Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-01-2011) 09-03-2011, n. 9387 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

t. Fodaroni Maria Giuseppina che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione D.J. – per tramite del difensore – avverso la sentenza pronunziata il 9 giugno 2010 dalla Corte d’appello di Torino con la quale, in parziale riforma della sentenza 25 gennaio 2010 del GIP del Tribunale di Torino, riconosciuta la speciale attenuante prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 – dichiarata equivalente alle contestate aggravanti ed alla recidiva – veniva condannato, quale responsabile di plurimi reati, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, art. 61 c.p., n. 11 – bis, art. 81 cpv. e art. 99 c.p., comma 4 – unificati sotto il vincolo della continuazione – di cessione e di detenzione illecita di eroina e di cocaina, commessi in Torino dal 2005 fino al 17 giugno 2009 mentre l’imputato si trovava illegalmente nel territorio nazionale alla pena di anni CINQUE, mesi QUATTRO di reclusione ed Euro 24.000 di multa, Si duole il ricorrente della manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata.

La Corte d’appello di Torino ha escluso l’assorbimento delle condotte di cessione di eroina, contestate ai capi 1, 2, 5, 6, 7, 8 e 9 della rubrica in quella di detenzione illecita della medesima quantità di sostanza stupefacente di cui al capo n. 3. Come già evidenziato dal difensore in atto d’appello, con tale imputazione, si addebita al D. di avere detenuto un quantitativo imprecisato di eroina "dal quale traeva le singole dosi da cedere a D.D., + ALTRI OMESSI " nonchè "un imprecisato quantitativo di cocaina" presumibilmente destinata allo spaccio.

Sub capi nn. 1, 2, 5, 6, 7, 8 e 9 risultano ascritte al prevenuto altrettante condotte integranti singole cessioni in favore degli stessi soggetti, già nominativamente indicati al capo n. 3, duplicandosi in tal modo la condotta illecita di detenzione della medesima sostanza stupefacente già oggetto di contestazione all’imputato sotto forma di cessioni ai medesimi acquirenti. Posta la stretta contestualità spaziale e temporale tra la condotta di detenzione dell’eroina e quelle di cessione a terzi (venendo tratto lo stupefacente spacciato dal maggior quantitativo oggetto della contestazione di illecita detenzione) avrebbe dovuto ritenersi sussistente un’unica condotta illecita, previo assorbimento delle cessioni nella illecita detenzione; ciò con indubbio riflesso sulla determinazione della pena.

II ricorso va giudicato inammissibile per manifesta infondatezza, con ogni conseguenza di legge.

Con motivazione assolutamente esaustiva, perspicua e del tutto immune da qualsivoglia profilo di illogicità, la Corte d’appello ha dato conto (al pari di quanto già esposto dal Giudice di primo grado a confutazione della stessa tesi difensiva riproposta con i motivi d’appello e nel presente giudizio di legittimità) delle ragioni di fatto e di diritto, ostative ex se al riconoscimento dell’ invocato assorbimento delle condotte di detenzione illecita dell’eroina in quelle di cessione, contestate al capo di imputazione n. 3.

L’argomento decisivo – che in termini che non possono non esser condivisi dal Collegio – ha condotto ad escludere detto assorbimento è costituito dal fatto che sub capo n. 3, si ascrive al D.J. di aver detenuto un quantitativo imprecisato di eroina, dal quale traeva e confezionava le singole dosi cedute ai singoli acquirenti nominativamente indicati negli altri, citati capi di imputazione nonchè di aver detenuto abitualmente, in un lungo e pregresso arco di tempo, altro ed imprecisato quantitativo della stessa sostanza stupefacente, destinato altresì allo spaccio in favore di un numero indeterminato di consumatori, non identificati. In diritto, come già statuito da questa Corte in numerose pronunzie conformi (cfr. ex multis: Sez. 4 n. 22588 del 7 aprile 2005 – dep. 16 giugno 2005 – imp. Volpi) dalle quali non vi è alcuna ragione di discostarsi, non ricorre alcun assorbimento tra le diverse condotte alternativamente previste dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 (eventualmente unificabili sub specie del reato continuato) sì da potersi ritenere che le fattispecie incriminatrici minori perdono la propria individualità per esser assorbite in quelle più gravi, qualora difetti contiguità temporale tra le diverse condotte e medesimezza ontologica e psicologica: ipotesi entrambe, effettivamente verificatesi nel caso concreto, come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, mancando sostanzialmente identità e sovrapponibilità oggettiva tra le condotte di cessione e di detenzione dell’eroina.

Va da ultimo osservato, ex art. 609 cod. proc. pen. che la sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità dell’art. 61 c.p., n. 11 – bis (sent. Corte costituzionale n. 249 dell’8 luglio 2010) già integrante un’aggravante comune contestata all’imputato in relazione a tutte le imputazioni ascrittegli D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 1 si appalesa, nel caso concreto, irrilevante agli effetti della determinazione finale del trattamento sanzionatorio.

Sancito dall’art. 69 c.p., u.c., il divieto di prevalenza, sulla surrichiamata aggravante e sulla recidiva contestata ex art. 99 c.p., comma 4, della speciale attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e delle attenuanti generiche, già concesse dal Giudice di primo grado, il giudizio di mera equivalenza (esclusivamente consentito) non comporta alcuna diretta incidenza sul quantum di pena in concreto irrogabile.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sent, N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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