesso, essendo, peraltro, prossima al minimo edittale previsto dalla legge.

Manifestamente infondato è il secondo motivo di impugnazione perchè i giudici di merito, facendo riferimento alla gravità del fatto e ai precedenti penali dell’imputato, hanno motivatamente escluso il riconoscimento delle attenuanti generiche; trattasi di valutazione di merito non censurabile in questa sede di legittimità.

E’ infondato, infine, il terzo motivo di impugnazione perchè il reato contestato al M. non si è ancora prescritto perchè in applicazione del testo previgente dell’art. 157 c.p., essendo stata la sentenza di primo grado pronunciata il 4 aprile 2005 e, quindi, prima della entrata in vigore della L. n. 251 del 2005, e tenuto conto delle interruzioni e sospensioni della prescrizione intervenute, il termine prescrizionale per il reato commesso dal M. maturerà nel mese di maggio del 2011.

Per le ragioni indicate i ricorsi debbono essere rigettati ed i ricorrenti condannati a pagare le spese del procedimento.
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti a pagare le spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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